SCAFFALE LECCHESE/145: il mondo delle carte geografiche, fra storia, tipologie e curiosità
E' un'escursione affascinante che parte dal disegno trecentesco della città di Milano raffigurata come più cerchi perfetti e concentrici, «un cerchio perfetto che è il segno distintivo della città egemone su un territorio; la forma circolare, a volte ottagonale, ritornerà spesso nei secoli seguenti, proprio a indicare questa qualità "princeps". (...) Pure Lecco ha cinta quasi circolare nell'affresco di metà Cinquecento del castello del Medeghino a Melegnano, ma ancora in carte del tardo Seicento».
La Milano circolare è rappresentata con porte e torri e mura e al di fuori le località del contado: si tratta della «visione ideale della città di Milano inserita nella "Chronica Extravagans di Galvano Fiamma. Intorno alla città sono indicati i fiumi del territorio e in forma convenzionale le varie città fra cui, in basso a sinistra, Leucum"». Che allora naturalmente non era città ma evidentemente località già meritevole d'essere citata per la sua posizione strategica.
Topografia della pieve di Lecco (1608)
Anche se - fanno rilevare gli autori - il percorso dovrebbe cominciare con una immagine risalente al tardo Impero Romano, «quella Tabula di Peutinger che, giunta a noi in una trascrizione del secolo XII-XIII è da assegnare però al secolo IV, tempi in cui il territorio lecchese assumeva una certa importanza in relazione a Milano capitale. E' una carta di interesse militare, che dato il suo uso ci appare deformata e imprecisa, con non pochi errori derivati anche da successive copie. E dunque controversa, per la nostra regione, proprio nella particolarità della posizione di Leuceris, quella che potrebbe essere Lecco».
Di carta in carta, l'itinerario ci conduce infine a quella del lago di Como stampata nel 1894 da Federico Baedecker, figlio di quel Karl che nel 1827 aveva aperto una libreria a Coblenza pubblicando le prime guide per viaggiatori: «Con il Baedecker, cognome che diverrà sinonimo per antonomasia di "guida turistica", ha inizio la moderna cartografia turistica, supportata da una scrupolosa esattezza e dai continui miglioramenti portati nelle successive edizioni». La cartina lariana, che a guardarla ancora oggi non ci appare molto differente da quelle che siamo abituati a consultare(o eravamo, prima dei navigatori elettronici), apparve in una guida dedicata all'Italia, pubblicata a Lipsia e caratterizzata «da una perfetta restituzione cartografica che servirà poi di modello per tutte le successive guide turistiche italiane, prime fra tutte quelle pubblicate dalla casa editrice De Agostini di Novara».
Naturalmente, prima di quelle dei viaggiatori per diporto, ci furono le esigenze militari e accanto quelle commerciali ed economiche. Secondo la bisogna, quindi, i disegnatori modificavano la lente offrendo un differente sguardo sul territorio: se un certo punto di vista privilegiava i castelli e i borghi fortificati, per un altro si prestava più attenzione alle fucine e alle miniere oppure all'acqua: laghi e fiumi. Oppure alle valli, alle montagne, ai passi.
Il Lario nel 1602
«Peraltro anche oggi - sottolineano gli autori - non mancano letture e ristrutturazioni del paesaggio e dell'ambiente che accettiamo come appartenenti a territori di ricerca o di consumo consolidati, come potrebbero indicarsi le stilizzazioni ferroviarie, le manipolazioni pubblicitarie, gli schizzi giornalistici»
Così, la rappresentazione geografica del territorio si fa testimone delle epoche storiche, dando spesso concretezza a tutta una serie di altri documenti.
La storia della cartografia ci ha già intrigato con orizzonti più larghi, tra un sorriso e una vertigine: basti pensare alla raffigurazione delle terre inesplorate e sconosciute dell'Africa, alla formula "hic sunt leones". Naturalmente, però, ha un che di magico soffermarci sulla lenta e difficoltosa presa di coscienza dell'autentico aspetto del nostro territorio. Per esempio, la "lunga marcia" per arrivare a dare al lago di Como la sua forma compiuta dopo secoli di incertezze.
La pianta di Lecco (1660)
A proposito di lago e laghi, non può certo mancare il Codice atlantico di Leonardo da Vinci «che opera nel territorio alla scoperta della grandiosa natura, ma anche della conformazione precisa delle acque, secondo l'incarico di ingegnere che esplica negli anni 1511-13. Traccia allora gli schizzi dei progetti per legare a Milano il Lario» e in una tavola traccia «quella che possiamo definire la prima, abbastanza attendibile restituzione della regione dei laghetti briantei, con annotazioni idrauliche relative al lago di Lecco»: pare infatti che avesse preso in considerazione l'ipotesi di una via navigabile verso la capitale sforzesca alternativa all'Adda, ipotesi poi «abbondonata a motivo degli eccessivi dislivelli fra il lago di Lecco e gli specchi d'acqua della Brianza».
Dopo Leonardo, Paolo Giovio, con la sua descrizione del Lario realizzata per il conte Francesco Sfondrati e la cui relazione era corredata da «una veduta prospettica deliziosamente ruotata di una mano felice, ricavata da una lunga navigazione appositamente predisposta. Per essere la prima carta che raffigura esclusivamente il lago, tante volte riprodotta in xilografia a partire dalla prima edizione della descrizione lariana del Giovio del 1559 (...) e ne seguirono riprese, con interessanti varianti, pubblicate da molti cartografi ed editori nel corso del Seicento». E' «certamente la prima tavola "fedele" sel lago di Como, pur con le imprecisioni e le approssimazioni di quel tempo. Per quanto riguarda il nostro ramo, si legge chiaramente il nome di Leucum, fra i fiumi Gerenzone e Caldone (Clarentius e Calendonus), Pons Lapideus, Pescarena, Insula (l'isolino visconteo), Malgretum (Malgrate) e Barra».
Leonardo e i laghi della Brianza
Alla fine del XVI secolo appare anche «il primo rilievo del vecchio borgo e del territorio circostante, forse opera dell'ingegnere militare capitano Giuseppe Vacallo» che realizza anche un disegno del ponte sull'Adda che era già indicato da Paolo Giovio e che diventerà uno dei simboli lecchesi, non foss'altro perché in quel punto si poteva attraversare l'Adda: «della Lecco turrita grandeggia in Lombardia con una certa familiarità la presenza del ponte fortificato, evidente punto focale dell'Alto Milanese, ma anche un topos che ricorre come elemento di spicco nei fondali paesaggistici di numerose illustrazioni di codici e in famosi quadri lombardi fra i secoli XV e XVI»
Ci sono poi carte diventate ormai iconiche per il loro largo utilizzo da parte dell'editoria storica locale e per riproduzioni ampiamente diffuse. Come la Tavola del percorso dell'Adda pubblicata a Milano nel 1520, la Topografia della Pieve di Lecco allegata agli atti della visita pastorale del cardinal Federico Borromeo nel 1608, come la pianta di Lecco di Joseph Chafrion del 1687, come la pianta di Giulio Cesare Perego del 1830 corredata da una veduta di Lecco da Malgrate e tanto di descrizione e notizie storiche.
Il Lario di Paolo Giovio
Il volume raccoglie complessivamente oltre cento tavole, alcune conservate in archivi pubblici, ma molte provenienti da collezioni private e quindi difficilmente fruibili dai più. Alcune vedute sono più che schematiche, altre invece sono autentici capolavori capaci di suscitare autentiche emozioni, godibili come un quadro.
L'ultima sezione del libro, inoltre, scende ancora più nel dettaglio, nella topografia minuta, nei fogli catastali. Offrendoci punti di vista insperati. Per esempio «la divisione attuata dall'agrimensore Francesco Provasi nel 1823, relativamente a un vasto mappale indiviso detto il Monte della Giumenta, in territorio di Acquate, [che] ci permette di vedere un raro squarcio della realtà montana del gruppo del Resegone. Il Provasi deve salire per quattro ore sul monte (...) per condurre misurazioni precise (...): trova un ridotto pascolo dove non si portano armenti ma ai ricava solo fieno per gli indigenti di Erve, trova sassi sterili, sparsi boschi da cui si trae carbone trasferito da Erve a Milano per via d'acqua. (...) Qui vediamo una serie di toponimi dalla Valle del Nas alla Valle Cornagia, i canali, il sentiero, le semplici simbologie di arboreo e sterile; inoltre la quota attribuita a Giuseppe Scola di Vercurago, ricco filatore, succeduto ai diritti di Alessandro Manzoni che con la sua famiglia aveva per più di trent'anni tenuto la direzione amministrativa del Monte». Oppure il disegno dello stesso Provasi, che «restituisce con precisione la topografia di una zona oggi centralissima della città di Lecco» con «una parte del Praa, l'odierna piazza Garibaldi, su cui si affaccia l'edificio dell'albergo Croce di Malta che risvolta sulla "strada provinciale che conduce a Castello indi nella Valsassina", l'attuale via Cavour, in gran parte priva di costruzioni e affiancata da vigne».