La Namibia in bicicletta: il 'bilancio' dell'avventura di Sozzi e Crippa

Dal cuore del deserto all’oceano, tra sfide estreme e panorami mozzafiato: così i lecchesi Alessandro Sozzi, 34 anni, pianificatore di produzione e content creator, e Alessandro Crippa, 55 anni, idraulico, entrambi membri del Soccorso Alpino e uniti dalla passione per l’avventura, hanno concluso il loro incredibile viaggio in bicicletta attraverso la Namibia. Partiti da Cape Town il 3 agosto, in totale autosufficienza hanno affrontato undici giorni, dieci in sella e uno di riposo, percorrendo 1.150 chilometri con 6.500 metri di dislivello, fino a raggiungere la città costiera di Swakopmund, sull’Atlantico. Tra dune dorate, piste sterrate e silenzi infiniti, ogni pedalata si è trasformata in un ricordo indelebile.
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“È stata la riprova che bisogna credere in sé stessi, anche quando la strada sembra infinita… e qui lo sembra per davvero” racconta Sozzi, residente a Valmadrera. Un’impresa estrema che li ha messi alla prova su terreni sabbiosi e piste sterrate, con giornate di oltre cento chilometri in condizioni climatiche dure: 25-30 gradi di giorno e 5 di notte. Eppure ogni tappa ha regalato emozioni, panorami e incontri indimenticabili. “Quasi quotidianamente abbiamo visto animali e dormito in spot fantastici” spiegano i due amici. Per il barzanese Crippa la giornata più dura è stata la seconda, mentre per Sozzi il penultimo giorno; la più bella è difficile da scegliere, perché ogni tappa ha lasciato qualcosa di positivo.
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Fortunatamente, la seconda parte del viaggio non ha riservato grossi imprevisti tecnici o di salute. “Io avevo il portapacchi rotto ma ha tenuto fino alla fine, Crippa ha avuto una foratura ma subito riparata” racconta Sozzi. Tra gli episodi più inaspettati, la notte trascorsa all’interno del parco NabibRand Nature Reserve: “Un ranger ci ha accolti gratuitamente e ci ha pure regalato due pezzi di carne affumicata. È stato un gesto inatteso e apprezzatissimo”.
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Ciò che più rimane nel cuore, oltre alla bellezza selvaggia del deserto, è il rapporto con le persone. “Ci ha lasciato una gratitudine enorme per gli incontri fatti, anche con turisti italiani, e per il privilegio di vivere un’esperienza così intensa, faticosa ma meravigliosa. Sicuramente la ricorderemo sempre”. L’accoglienza dei namibiani si è rivelata straordinaria per tutta la durata del viaggio: “Sempre disponibili, gentili, pronti a fermarsi, a offrirci acqua e incoraggiamenti. Forse il fatto di vederci in bici accentuava ancora di più questa loro ospitalità”.
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Il legame tra i due compagni di avventura si è rafforzato: “Ci siamo trovati benissimo sotto ogni fronte, sia nella fatica che nei pochi momenti di relax. Anche a tavola o al bar siamo sempre stati un’ottima squadra. Non avevo dubbi su Crippa fin dal primo giorno”. Eppure, alla domanda su cosa manchi della Namibia una volta rientrati, entrambi sorridono: “Un posto bellissimo, ma ci riteniamo fortunati a vivere nella nostra zona. Non vediamo l’ora di rivedere il nostro lago, le montagne e… mangiare qualcosa che non sia fritto”.
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Alla fine, la conquista di Swakopmund è stata festeggiata come meritava. “Abbiamo trovato subito l’alloggio, fatto una doccia calda che sognavamo da giorni e poi siamo corsi sul lungomare a festeggiare, mangiare tanto e bere altrettanto. Ne aveva bisogno il fisico e la mente”. Un momento simbolico che racchiude il senso del viaggio arriva invece qualche chilometro prima del traguardo: “Nel pieno della savana, presi dall’euforia di essere quasi arrivati, ci siamo svuotati davanti alla natura infinita, facendo il dito medio a noi stessi, come a dire ‘c***o ce l’abbiamo fatta’. È stato un gesto liberatorio, di massima libertà”.
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Il bagaglio di esperienze e ricordi è grande almeno quanto quello materiale, che pesava circa 40 chili per bicicletta: tende, sacchi a pelo, fornellini, cibo, gel energetici, attrezzatura fotografica. “Ognuna di queste cose è stata importante per la buona riuscita del progetto” sottolineano.
E ora? Nessuna impresa “gigante” in programma nell’immediato, ma la voglia di pedalare non si spegne. “Abbiamo in mente giri di 3-4 giorni, come la Via del Sale o il Tuscany Trail. Per le grandi avventure ci penseremo all’inizio del prossimo anno”. Il deserto namibiano rimarrà però dentro, con la sua immensità e i suoi silenzi. Un viaggio di fatica, amicizia e libertà che ha confermato, ancora una volta, quanto la strada possa insegnare più di qualsiasi meta.
G.D.
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