SCAFFALE LECCHESE/173: la nascita di Gioventù studentesca nei 'ricordi' di Giulio Boscagli
C’era don Spirito Colombo, morto quasi novantenne nel 2008. Nato in provincia di Como, all’epoca di cui parliamo, e cioè il 1955, don Spirito non aveva ancora compiuto i 40 ed era coadiutore alla parrocchia di San Nicolò, quando prevosto era ancora monsignor Giovanni Borsieri.
Di quel periodo lecchese ci parla un libro scritto da Giulio Boscagli che nel 1955 era ancora un bambino ma che successivamente sarebbe diventato personaggio di punta di quel movimento, sindaco di Lecco a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, consigliere regionale. Uscito nel 2021 per Teka Edizioni, il libro riprende nel titolo una definizione che proprio don Giussani diede del movimento, “Quella baldanza ingenua”, e quale sottotitolo esplicativo “Da Gioventù Studentesca a Comunione e Liberazione. Lecco 1955-1968”.
Naturalmente, è un libro partigiano e non potrebbe essere diversamente. Però va ben oltre la testimonianza personale, il “com’eravamo giovani e belli” comune a molte testimonianze politiche, per quanto i ricordi spesso siano utili a ricostruire dettagli altrimenti non documentati. Ricordi personali tenuti comunque a bada per evitare “sdilinquimenti” in un testo che vuole essere storico. E non c’è dubbio che “Quella baldanza ingenua” ricostruisce in maniera particolareggiata un pezzo di storia di un pezzo significativo di città. Non foss’altro perché ci si imbatte in una serie di persone non secondarie nella vita pubblica lecchese. Alcune delle quali avrebbero poi imboccato anche strade diverse se non addirittura contrapposte.
Scrive nell’introduzione monsignor Angelo Scola, cresciuto anch’egli in quel movimento e diventato prete, patriarca di Venezia e arcivescovo ambrosiano: «Far memoria di realtà, di fatti, di eventi, soprattutto se sono legati a un pezzo della tua esistenza e ancor più della tua giovinezza, è un’operazione non priva di rischi. Il peggiore è cadere in un “ti ricordi?...” che uccide il presente, genera nostalgie e si illude che da essa possa nascere qualche cosa. (…) Invece la ricostruzione che Giulio Boscagli fa mi ha progressivamente preso. (…) Questa storia della Gioventù studentesca, che pur sarà alla base della nascita di Comunione e Liberazione trova nelle due date indicate una delimitazione oggettiva. Che va rispettata. Tanto più che questa storia viene facilmente inglobata in quella di Comunione e Liberazione tout-court. Boscagli sa cogliere fino in fondo la genesi di questa realtà. Essa è stata un fenomeno di novità significativa per la Chiesa lecchese e per tutta la realtà della provincia di Lecco». Occorrerebbe peraltro cercare di “vedere” la Lecco alla metà degli anni Cinquanta del Novecento: «E’ nel pieno dell’opera di ricostruzione - scrive Boscagli - dopo i danni della guerra che è ormai alle spalle, anche se alcune delle sue conseguenze sono ancora ben visibili. L’Ospedale militare-Centro Mutilati ha dimesso e congedato i suoi pazienti e non è raro incontrare lungo le strade persone che portano visibilmente sul corpo i segni drammatici del conflitto. Circolano anche in città, ridipinti alla meglio, alcuni automezzi evidentemente abbandonati dalle truppe belligeranti, recuperati e messi al servizio delle officine che iniziano a riprendere le attività. C’è molto da fare per rimettere in piena efficienza strade e fabbriche e quartieri». Senza inoltre dimenticare le tensioni politiche.
In quegli anni – scrive Boscagli - «il problema di una proposta cristiana adeguata ai ragazzi delle scuole superiori è molto sentito da don Spirito Colombo, sacerdote coadiutore della parrocchia di San Nicolò. E’ sua l’iniziativa, nel gennaio 1955, di rivolgersi alle famiglie degli studenti che iniziano le scuole superiori per proporre la realizzazione di Convegni familiari studenteschi “che consistono in conversazioni amichevoli tra un gruppo di studenti sotto la mia guida nei loro ambienti di casa”. (…) L’iniziativa propone di accompagnarli perché non si smarriscano. Infatti, l’oratorio che è ancora molto frequentato dai ragazzi di elementari e medie, va perdendo gradualmente gli adolescenti e i giovani che continuano gli studi ed entrano nel mondo del lavoro».
Nello stesso periodo, a Milano, don Luigi Giussani fondava Gioventù Studentesca che nel giro di pochi mesi avrebbe messo radici anche a Lecco appunto in quel ritrovarsi ad ascoltare musica classica di don Spirito con tre studenti.
Il programma del gruppo prevedeva momenti di preghiere, la celebrazione della messa dello studente, ma anche incontri di riflessione sui temi più svariati, dibattiti, proiezione di film, corsi di fotografia, tanto spazio alla musica «che è una componente importante delle attività». E tra le prime iniziative anche una scuola di scherma. E poi gite, vacanze. Primo presidente del gruppo fu Costantino Mangioni, studente universitario di medicina già impegnato con la Fuci. Alla fine del 1956, il gruppo lecchese di Gioventù studentesca poteva già contare su 350 iscritti. Nel 1957, veniva scelto Esino Lario come luogo per una vacanza assieme a don Luigi Giussani che incontrerà i lecchesi l’anno successivo e nel 1959 veniva aperta la sede del gruppo in una palazzina che costeggiava il sagrato della basilica e demolita ormai una trentina d’anni fa. A benedire la nuova sede l’arcivescovo Giovanni Battista Montini che di lì a pochi anni sarebbe diventato papa Paolo VI.
Gioventù Studentesca cominciava così a essere una presenza vivace e anomala in un momento in cui la partecipazione è ancora legata ai partiti politici ufficiali, ai sindacati, a circoli politici e i cosiddetti anni della contestazione erano ancora di là da venire. Nelle scuole ma anche nelle fabbriche cominciavano a formarsi sempre più “raggi”, così si chiamavano i vari gruppi in cui Gs si articolava. A quell’insolita esperienza cominciavano a guardare con sospetto non tanto ipotetici avversari politici quanto proprio il mondo cattolico e quello conservatore. Alcuni insegnanti si chiedevano se Gioventù Studentesca non allontanasse i ragazzi dallo studio, mentre gli attriti con le gerarchie ecclesiastiche alternavano momenti di bonaccia ad altri di tensione. Se ne avrà un esempio nel 1964, quando don Spirito Colombo sarà chiamato ad altro incarico e lascerà Lecco.
Ma intanto c’era stato quello che Boscagli chiama “il caso Galileo”. Era il 1963, quando il “Piccolo teatro” di Milano mise in scena la “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht contro la quale il mondo cattolico non solo sollevò critiche ma cercò di bloccare la rappresentazione, come racconta don Massimo Camisasca nella sua storia di Comunione e Liberazione che Boscagli cita: «Si voleva farne l’evento teatrale degli anni Sessanta, L’intento dell’autore era di riflettere sulla funzione della scienza nell’epoca moderna. (…) Il testo (non dimentichiamo l’appartenenza ideologica di Brecht e l’uso che si voleva fare del suo teatro) e alcune scelte registiche di Strehler furono viste, a ragione, da parte di alcuni cattolici come una ridicolizzazione della Chiesa e del dramma vissuto da Galileo, oltre che l’antistorica presentazione di un Galileo copernicano convinto, condannato da una Chiesa ostile al progresso scientifico. Allora, il “Piccolo” aveva come presidente l’onorevole Edoardo Clerici, “vecchio e colto militante cattolico”. A lui giunsero le proteste di membri qualificati dell’Azione Cattolica e di altri cattolici impegnati in politica. Rispose che i suoi poteri erano limitati (…). “Che il Comune di Milano offra a pulpito della cultura marxista un teatro e che il pubblico denaro (ivi compreso quello dei cattolici) serva, e con tanta larghezza, a questo fine di parte non è tollerabile per la maggioranza dei cittadini milanesi”: questa fu la protesta dell’Azione Cattolica».
«Anche a Lecco – annota Boscagli - ci furono ripercussioni. (…) Un gruppo di studenti del liceo classico Manzoni (tra cui alcuni giessini) era stato allo spettacolo (…) e nella scuola si stava organizzando una ripresa da parte di alcuni professori. Nasce così l’idea di avanzare delle critiche alla rappresentazione» e si attaccano i professori che fanno leggere Brecht in classe.
Questo era il clima, Il nostro era ancora un Paese fortemente clericale: i deragliamenti laici erano oggetto d’anatema da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Né va però dimenticato che erano anni di grande fermento sociale e politico e che la stessa Chiesa stava attraversando uno straordinario momento di rigenerazione: era in corso il Concilio Vaticano II e proprio in quel 1963 moriva papa Giovanni XXIII. I giovani di GS come si collocavano? Camisasca ricorda come, a proposito del “caso Galileo”, Gioventù Studentesca «si impegnò invece in un lavoro più profondo. Pur non esonerandosi da interventi di protesta, pubblicava un opuscolo che affrontava la questione Galileo dal punto di vista scientifico. Negli anni Ottanta e Novanta la Chiesa cattolica nei suoi vertici, per iniziativa dello stesso pontefice, si impegnerà in un lavoro di rilettura storica della vicenda, chiudendo così, almeno pubblicamente, quella ignoranza reciproca tra mondo della scienza e mondo cattolico che tanti equivoci ha creato nell’epoca moderna. Ma GS, pur nella elementarità di quell’opuscolo, che fu ripreso e rilanciato in numerosi dibattiti, aveva visto giusto su due punti cruciali: la fede non è avversaria della ragione, neppure della ragione scientifica: la storia della Chiesa non va letta con le lenti della ideologia e della propaganda».
«Il caso Galileo – riflette ancora Boscagli – documenta per la prima volta in modo esplicito che dentro Gioventù Studentesca sta maturando un’esperienza di vita cristiana che manifesta sempre di più caratteristiche autonome diverse dal tranquillo incedere della Chiesa locale. Mentre negli anni iniziali la vita e le iniziative di GS si sviluppano in grande sintonia con le personalità dell’ambiente cattolico (insegnanti, presidi, politici), ora si va sempre più definendo una nuova identità che entra in dialettica e anche in conflitto con le strutture tradizionali».
Ma nell’elaborazione di GS non trovavano posto solo i grandi i temi, quelli religiosi e quelli politici con lo sguardo rivolto alle più disparate parti del mondo, non solo l’attenzione per le missioni (a proposito: è cresciuto con Gioventù Studentesca anche Renato Sesana che diventerà padre Kizito). O le battaglia per la scuola. Fa specie leggere sul “Giornale di Lecco”, a proposito di un convegno di GS sulla scuola, un titolo di questo tenore: “Cultura borghese, autoritarismo, sistema: un atto d’accusa alla scuola”. Poi, si sa, Comunione e liberazione si sarebbe fatta le proprie scuole. Ma questo, allora, non era ancora previsto.
Non sol i grandi problemi, ma anche la vita quotidiana, i bisogni più semplici: ci si interrogava sull’amore (recitava il volantino che annuncia l’incontro: «Vedremo assieme di approfondire il problema esaminandone gli aspetti caratteristici alla nostra età») o sul tempo libero per il quale «viene innanzitutto criticato l’atteggiamento diffuso che vede questo tempo come staccato dalla realtà della vita quotidiana».
Poi, i giovani sono cresciuti. E mentre scoppiava il 1968 con il quale pure Gioventù Studentesca si confrontò, cominciava a prendere forma l’idea di un movimento di adulti. E già nell’autunno 1969 «appare per la prima volta il nome Comunione e liberazione. (…) E nel nuovo movimento anche la comunità lecchese di Gioventù Studentesca si troverà subito coinvolta».
Allora, quella che viene chiamata “la caritativa alla Casa del Povero”, un’iniziativa di assistenza che Gs lecchese aveva avviato qualche anno prima, «sarà occasione – commenta Boscagli - di incontro con la parrocchia di Pescarenico e con il suo responsabile don Giovanni Brandolese: nella parrocchia si insedieranno le prime famiglie del movimento e per un ventennio don Giovanni sarà un amico autorevole e capace di mediare anche con l’autorità ecclesiastica locale qualche eccesso che la passione per la presenza nella società ancora provocherà. Ma questo fa parte di vicende successive che potranno essere raccontate in altra occasione».
Don Spirito si occupava dei giovani e un giorno – come avrebbe raccontato nel 1964 Sandro Dolci sul settimanale cattolico “Il Resegone” - «dopo avere ascoltato dei dischi di musica classica (che prima non ci saremmo mai sognati di ascoltare) don Spirito si rivolge a noi (eravamo in tre) e dice che bisognava fare qualcosa per una testimonianza cristiana nell’ambiente scolastico lecchese e che anzi lui sarebbe stato il nostro assistente» Veniva così a costituirsi anche a Lecco il primo nucleo di “Gioventù studentesca”, quel movimento ispirato da don Luigi Giussani in seguito diventato “Comunione e liberazione” con tanto, tantissimo peso anche nella vita politica.
Di quel periodo lecchese ci parla un libro scritto da Giulio Boscagli che nel 1955 era ancora un bambino ma che successivamente sarebbe diventato personaggio di punta di quel movimento, sindaco di Lecco a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, consigliere regionale. Uscito nel 2021 per Teka Edizioni, il libro riprende nel titolo una definizione che proprio don Giussani diede del movimento, “Quella baldanza ingenua”, e quale sottotitolo esplicativo “Da Gioventù Studentesca a Comunione e Liberazione. Lecco 1955-1968”.
Un libro – spiega lo stesso Boscagli - «con il quale porto a compimento un desiderio che mi ha accompagnato fin dal momento in cui mi sono imbattuto nel raccoglitore dove don Spirito Colombo aveva ordinato la documentazione dei primi anni di GS. (…) Così quando il tempo e gli impegni dismessi l’hanno consentito ho cercato di ricostruire gli inizi lecchesi di GS verificando come la proposta iniziata da don Giussani era entrata nella storia degli studenti lecchesi e nella storia stessa della città».
Naturalmente, è un libro partigiano e non potrebbe essere diversamente. Però va ben oltre la testimonianza personale, il “com’eravamo giovani e belli” comune a molte testimonianze politiche, per quanto i ricordi spesso siano utili a ricostruire dettagli altrimenti non documentati. Ricordi personali tenuti comunque a bada per evitare “sdilinquimenti” in un testo che vuole essere storico. E non c’è dubbio che “Quella baldanza ingenua” ricostruisce in maniera particolareggiata un pezzo di storia di un pezzo significativo di città. Non foss’altro perché ci si imbatte in una serie di persone non secondarie nella vita pubblica lecchese. Alcune delle quali avrebbero poi imboccato anche strade diverse se non addirittura contrapposte.
Scrive nell’introduzione monsignor Angelo Scola, cresciuto anch’egli in quel movimento e diventato prete, patriarca di Venezia e arcivescovo ambrosiano: «Far memoria di realtà, di fatti, di eventi, soprattutto se sono legati a un pezzo della tua esistenza e ancor più della tua giovinezza, è un’operazione non priva di rischi. Il peggiore è cadere in un “ti ricordi?...” che uccide il presente, genera nostalgie e si illude che da essa possa nascere qualche cosa. (…) Invece la ricostruzione che Giulio Boscagli fa mi ha progressivamente preso. (…) Questa storia della Gioventù studentesca, che pur sarà alla base della nascita di Comunione e Liberazione trova nelle due date indicate una delimitazione oggettiva. Che va rispettata. Tanto più che questa storia viene facilmente inglobata in quella di Comunione e Liberazione tout-court. Boscagli sa cogliere fino in fondo la genesi di questa realtà. Essa è stata un fenomeno di novità significativa per la Chiesa lecchese e per tutta la realtà della provincia di Lecco». Occorrerebbe peraltro cercare di “vedere” la Lecco alla metà degli anni Cinquanta del Novecento: «E’ nel pieno dell’opera di ricostruzione - scrive Boscagli - dopo i danni della guerra che è ormai alle spalle, anche se alcune delle sue conseguenze sono ancora ben visibili. L’Ospedale militare-Centro Mutilati ha dimesso e congedato i suoi pazienti e non è raro incontrare lungo le strade persone che portano visibilmente sul corpo i segni drammatici del conflitto. Circolano anche in città, ridipinti alla meglio, alcuni automezzi evidentemente abbandonati dalle truppe belligeranti, recuperati e messi al servizio delle officine che iniziano a riprendere le attività. C’è molto da fare per rimettere in piena efficienza strade e fabbriche e quartieri». Senza inoltre dimenticare le tensioni politiche.
In quegli anni – scrive Boscagli - «il problema di una proposta cristiana adeguata ai ragazzi delle scuole superiori è molto sentito da don Spirito Colombo, sacerdote coadiutore della parrocchia di San Nicolò. E’ sua l’iniziativa, nel gennaio 1955, di rivolgersi alle famiglie degli studenti che iniziano le scuole superiori per proporre la realizzazione di Convegni familiari studenteschi “che consistono in conversazioni amichevoli tra un gruppo di studenti sotto la mia guida nei loro ambienti di casa”. (…) L’iniziativa propone di accompagnarli perché non si smarriscano. Infatti, l’oratorio che è ancora molto frequentato dai ragazzi di elementari e medie, va perdendo gradualmente gli adolescenti e i giovani che continuano gli studi ed entrano nel mondo del lavoro».
Nello stesso periodo, a Milano, don Luigi Giussani fondava Gioventù Studentesca che nel giro di pochi mesi avrebbe messo radici anche a Lecco appunto in quel ritrovarsi ad ascoltare musica classica di don Spirito con tre studenti.
Il programma del gruppo prevedeva momenti di preghiere, la celebrazione della messa dello studente, ma anche incontri di riflessione sui temi più svariati, dibattiti, proiezione di film, corsi di fotografia, tanto spazio alla musica «che è una componente importante delle attività». E tra le prime iniziative anche una scuola di scherma. E poi gite, vacanze. Primo presidente del gruppo fu Costantino Mangioni, studente universitario di medicina già impegnato con la Fuci. Alla fine del 1956, il gruppo lecchese di Gioventù studentesca poteva già contare su 350 iscritti. Nel 1957, veniva scelto Esino Lario come luogo per una vacanza assieme a don Luigi Giussani che incontrerà i lecchesi l’anno successivo e nel 1959 veniva aperta la sede del gruppo in una palazzina che costeggiava il sagrato della basilica e demolita ormai una trentina d’anni fa. A benedire la nuova sede l’arcivescovo Giovanni Battista Montini che di lì a pochi anni sarebbe diventato papa Paolo VI.
Gioventù Studentesca cominciava così a essere una presenza vivace e anomala in un momento in cui la partecipazione è ancora legata ai partiti politici ufficiali, ai sindacati, a circoli politici e i cosiddetti anni della contestazione erano ancora di là da venire. Nelle scuole ma anche nelle fabbriche cominciavano a formarsi sempre più “raggi”, così si chiamavano i vari gruppi in cui Gs si articolava. A quell’insolita esperienza cominciavano a guardare con sospetto non tanto ipotetici avversari politici quanto proprio il mondo cattolico e quello conservatore. Alcuni insegnanti si chiedevano se Gioventù Studentesca non allontanasse i ragazzi dallo studio, mentre gli attriti con le gerarchie ecclesiastiche alternavano momenti di bonaccia ad altri di tensione. Se ne avrà un esempio nel 1964, quando don Spirito Colombo sarà chiamato ad altro incarico e lascerà Lecco.
Ma intanto c’era stato quello che Boscagli chiama “il caso Galileo”. Era il 1963, quando il “Piccolo teatro” di Milano mise in scena la “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht contro la quale il mondo cattolico non solo sollevò critiche ma cercò di bloccare la rappresentazione, come racconta don Massimo Camisasca nella sua storia di Comunione e Liberazione che Boscagli cita: «Si voleva farne l’evento teatrale degli anni Sessanta, L’intento dell’autore era di riflettere sulla funzione della scienza nell’epoca moderna. (…) Il testo (non dimentichiamo l’appartenenza ideologica di Brecht e l’uso che si voleva fare del suo teatro) e alcune scelte registiche di Strehler furono viste, a ragione, da parte di alcuni cattolici come una ridicolizzazione della Chiesa e del dramma vissuto da Galileo, oltre che l’antistorica presentazione di un Galileo copernicano convinto, condannato da una Chiesa ostile al progresso scientifico. Allora, il “Piccolo” aveva come presidente l’onorevole Edoardo Clerici, “vecchio e colto militante cattolico”. A lui giunsero le proteste di membri qualificati dell’Azione Cattolica e di altri cattolici impegnati in politica. Rispose che i suoi poteri erano limitati (…). “Che il Comune di Milano offra a pulpito della cultura marxista un teatro e che il pubblico denaro (ivi compreso quello dei cattolici) serva, e con tanta larghezza, a questo fine di parte non è tollerabile per la maggioranza dei cittadini milanesi”: questa fu la protesta dell’Azione Cattolica».
«Anche a Lecco – annota Boscagli - ci furono ripercussioni. (…) Un gruppo di studenti del liceo classico Manzoni (tra cui alcuni giessini) era stato allo spettacolo (…) e nella scuola si stava organizzando una ripresa da parte di alcuni professori. Nasce così l’idea di avanzare delle critiche alla rappresentazione» e si attaccano i professori che fanno leggere Brecht in classe.
Questo era il clima, Il nostro era ancora un Paese fortemente clericale: i deragliamenti laici erano oggetto d’anatema da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Né va però dimenticato che erano anni di grande fermento sociale e politico e che la stessa Chiesa stava attraversando uno straordinario momento di rigenerazione: era in corso il Concilio Vaticano II e proprio in quel 1963 moriva papa Giovanni XXIII. I giovani di GS come si collocavano? Camisasca ricorda come, a proposito del “caso Galileo”, Gioventù Studentesca «si impegnò invece in un lavoro più profondo. Pur non esonerandosi da interventi di protesta, pubblicava un opuscolo che affrontava la questione Galileo dal punto di vista scientifico. Negli anni Ottanta e Novanta la Chiesa cattolica nei suoi vertici, per iniziativa dello stesso pontefice, si impegnerà in un lavoro di rilettura storica della vicenda, chiudendo così, almeno pubblicamente, quella ignoranza reciproca tra mondo della scienza e mondo cattolico che tanti equivoci ha creato nell’epoca moderna. Ma GS, pur nella elementarità di quell’opuscolo, che fu ripreso e rilanciato in numerosi dibattiti, aveva visto giusto su due punti cruciali: la fede non è avversaria della ragione, neppure della ragione scientifica: la storia della Chiesa non va letta con le lenti della ideologia e della propaganda».
«Il caso Galileo – riflette ancora Boscagli – documenta per la prima volta in modo esplicito che dentro Gioventù Studentesca sta maturando un’esperienza di vita cristiana che manifesta sempre di più caratteristiche autonome diverse dal tranquillo incedere della Chiesa locale. Mentre negli anni iniziali la vita e le iniziative di GS si sviluppano in grande sintonia con le personalità dell’ambiente cattolico (insegnanti, presidi, politici), ora si va sempre più definendo una nuova identità che entra in dialettica e anche in conflitto con le strutture tradizionali».
Ma nell’elaborazione di GS non trovavano posto solo i grandi i temi, quelli religiosi e quelli politici con lo sguardo rivolto alle più disparate parti del mondo, non solo l’attenzione per le missioni (a proposito: è cresciuto con Gioventù Studentesca anche Renato Sesana che diventerà padre Kizito). O le battaglia per la scuola. Fa specie leggere sul “Giornale di Lecco”, a proposito di un convegno di GS sulla scuola, un titolo di questo tenore: “Cultura borghese, autoritarismo, sistema: un atto d’accusa alla scuola”. Poi, si sa, Comunione e liberazione si sarebbe fatta le proprie scuole. Ma questo, allora, non era ancora previsto.
Non sol i grandi problemi, ma anche la vita quotidiana, i bisogni più semplici: ci si interrogava sull’amore (recitava il volantino che annuncia l’incontro: «Vedremo assieme di approfondire il problema esaminandone gli aspetti caratteristici alla nostra età») o sul tempo libero per il quale «viene innanzitutto criticato l’atteggiamento diffuso che vede questo tempo come staccato dalla realtà della vita quotidiana».
Poi, i giovani sono cresciuti. E mentre scoppiava il 1968 con il quale pure Gioventù Studentesca si confrontò, cominciava a prendere forma l’idea di un movimento di adulti. E già nell’autunno 1969 «appare per la prima volta il nome Comunione e liberazione. (…) E nel nuovo movimento anche la comunità lecchese di Gioventù Studentesca si troverà subito coinvolta».
Allora, quella che viene chiamata “la caritativa alla Casa del Povero”, un’iniziativa di assistenza che Gs lecchese aveva avviato qualche anno prima, «sarà occasione – commenta Boscagli - di incontro con la parrocchia di Pescarenico e con il suo responsabile don Giovanni Brandolese: nella parrocchia si insedieranno le prime famiglie del movimento e per un ventennio don Giovanni sarà un amico autorevole e capace di mediare anche con l’autorità ecclesiastica locale qualche eccesso che la passione per la presenza nella società ancora provocherà. Ma questo fa parte di vicende successive che potranno essere raccontate in altra occasione».
Dario Cercek