Calolzio: Ermanno e Lina lasciano, chiude lo storico Alimentari Valsecchi di via XXIV Maggio
Ancora qualche settimana, il tempo di dare fondo alle scorte e soprattutto di congedarsi dai clienti più affezionati, quelli che, in questi giorni, varcando la soglia, quasi increduli, domandano "ma smettete per davvero?". La risposta è sì: Ermanno Valsecchi e la sua Carolina si apprestano ad appendere il grembiule al chiodo, dismettendo il loro storico alimentari affacciato su via XXIV Maggio a Calolzio, all'ombra del campanile della chiesa arcipresbiterale, nel "cuore" - sempre meno pulsante - di Calolziocorte. Continuerà, invece, a sfornare michette, filoni e specialità più "moderne", in grado di saziare le mode del periodo, il prestino di via Montello, nato come punto di produzione del pane venduto in negozio e diventato ben presto riferimento non solo per i clienti al dettaglio, ma anche per "grossisti" che hanno puntato sulla qualità di una ormai lunga tradizione di famiglia.
"Nel 1959 ero un giovane garzoncello del fornaio che aveva il suo negozio in quello che diventerà poi il mio primo negozio, aperto, grazie al prestito di uno zio, con i miei fratelli" racconta, con la discrezione che gli è propria, senza autocelebrarsi, Ermanno, a cui "Lina", ancor più riservata, lascia volentieri tutta la scena, anche perché, aggiunge, "è la sua storia a meritare attenzione, anche al di la del lavoro", facendo riferimento ai problemi di salute, tenacemente superati, con quella forza d'animo propria di chi, nella vita, ha conosciuto la fatica, tra levatacce nel cuore della notte e ore al forno, d'estate come d'inverno.
"Avevo sentito che il proprietario voleva vendere e mi ero fatto avanti, ma aveva preferito cercare altri acquirenti, anche perché sapeva che di soldi non ne avevo. Poi però, dopo essersi informato, mi ha detto "va bene, sarà tuo", ma dovevo ancora svolgere il servizio militare", prosegue Ermanno, sorridendo nel rivedersi un ragazzino, già affascinato da quello che sarebbe poi diventato a tutti gli effetti il suo mondo, tra farine e lieviti.
L'avventura del Panificio Valsecchi inizia così nel 1966, a naja archiviata, con i fratelli Marino e Giancarlo, a pochi metri dal negozio attuale, sempre su via XXIV Maggio, sede di produzione e vendita fino all'acquisto del capannone di via Montello, spazio più grande, moderno e attrezzato, dove è stata trasferita la panificazione, con tanto di banco per servire direttamente in loco anche la clientela locale. Ad andare avanti sono Diego e Davide, figlio e nipote di Ermanno e Carolina, rimasti invece nella storica bottega, dove il profumo del pane si mischia a quella del prosciutto, impregnando gli scaffali di quella fragranza tipica dei negozi di una volta, ormai in via d'estinzione.
"Pensavo di poter andare avanti ancor un paio d'anni" ammette Ermanno, 80 anni e nessuna voglia di fermarsi. Qualche acciacco, una caduta della moglie: per tutta estate le serrande sono rimaste abbassate. Uno stop temporaneo, come annunciato su cartelli sostituiti poi, però, alla riapertura, con l'avviso della svendita (-20% su tutto) in vista della chiusura, definitiva. La data precisa non c'è ancora. Ma quel giorno arriverà. "Ma guai a fermarsi", chiosa Valsecchi, non intenzionato a mettersi in poltrona.
"Nel 1959 ero un giovane garzoncello del fornaio che aveva il suo negozio in quello che diventerà poi il mio primo negozio, aperto, grazie al prestito di uno zio, con i miei fratelli" racconta, con la discrezione che gli è propria, senza autocelebrarsi, Ermanno, a cui "Lina", ancor più riservata, lascia volentieri tutta la scena, anche perché, aggiunge, "è la sua storia a meritare attenzione, anche al di la del lavoro", facendo riferimento ai problemi di salute, tenacemente superati, con quella forza d'animo propria di chi, nella vita, ha conosciuto la fatica, tra levatacce nel cuore della notte e ore al forno, d'estate come d'inverno.
"Avevo sentito che il proprietario voleva vendere e mi ero fatto avanti, ma aveva preferito cercare altri acquirenti, anche perché sapeva che di soldi non ne avevo. Poi però, dopo essersi informato, mi ha detto "va bene, sarà tuo", ma dovevo ancora svolgere il servizio militare", prosegue Ermanno, sorridendo nel rivedersi un ragazzino, già affascinato da quello che sarebbe poi diventato a tutti gli effetti il suo mondo, tra farine e lieviti.
L'avventura del Panificio Valsecchi inizia così nel 1966, a naja archiviata, con i fratelli Marino e Giancarlo, a pochi metri dal negozio attuale, sempre su via XXIV Maggio, sede di produzione e vendita fino all'acquisto del capannone di via Montello, spazio più grande, moderno e attrezzato, dove è stata trasferita la panificazione, con tanto di banco per servire direttamente in loco anche la clientela locale. Ad andare avanti sono Diego e Davide, figlio e nipote di Ermanno e Carolina, rimasti invece nella storica bottega, dove il profumo del pane si mischia a quella del prosciutto, impregnando gli scaffali di quella fragranza tipica dei negozi di una volta, ormai in via d'estinzione.
"Pensavo di poter andare avanti ancor un paio d'anni" ammette Ermanno, 80 anni e nessuna voglia di fermarsi. Qualche acciacco, una caduta della moglie: per tutta estate le serrande sono rimaste abbassate. Uno stop temporaneo, come annunciato su cartelli sostituiti poi, però, alla riapertura, con l'avviso della svendita (-20% su tutto) in vista della chiusura, definitiva. La data precisa non c'è ancora. Ma quel giorno arriverà. "Ma guai a fermarsi", chiosa Valsecchi, non intenzionato a mettersi in poltrona.
A.M.