Bollettino del Santuario di San Girolamo/8: festa a Somasca e in trincea. Guarita 'l'incurabile' Maria

Nel luglio del 1915 furono ben 20.000 i fedeli che, in tempo di guerra, si recarono al Santuario di San Girolamo, con un particolare afflusso serale durante tutti i venerdì. E' sottolineato nel Bollettino numero 8 edito ad agosto dai Padri Somaschi, elencando un gruppo da Pescarenico giunto il 9 luglio nonché uno da venti e più persone da Consonno ("un paesello sul fianco settentrionale del monte Crocione, in posizione amenissima, guardante l'Adda e tutta la meravigliosa conca dei monti di Lecco") ed un altro ancora da Galbiate ("amena ed industre borgata brianzuola, posta fra il lago di Oggionno e quello di Pescate") arrivati in momenti diversi del 16 per pregare dinnanzi alla Cappella dell'Eremo.
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Il 20, poi, "si celebrò la festa di San Girolamo Emiliani. Sebbene a Somasca la gran festa del Santo ricorra il giorno 8 febbraio, tuttavia anche la festa celebrata il 20 luglio riuscì una festa grandiosa e solenne" è puntualizzato. "Fu preceduta da un triduo a cui quasi tutto il paese prese parte e il giorno della festa molti sacerdoti da vicino e da lontano vennero a celebrare sulla tomba del Santo. Alle ore 10 vi fu la messa solenne celebrata del Rev.mo Sig. D. Cristoforo Salvi, Vicario Foraneo di Calolzio, il quale, dopo il Vangelo, disse un mirabile discorso su San Girolamo Emiliani. Moltissimi furono i fedeli che si accostarono alla SS. Comunione e nel pomeriggio vi furono i vesperi solenni celebrati dal medesimo Signor Vicario seguiti dalla Benedizione dei SS. Sacramento. Anche il Rev.mo. P. Generale dei Somaschi, P. Giovanni Muzzitelli, da lontano si portò a Somasca per celebrare la S. Messa all'Altare di San Girolamo Emiliani. Egli senza preavviso, spinto dalla sua grande divozione al nostro Santo venne per chiedere grazie speciali a S.Girolamo per i suoi Religiosi che numerosi si trovano sotto le armi e per ottenere dal grande taumaturgo di Somasca aiuti e conforti per il difficile incarico che gravita su di lui".
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E se, come già sul numero precedente, anche sull'uscita numero 8 del Bollettino non mancano richieste fatte pervenire direttamente dal fronte dal combattenti del territorio o comunque legati al Santuario, è un "figlio di S.Girolamo" a portare direttamente i lettori in trincea, raccontando proprio della ricorrenza del 20 luglio, onorata anche in guerra. "Nel campo abbiamo celebrato la festa di S. Girolamo Emiliani: non canti, non sfarzo di addobbi e di ceri, ma in compenso fede viva e profonda. Sotto lo sconfinato cielo, indicibilmente azzurro, perché tornato italiano, sulle aspre, taglienti vette di cui semplice ricordo appare la terra lontana, donde cupo e frequente s'apre l'abisso; in un suolo ove incessante cova l'insidia, sibila la mitraglia, con ansia vorace di morte, ci sentiamo veramente orfani, del tutto abbandonati alle mani della Provvidenza. Fra di esse, ci conduce pel tramite della fede, l'Emiliani. Me lo ha detto le lacrime di questi giovinotti, baldi figli d'Italia, nell'ascoltare la vita di questo ero tracciata a tratti rapidi, con il vento che involava le parole".
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Immancabile, oltre a paragrafi dedicati alla biografia del Santo e uno spazio riservato ad altro suo collaboratore (padre Primo del Conte), poi, la testimonianza di una guarigione. Voce narrante è tale Maria Bolis di Rossino, ridotta in punto di morte da un male incompreso dai medici e non lenito nemmeno dai rimedi casalinghi di tutti coloro si prodigarono per cercare di alleviare quella sua sofferenza che, tra insonnia, dolori lancinanti e inappetenza, l'aveva portata a ricevere già gli olii santi. Somasca l'ultima sua speranza, dopo aver già speso, solo negli ultimi giorni prima del pellegrinaggio, 600 lire in medicine, come sottolineato in un inciso affidato alla madre, Panzeri Felicita. 
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"Mi trascinai - racconta Maria, con uno stile assai più popolare di quello del "figlio di San Girolamo" al fronte - o fui trascinata fino all'ultimo gradino della Scala Santa a furia di incoraggiamenti e di invocazioni. Ma non ne potevo più! Lì, agli ultimi gradini mi prese e più maledettamente l'assalto alle mani, alle braccia, al petto, alla gola da morire! Ma poi? Niente più, più niente e niente da cinque mesi a questa parte, con questo di strano che continuai e finii la mia visita al Santuario, come ristorata di forze e di ritorno divorai pane asciutto io, che a un mese, non sostenevo che gocce di brodo...".
In dialetto la chiosa della madre, arrivata nei mesi della misteriosa malattia a pensare "meglio che muoia che vederla così, meglio che muoia che rimare difettosa!": "Eccola lì la me tosa, viva, sana e che mangia, lavora, eccola lì allegra, più bella che prima, grazie a Lou, a San Girolem".
A.M.
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