Cassina: per Rinaldo Combi la prima pietra d'inciampo della Valsassina. Il figlio: 'questo è il funerale che papà non ha mai avuto'
Il figlio Giuseppe si è emozionato fino alla commozione nel prendere la parola, dinnanzi ai tanti intervenuti. “Per me è come se fosse il suo funerale, quel funerale che non ha mai avuto”.
Giuseppe Combi, figlio di Rinaldo
Rinaldo Combi, classe 1910, muratore di Cassina Valsassina, richiamato alle armi allo scoppio della guerra e arruolato tra le fila del Quinto Reggimento Alpini come tanti suoi coetanei della zona, è morto nell'ospedale di Erfurt, il 27 giugno 1945, dopo essere stato arrestato a seguito dell'Armistizio e fatto prigioniero in data sconosciuta. Solo nel '44 si seppe era stato internato della provincia del Brandeburgo. Al momento della liberazione, il fisico provato dai lunghi mesi di detenzione, tra privazioni e lavoro forzato, non gli permise il ritorno a casa. E' stato seppellito in Turingia, senza la presenza di qualcuno che versasse una lacrima per lui, pur avendo una famiglia a casa ad attenderlo.
La pietra d'inciampo prima della posa
Le autorità e la famiglia Combi dinnanzi alla pietra d'inciampo in ricordo di
Rinaldo Combi posata ai piedi del Monumento ai Caduti
Quest'oggi nel paese che gli ha dato i natali, in sua memoria, è stata collocata per volontà della famiglia, con il supporto dell'ANPI e di Giuseppe Amanti, storico da sempre impegnato nelle ricerche necessarie per ricostruire le vicissitudini patite dagli Internati militari italiani (IMI) del territorio, una pietra d'inciampo. La prima in Valsassina, in quello che il prefetto Sergio Pomponio non ha esitato a definire un giorno storico per Cassina e tutto il circondario, chiamato dapprima a commemorare, a Pasturo, 9 concittadini a cui è stata riconosciuta la medaglia d'onore concessa ai deportati nei lager nazisti (seguirà l'articolo) e poi oltre a Combi, anche il tenente Giovanni Battista Todeschini a cui, a Premana, nel pomeriggio, sarà dedicata una seconda pietra d'inciampo, “mattonella” in ottone che ne perpetua data di nascita e di morte.
Il Prefetto Sergio Pomponio
“I deportati non sono eroi, ma persone normali che hanno detto no. Anche noi tante volte dobbiamo trovare il coraggio di farlo” ha sostenuto, nel suo discorso, il dottor Pomponio, portando idealmente il suo pubblico – infreddolito visto il “clima da neve” odierno in Valle – a Venezia, ricordando un'altra cerimonia per la posa di pietre d'inciampo a cui ha avuto modo di presenziare, in una cornice bellissima stridente con gli episodi brutali ricordati ogni 27 gennaio, sottolineando altresì la “persistenza della memoria”.
Al microfono Chiara Narciso tra Angelo Pavoni, Beppe Amanti, il Prefetto Sergio Pomponio e il sindaco di Cassina Roberto Combi
Un concetto, quella della necessità di non dimenticare, ribadito anche da Angelo Pavoni, presidente dell'ANPI Valsassina, rivolgendosi in particolari agli studenti dell'Istituto Comprensivo di Cremeno presenti, con le loro insegnanti, in piazza Teresio Olivelli, insieme agli alpini, ai rappresentanti istituzionali e ai cittadini intervenuti. “Sviluppate pensiero critico” l'accorato invito, per arrivare “a capire i meccanismi che hanno portato a dittatura e genocidio. Non è abbastanza ricordare con le commemorazioni, seppure dovute”.
Dello stesso avviso Chiara Narciso, borgomastro di Oggiono, comune di residenza di Giuseppe Combi e dei suoi famigliari, voluta esserci al fianco del primo cittadino di Cassina Roberto Combi. Ricordando come fare memoria sia essenziale, la sindaca brianzola ha altresì rimarcato la necessità di approfondire, studiando e facendo ricerche, soprattutto con il venire meno dei testimoni diretti di ciò che è stato. “Solo ricordando il passato possiamo farci gli anticorpi perché non possa ripetersi”. Del resto, come rimarcato da Beppe Amanti, “la libertà non è un regalo” e le vicende ucraine lo ribadiscono anche oggigiorno.
A.M.