La parrocchia ha 350 anni: a San Giovanni si festeggia

Oggi, domenica 17 agosto la parrocchia lecchese di San Giovanni Evangelista compie i 350 anni. Fu infatti nel 1675 – con arcivescovo milanese Alfonso Litta e prevosto di Lecco Carlo Francesco Sala – che la chiesa di San Giovanni Evangelista venne appunto eretta in parrocchia autonoma. L’autentico promotore fu però Bernardo Tartari del quale, per raggiungere lo scopo, impegnò i suoi stessi beni personali. A tutti gli effetti è da considerare il primo parroco del paese diventato ormai da un secolo rione della città di Lecco.
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Bernardo Tartari
Bernardo Tartari proveniva da un’illustre famiglia acquatese, studiò al Collegio gesuitico di Brera e, ordinato sacerdote, venne nominato nel 1652 cappellano a Varigione e di San Giovanni. Viene ricordato anche per la sua “Descritione del territorio di Lecco” pubblicata nel 1647 in occasione dell’infeudazione di Lecco al conte Marcellino Airoldi. Complessivamente come semplice cappellano e poi come curato, Bernardo Tartari guidò la sua comunità per mezzo secolo, fino alla morte, quasi ottantenne, nel 1703.
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A raccontarci i tre secoli e mezzo della parrocchia sono Giampaolo Grasso e Renato Spreafico, nel libro “Il tempo ritrovato” pubblicato dalla stessa parrocchia nel 2022
e nel quale sono raccolti documenti di varia natura, gli atti ufficiali e le ricostruzioni storiche effettuate nel corso del tempo dai ricercatori: per esempio, Angelo Borghi e don Lauro Consonni. Ed è il libro dal quale ricaviamo gran parte delle informazioni nonché qualche illustrazione d’epoca.
«San Giovanni - leggiamo – si presentò abbastanza tardi alla ribalta delle parrocchie lecchesi: causa di questo ritardo fu l’opposizione di Maria Anna d’Austria, tutrice di Carlo II, re di Spegna e duca di Milano, la quale rifiutava il suo benestare alla costituzione del Beneficio parrocchiale, perché il titolare in vista, don Bernardo Tartari, nei suoi scritti non aveva mai elogiato il regime spagnolo in Lombardia. Come avveniva allora per tutti i paesi del territorio, anche a San Giovanni esercitava la cura d’anime in luogo un rettore o vicecurato, in qualità di coadiutore del prevosto di Lecco e un altro cappellano risiedeva presso la chiesetta di Varigione. Nel 1652 i terrieri di San Giovanni scelsero come loro vicecurato don Bernardo Tartari, di Acquate, il quale diede avvio alla costituzione e al funzionamento della nuova parrocchia. Infatti la mattina del 29 marzo 1674, giorno di domenica, il suo della campana chiamò a raccolta gli uomini di San Giovanni [che] sottoscrissero l’impegno di versare ogni anno in due rate al parroco pro tempore la somma di 330 lire imperiali e di tenere restaurata in perpetuo la chiesa e la casa parrocchiale: erano queste le condizioni abitualmente richieste dell’arcivescovo per l’erezione di ogni parrocchia. Il prevosto di Lecco, don Francesco Sala, che fino allora aveva giurisdizione parrocchiale su San Giovanni, ci pensò su per un anno prima di consentire allo smembramento: alla fine, toccandosi il petto con la mano, diede con giuramento anche il suo benestare, insieme a quello di Anna Maria d’Austria. (…) E fu così che il giorno 17 agosto 1675, di sabato, nacque la parrocchia di San Giovanni alla Castagna (questo il nome del villaggio diventato da un secolo rione della città di Lecco, ndr). Don Bernardo Tartari, già in luogo da 22 anni e che era stato l’anima di tutta la vicenda, fu il primo parroco e in tale qualità, vi rimase per altri 28 anni fino alla morte, che lo colse a 76 anni nel 1703: il 16 ottobre, come si legge nel Libro dei morti della parrocchia -«consumato dalla malattia ed avendo ricevuto con grande fervore il sacro cibo».
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La traduzione ufficiale dell'atto di costituzione

Il territorio di San Giovanni, oggi un solo grande agglomerato urbano, è stato per secoli un insieme di casolari sparsi più che di villaggi. La stessa chiesa pare sorgesse un po’ defilata per quanto in una posizione di particolare importanza e cioè lungo la strada della Valsassina. A inglobarla in un insediamento andato ingrandendosi nel tempo sarebbero state le officine sorte, anche qui come in altri rioni, lungo il torrente Gerenzone, la spina dorsale dell’industrializzazione lecchese.
In quanto alla chiesa di San Giovanni, nominata ufficialmente solo in documenti del XIV secolo, aveva ben più antiche origini, anche se al momento si ragiona ancora soltanto su ipotesi e congetture. E comunque, anche in età più moderna, come per tante altre chiese non solo di campagna le sue condizioni non erano delle migliori. Nel Cinquecento, quando l’arcivescovo Carlo Borromeo promosse un massiccio censimento dei luoghi di culto della diocesi milanese, per San Giovanni si registrava che «sull’altare c’è un tabernacolo piccolo, dipinto, ma non si conserva l’Eucarestia e per l’assenza frequente del vicecurato e per la povertà della gente che non poteva alimentare la lampada. Non vi era il battistero, né l’acquasantiera: il sacrario era in fondo alla chiesa, però era rotto…». E ancora all’inizio del Seicento, in occasione delle visite pastorali del cardinale Federico Borromeo, la chiesa aveva il pavimento rotto ed irregolare, pareti che mostravano delle immagini scrostate e sbiadite, non era troppo pulita, non esistevano documenti sulla stessa consacrazione dell’altare maggiore. E mentre si segnalava anche il curioso dettaglio che «non aveva il chiodo su cui appendere il berretto del sacerdote celebrante», veniva segnalato soprattutto il pericolo derivante proprio dal Gerenzone, le cui acque scavavano il terreno su cui sorgeva il tempio pregiudicandone seriamente la stabilità.
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La chiesa tra  il 1860 e il 1900

«E’ probabile – scrivono Grasso e Spreafico – che la vecchia costruzione sia rimasta uguale per decenni, fino all’arrivo del rettore Bernardo Tartari. Nel 1661 si costruiva il nuovo battistero, con il ciborio di legno tuttora esistente; è certo il segno di un rifacimento che interessò tutta la chiesa, di fatto ricostruita entro il 1675 a spese del Tartari. Nel 1685 è descritta di moderna ed elegante struttura, con volta a vele, un altare maggiore di legno, una cappella laterale dedicata a san Giuseppe».
Va comunque ricordato che all’epoca la chiesa era “al contrario”, vale a dire che la facciata era sul Gerenzone e l’abside dalla parte dell’attuale sagrato. Fu nel 1902 – come annota il Borghi - che si procedette alla “rotazione” di 180 gradi, «creando il presbiterio con chiesa sotterranea versi nordovest e cioè il fiume, portando la facciata compiuta nel 1918 verso la piazza. Il cedimento della parte centrale della volta richiese interventi nel 1929, cui seguì la decorazione di Arturo Galli nei medaglioni della volta e quindi sul presbiterio.»
Nel libro “Il tempo ritrovato” vengono elencati tutti i parroci che si sono succeduti in questi 350 anni alla guida della parrocchia. Sono complessivamente 18: a don Tartari sono seguiti don Francesco Agudio (1703-1715), don Francesco Orsino (1716-1738), don Daniele Redaelli (1738-1749), don Antonio Invernizzi (1749-1786), don Stefano Ticozzi (1788-1799), don Francesco Castagna (1799-1801), don Carlo Scuri (1802-1829), don Giuseppe Manzoni (1829-1879), don Rinaldo Orsi (1879-1898), don Antonio Valenti (1898-1924), don Federico Girelli (1925-1936), don Luigi Monza (1936-1954), don Giovanni Fusetti (1954-19873), don Angelo Casati (1973-1986), don Erminio Burbello (1986-2001), don Emilio Colombo (2001-2016) e dal 2016 don Claudio Maggioni che è sul piede di partenza: il prossimo 5 settembre si trasferirà a Cormano e il suo posto sarà preso da don Giuseppe Salvioni, proveniente da Milano.
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Attraverso la consultazione dei documenti parrocchiali, don Lauro Consonni è riuscito anche a ricostruire in qualche modo la personalità dei alcuni dei curati che si sono succeduti. Di don Tartari, per esempio, rileva che non fosse molto ordinato e preciso e nella stesura degli atti: «ad esempio, si nota una evidente omissione di atti di morte, dal momento che sembra quasi impossibile che in certi anni ci fosse un numero esigui di decessi. Il Visitatore curale rileva l’errore della presenza di atti di battesimo nel libro dei morti».
Ma è su due figure in particolare che vogliamo soffermarci. Cominciando da don Stefano Ticozzi del quale ci offre un ritratto Ignazio Cantù nelle sue “Vicende della Brianza” pubblicato nel 1855. Nato a Pasturo nel 1762, Ticozzi si laureo in teologia a Pavia e, ordinato sacerdote, fu subito nominato curato di San Giovanni. «Dove – scrive il Cantù – attese con zelo alle onorevoli incombenze del suo ministero». Sullo zelo, don Consonni nutre in verità qualche dubbio: passi pure la pessima scrittura, ma «certamente qualche problema di ordine pastorale doveva averlo»: nei registri ci sono annate buche, pagine bianche, fogli volanti…Soprattutto è un prete decisamente poco ortodosso. Per via della Rivoluzione, quella Francese, portata in Italia da Napoleone: «non è capace di stare in parrocchia – evidenzia don Consonni -; dove vada, non si sa, però dagli atti risulta che è assente nel mese di settembre 1797 e viene sostituito sia dal parroco di Rancio che da quello di Laorca. Naturalmente stende gli atti facendo uso della numerazione dei giorni, mesi ed anni della Rivoluzione. Si assenta di nuovo dall’agosto ’98 fin verso Natale…». Ci dice il Cantù: «Al venir delle opinioni repubblicane fu de’ primi a gridare gli evviva alla Francia, onde nel 1796 venne nominato segretario della municipalità di Lecco, senza che cessasse però dalle sue ecclesiastiche incombenze. Cambiate le cose, nell’ultimo anno del secolo scorso (il Settecento, ndr) come si era decretato il suo arresto, si pose in salvo con una fuga repentina in Francia donde tornò col tornare tra noi delle armi repubblicane e, svestito l’abito sacerdotale, fu mandato commissario in Lunigiana, Garfagana e poscia a Massa e Carrara». Si sposò ed ebbe due figli, una femmina e un maschio. Cantù ci dice anche che, infine, «fu ridotto a sudare un tozzo di pane, tutto il dì lavorava a traduzioni di opere voluminose». Nel settembre 1836, tornò a Lecco, ospitato dal nipote, nella sua casa di Castello dove morì il 3 ottobre.
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L’altro parroco – lo si sarà capito – è invece don Luigi Monza, il fondatore della “Nostra Famiglia”, beatificato nel 2006 da papa Benedetto XVI. Nato nel 1898 a Cislago nel Varesotto, fu ordinato sacerdote nel 1925, ebbe qualche problema von il fascismo nascente, esercitò il suo ministero a Vedano, Milano e Saronno, finché nel gennaio 1937 venne nominato parroco di San Giovanni dove restò fino alla morte nel 1954. Già a Saronno, don Monza cominciò a pensare a una nuova associazione religiosa «che realizzasse nelle persone aderenti il pieno cristianesimo» e così nel 1935 fu costituito il primo nucleo delle “Piccole apostole della carità”. Un progetto al quale il sacerdote si dedicò anche dopo il suo trasferimento nel Lecchese. Dove, tra le altre cose, si adoperò vanamente con l’arcivescovo Ildefonso Schuster perché la chiesa della Madonna di Varigione, alla quale era particolarmente devoto, fosse eretta santuario. Il 29 settembre 1954 – leggiamo nella biografia scritta dal giornalista lecchese Aristide Gilardi - don Luigi Monza venne colto da un infarto che non gli lasciò scampo. La sera precedente il funerale la salma venne portata nella chiesetta della Madonna del Sacro Rosario a Varigione, dalla quale sarebbe poi partito il corteo funebre.» Dopo la sua morte l’attività delle “Piccole apostole continuò e si allargo fino a diventare “La Nostra famiglia”, ormai un punto di riferimento nazionale nella cura e nella riabilitazione con uno spettro d’azione vastissimo, con 28 sedi in Italia, oltre duemila operatori, quasi 25mila bambini e ragazzi assistiti. Associazione che per circa mezzo secolo (fino al 2004) sarebbe stata guidata da Zaira Spreafico, nata nel 1920 e che era stata una parrocchiana di don Monza a San Giovanni. A ricordare don Luigi, nella chiesa di San Giovanni, c’ ancora un confessionale che riporta il suo nome
Per il giorno esatto dell’anniversario della parrocchia – appunto quest'oggi, domenica 17 agosto – non sono state previste iniziative di festeggiamento, essendosi in pieno periodo di vacanze e quindi con molti parrocchiani che sono altrove, come spiega il parroco don Claudio Maggioni: le celebrazioni dei 350 anni sono quindi rinviate al 20 settembre, giorno in cui si festeggia la compatrona della parrocchia, la Madonna Addolorata: il calendario prevede una serie di giornate di appuntamenti.
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Francesca Manzoni

A proposito di Maddonna Addolorata, va anche ricordato che la statua conservata nella parrocchiale fu un dono della poetessa Francesca Manzoni, che fu la meraviglia dei letterati della prima metà del Settecento e morì a soli 33 anni nella sua casa di Cereda. Venne sepolta, assieme al padre, proprio sotto la statua dell’Addolorata nella chiesa di San Giovanni, così come si legge nello stesso Libro dei morti: «28.06.1743. Nob. Sig. Francesca Manzoni, moglie del Nob. Sig. Luigi Giusto, non meno pia che assai celebre per il suo ingegno e sapere in maniera anche poetica, è morta di febbre neutra, ricevette prima i sacramenti della Penitenza, l’Eucaristia e l’Estrema Unzione; le ho raccomandato l’anima e l’ho assistita fino all’ultimo respiro. Fu seppellita il giorno seguente con l’intervento di vari sacerdoti e con il concorso grande di popolo in questa Chiesa parrocchiale davanti all’altare della Beatissima Vergine Addolorata come ella stessa lasciò di fare. Avendo già Lei donata la medesima statua della Beatissima Vergine Addolorata alla Chiesa.»
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Il prossimo mese di settembre, per la comunità di San Giovanni, sarà anche quello dell’avvicendamento alla guida della comunità pastorale che include, oltre a San Giovanni, anche le parrocchie di Rancio e Laorca. Come detto, don Maggioni passerà il testimone a don Salvioni. Nel contempo, anche il coadiutore don Giuseppe Pellegrino si trasferirà a Carate Brianza. Al suo posto, un quasi omonimo: don Francesco Pellegrino, proveniente da Melegnano. Si stanno quindi organizzando le tradizionali iniziative di saluto. A tal proposito, si vuole predisporre un album ricordo degli anni passati nella nostra comunità, e i fedeli di San Giovanni sono invitati a inviare entro il 20 agosto foto o video di momenti significativi (battesimi, prime confessioni, prime comunioni, cresime, matrimoni, momenti di festa, di ritrovo, pranzi…) ai seguenti indirizzi mail: donclaudio.foto@gmail.com e dongiuseppe.foto@gmail.com
D.C.
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