10^ Marcia della Pace: in tantissimi lungo l'Adda, per non essere indifferenti. E ribadire che c'è 'un'altra Lecco'
Mentre in Ucraina ancora si combatte. Mentre per Gaza si parla di tregua, ma non di fine dell'aggressione. Mentre in altre parti del mondo dilagano conflitti, i lecchesi sono tornati a invocare la Pace, rimettendosi in Marcia.
Per la decima volta, con le bandiere arcobaleno al collo, con la stessa determinazione con cui, nelle prime edizioni si chiedeva lo stop delle ostilità nei Balcani e con cui, da ormai tre anni a questa parte, si è ridato vigore all'iniziativa, avvertendo la necessità di tornare a far sentire un'invocazione collettiva.
Quella partita alle 16 di quest'oggi dal ponte pedonale sull'Adda, a Olginate, per risalire fino a Lecco facendo tappa a Pescate per “inglobare” i ragazzi coinvolti in un laboratorio a tema, è “la terza edizione lungo le rive del fiume: mi piace sottolineare come questo percorso sia importante, perché è significativo camminare vicino all'acqua. L'acqua è vita e noi stiamo camminando perché siamo contro la morte” ha sottolineato, prima di incamminarsi, Grazia Caglio, assessore della Giunta Brivio in Comune a Osnago – affiancata da altri amministratori del territorio – e presidente del Comitato Lecchese per la Pace e la Cooperazione tra i Popoli.
“E' importante essere qui perché non dobbiamo abituarci alle immagini e alle notizie di guerra perché la guerra è una follia e l'abituarci ci rendere astratti a tutto quello che sta succedendo lontano da noi. Sono innumerevoli le guerre in corso e dall'altra parte del Mediterraneo stiamo assistendo a un genocidio dalle dimensioni mai viste. Non dobbiamo abituarci, non dobbiamo assuefarci alla guerra, dobbiamo dire no, perché dobbiamo credere a ciò che dice la Costituzione, dobbiamo ricordarci che l'articolo 11 afferma che la guerra non è la risoluzione dei conflitti tra le nazioni. Noi siamo qui perché vogliamo dire che non siamo indifferenti a ciò che succede al di fuori delle mura di casa nostra. Quante volte mi sento dire: ma perché? Che senso ha? Rispondo: che senso avrebbe se ce ne stessimo in casa, tranquilli, indifferenti a quello che succede? A me tornano in mente le parole di Primo Levi: voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici, considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no. Questo succede alle popolazioni nei territori di conflitto. Per cui grazie di essere qui e camminare con noi”.
Un messaggio chiaro, il suo, a nome anche della Tavola della Pace, promotrice dell'iniziativa.
Come chiare anche le parole di un ragazzo, Matteo Panzeri, lette prima che il serpentone iniziasse a macinare i dieci chilometri del percorso, a ritroso lungo il corso d'acqua di manzoniana memoria. Analizzando le parole del primo ministro ucraino che parlava dell'eventuale allargamento del fronte come di un punto di non ritorno, prevedendo come “nessun Paese rimarrà indenne se il conflitto non avrà un esito giusto”, il giovane si è detto – convintamente – non d'accordo.
“Ogni guerra – ha scritto nel testo proposto dagli organizzatori della Marcia a una nutrita schiera di cittadini pronti a mettersi in cammino - rappresenta già un punto di non ritorno. Un punto di non ritorno per le città, le case, i luoghi pubblici. Un punto di non ritorno per tutti coloro che hanno perso la vita, uomini, donne, bambini e anziani: la guerra non guarda in faccia nessuno. Un punto di ritorno per i soldati che hanno perso la vita e quelli che hanno tolto la vita uccidendo quello che considerano un nemico ma di fatto non è altro che una persona, esattamente come loro”.
Due ore dopo, attraversando Ponte Vecchio, il corteo entrava in Lecco. Piazza Cermenati il punto d'arrivo, dove si sono susseguiti gli interventi di più, selezionati, relatori. Una piazza che oggi ha assunto un “significato particolare”, ha sottolineato il direttore de Altreconomia Duccio Facchini, citando un'inchiesta della rivista che ha sbugiardato – è stato detto – il Governo circa l'esportazione di armamenti verso Israele dopo il 7 ottobre, a quanto pare non interrotta come invece promesso.
“Nell'ultimo trimestre del 2023 a Israele sono andate ufficialmente armi e munizioni per più di 2 milioni di euro. E la prima provincia italiana per la categoria merceologica armi e munizioni che, dall'Italia ha inviato a Israele, è Lecco”. Ecco dunque l'importanza dell'essere scesi – in tanti – in pizza. “Per dire che c'è anche un'altra città, rispetto a chi non ha scrupoli a esportare armi e munizioni in quel contesto”.
E se i relatori hanno citato a più riprese il Medioriente, nessuno (o quasi) ha nominato l'Ucraina. Lo ha fatto notare, in chiusura, il primo cittadino Mauro Gattinoni. “Un po' forse perché ci abbiamo fatto il callo, anche noi che siamo qua e siamo più sensibili. Però è una guerra europea e esige una risposta europea e da sindaco dico, avendo una carica politica, la più bassa, che forse lo strumento del voto e il profilo che daremo all'Europa dopo l'8 e il 9 giugno - ciò quale deleghe dare all'Europa per difenderci e quali deleghe ci saranno - è l'arma democratica nelle nostre mani, se sapremo usarla sapientemente”. Gli applausi hanno chiuso la decima Marcia della Pace.
Per la decima volta, con le bandiere arcobaleno al collo, con la stessa determinazione con cui, nelle prime edizioni si chiedeva lo stop delle ostilità nei Balcani e con cui, da ormai tre anni a questa parte, si è ridato vigore all'iniziativa, avvertendo la necessità di tornare a far sentire un'invocazione collettiva.
Quella partita alle 16 di quest'oggi dal ponte pedonale sull'Adda, a Olginate, per risalire fino a Lecco facendo tappa a Pescate per “inglobare” i ragazzi coinvolti in un laboratorio a tema, è “la terza edizione lungo le rive del fiume: mi piace sottolineare come questo percorso sia importante, perché è significativo camminare vicino all'acqua. L'acqua è vita e noi stiamo camminando perché siamo contro la morte” ha sottolineato, prima di incamminarsi, Grazia Caglio, assessore della Giunta Brivio in Comune a Osnago – affiancata da altri amministratori del territorio – e presidente del Comitato Lecchese per la Pace e la Cooperazione tra i Popoli.
“E' importante essere qui perché non dobbiamo abituarci alle immagini e alle notizie di guerra perché la guerra è una follia e l'abituarci ci rendere astratti a tutto quello che sta succedendo lontano da noi. Sono innumerevoli le guerre in corso e dall'altra parte del Mediterraneo stiamo assistendo a un genocidio dalle dimensioni mai viste. Non dobbiamo abituarci, non dobbiamo assuefarci alla guerra, dobbiamo dire no, perché dobbiamo credere a ciò che dice la Costituzione, dobbiamo ricordarci che l'articolo 11 afferma che la guerra non è la risoluzione dei conflitti tra le nazioni. Noi siamo qui perché vogliamo dire che non siamo indifferenti a ciò che succede al di fuori delle mura di casa nostra. Quante volte mi sento dire: ma perché? Che senso ha? Rispondo: che senso avrebbe se ce ne stessimo in casa, tranquilli, indifferenti a quello che succede? A me tornano in mente le parole di Primo Levi: voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici, considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no. Questo succede alle popolazioni nei territori di conflitto. Per cui grazie di essere qui e camminare con noi”.
Un messaggio chiaro, il suo, a nome anche della Tavola della Pace, promotrice dell'iniziativa.
Come chiare anche le parole di un ragazzo, Matteo Panzeri, lette prima che il serpentone iniziasse a macinare i dieci chilometri del percorso, a ritroso lungo il corso d'acqua di manzoniana memoria. Analizzando le parole del primo ministro ucraino che parlava dell'eventuale allargamento del fronte come di un punto di non ritorno, prevedendo come “nessun Paese rimarrà indenne se il conflitto non avrà un esito giusto”, il giovane si è detto – convintamente – non d'accordo.
“Ogni guerra – ha scritto nel testo proposto dagli organizzatori della Marcia a una nutrita schiera di cittadini pronti a mettersi in cammino - rappresenta già un punto di non ritorno. Un punto di non ritorno per le città, le case, i luoghi pubblici. Un punto di non ritorno per tutti coloro che hanno perso la vita, uomini, donne, bambini e anziani: la guerra non guarda in faccia nessuno. Un punto di ritorno per i soldati che hanno perso la vita e quelli che hanno tolto la vita uccidendo quello che considerano un nemico ma di fatto non è altro che una persona, esattamente come loro”.
Due ore dopo, attraversando Ponte Vecchio, il corteo entrava in Lecco. Piazza Cermenati il punto d'arrivo, dove si sono susseguiti gli interventi di più, selezionati, relatori. Una piazza che oggi ha assunto un “significato particolare”, ha sottolineato il direttore de Altreconomia Duccio Facchini, citando un'inchiesta della rivista che ha sbugiardato – è stato detto – il Governo circa l'esportazione di armamenti verso Israele dopo il 7 ottobre, a quanto pare non interrotta come invece promesso.
“Nell'ultimo trimestre del 2023 a Israele sono andate ufficialmente armi e munizioni per più di 2 milioni di euro. E la prima provincia italiana per la categoria merceologica armi e munizioni che, dall'Italia ha inviato a Israele, è Lecco”. Ecco dunque l'importanza dell'essere scesi – in tanti – in pizza. “Per dire che c'è anche un'altra città, rispetto a chi non ha scrupoli a esportare armi e munizioni in quel contesto”.
E se i relatori hanno citato a più riprese il Medioriente, nessuno (o quasi) ha nominato l'Ucraina. Lo ha fatto notare, in chiusura, il primo cittadino Mauro Gattinoni. “Un po' forse perché ci abbiamo fatto il callo, anche noi che siamo qua e siamo più sensibili. Però è una guerra europea e esige una risposta europea e da sindaco dico, avendo una carica politica, la più bassa, che forse lo strumento del voto e il profilo che daremo all'Europa dopo l'8 e il 9 giugno - ciò quale deleghe dare all'Europa per difenderci e quali deleghe ci saranno - è l'arma democratica nelle nostre mani, se sapremo usarla sapientemente”. Gli applausi hanno chiuso la decima Marcia della Pace.