SCAFFALE LECCHESE/126: Stendhal e gli appunti sul breve viaggio in Brianza
Il viaggio in Brianza di Stendhal fa ormai parte della mitologia locale. Che il grande scrittore sia passato da queste parti è motivo d'orgoglio e celebrazioni. Anche se la tappa oggionese di quel viaggio fu più lussuriosa che culturale, con il visitatore a caccia di popolane disponibili al sesso prezzolato. Ne parla con tutta libertà lo stesso Henry Beyle, non ancora Stendhal, in un diario personale, non destinato alla pubblicazione, almeno nella forma con la quale è stato poi tramandato: passaggi affrettati e dettagli trascurati possono infatti sorprendere il lettore. All'autore erano però più che sufficienti per richiamare alla memoria questo o quell'episodio.
Si tratta di poche pagine. Breve, del resto, fu il viaggio: dal 25 al 29 agosto 1818, nemmeno una settimana. Morto Stendhal, quegli appunti privati con annesso minuzioso resoconto economico - «scritti in lingua francese, conservati a Grenoble e per niente riordinati dall'autore» - entrarono a pieno titolo nella bibliografia "pubblica" e più volte stampati.Di quel "Diario", edizione meritevole è quella dell'associazione culturale "Brianze" di Briosco con l'editore Bellavita di Missaglia, uscita una prima volta nel 2009 e ristampata nel 2016. In appendice, riporta anche un testo teatrale di Stendhal, "Il forestiere in Italia" ambientato a Desio e «precisamente - scrive Paola Pirola - nella fascinosa villa Traversi, oggi nota come villa Tittoni» dove «Stendhal era solito incontrare Matilde Dembowski Viscontini, uno dei suoi tormentati amori milanesi».
E' un libriccino, nemmeno ottanta pagine, dalla veste grafica raffinata e soprattutto arricchito da un pregevole corredo di approfondimenti e note storiche che costituiscono un valore aggiunto e aiutano a comprendere meglio diario, autore e contesto. Inoltre, la rivendicata scelta delle curatrici - Sara Pozzi e appunto Paola Pirola - di restare aderenti allo scritto originario: «Vogliamo scusarci coi lettori che potrebbero essere infastiditi dalla crudezza del linguaggio di Beyle in taluni passaggi: quelli (...) che hanno visto molti traduttori e curatori usare la forbice censoria o la punteggiatura sospensiva. Noi abbiamo scelto la traduzione letterale, per quanto ruvida. D'altronde l'autore, che spesso si rileggeva, probabilmente non rilesse mai queste pagine che forse non doveva avere in gran conto. Sono rimaste tale e quali come egli le annotò, magari nelle locande di campagna, piene di imprecisioni e talora indecifrabili».
Il viaggio, dunque. Il quasi quarantenne Beyle, francese con il vezzo di definirsi "milanese" (come da epitaffio sulla tomba parigina), lo effettua nell'agosto 1818 in compagnia di un altro milanese acquisito: Giuseppe Vismara. Il quale - ci viene spiegato - «era allora il più intimo amico di Beyle, abitava a Milano, ma era piemontese, di Novara. All'epoca aveva circa trent'anni, viveva di rendita e del suo lavoro di avvocato» con simpatie risorgimentali e pertanto sorvegliato dalla polizia austriaca che «esprimeva preoccupazione per il suo "ardore" e i suoi sentimenti antireligiosi».
I due si mettono in viaggio il 25 agosto da Milano per Giussano e Inverigo, per spostarsi poi sui laghi di Alserio e del Segrino, raggiungere Asso, scendere al lago di Pusiano, concludere l'escursione a Oggiono e rientrare a Milano il sabato 29 agosto.
Strada facendo, raccolgono da un vetturino il racconto di un omicidio avvenuto quindici giorni prima, quando «un prete di Desio è stato ucciso con un colpo di pietra in testa». Tra l'altro - ci informano le curatrici - l'assassino sarebbe stato compiuto «da un certo Rinaldo Fumagalli, di anni ventisei, soprannominato "il ragazzino", abitante a Dolzago nella cascina detta Rabayona con il padre Alessandro, di madre ignota. Riguardo al movente, si racconta che il parroco avesse rivolto dal pulpito alcuni rimproveri al "ragazzino", perché questi era solito importunare le donne durante i suoi giri in paese. (...) Dal "Libro dei morti" della parrocchia di Triuggio apprendiamo che "il ragazzino", dopo aver confessato l'omicidio, volle essere subito giudicato. (...) Venne condannato alla pena capitale mediante impiccagione. La giustizia fu rapida: l'esecuzione avvenne in Triuggio, luogo del delitto, il 24 agosto», il giorno prima dunque della partenza dei nostri viaggiatori da Milano.
Da parte sua, Stendhal racconta di Vismara che «ha la felice idea, che io non avrei mai osato attuare da solo, di salire sul campanile di Giussano» non prima di prodursi in un numero quanto meno irriguardoso visto che «piscia nell'acquasantiera». Ne sarà poi punito, ironizza lo Stendhal, perché nello scendere dal campanile «a momenti la chiave gli cade sul naso: giusto castigo per aver sparso dell'acqua benedetta».
Poi, tappa a Inverigo, con pranzo in albergo e visita a palazzo Cagnola: «Niente di piccolo, tutto ci sembra grandioso nella sua Rotonda. L'asse dà sul duomo di Milano, che si vedrà di faccia dall'alto della scalinata». E quindi Asso, i laghi di Alserio e del Segrino, Pusiano con tanto di visita sull'isoletta: «Luoghi così belli in mano a ricchi borghesi sarebbero sistemati all'inglese e diventerebbero incantevoli, invece si può dedurre, dall'aspetto selvaggio dell'isola, che essa appartiene a un nobile».
Infine, l'arrivo a Oggiono dove era stato loro indicato un albergo gestito da «due belle donne senza uomini» che sembra suggerire qualcosa. Anche se il resoconto delle due giornate oggionesi risulta un po' confuso al lettore ignaro. Il quale, del resto, non può che sentirsi nei panni di chi sbircia dal buco della serratura. Coglie e non coglie, in quelli che sono appunto soltanto noterelle a uso privato.
Di fatto, i nostri viaggiatori sembrano essere un po' su di giri, diremmo in fregola, con rispetto parlando. In una gita in barca sono accompagnati da una giovane donna che si offre come guida: «"Voi siete pescatrice e peccatrice" le dico scherzano. "Sì", risponde lei con franchezza». E all'indomani, ancora in barca, finirà in qualche modo in gloria (ce ne viene infatti fornita stringata ma esplicita cronaca) pur con la considerazione però che «ieri sera era il momento delle speranze, e questa mattina del fiasco», facendoci supporre momenti poco esaltanti.
Nel frattempo, però compare anche un piccolo cicerone, in realtà un vero e proprio ruffiano, il quale «ci comunica che se fossero qui le sue cugine, le locandiere di Pusiano di cui ieri sera ammirammo gli occhi, e con cui abbiamo scherzato ieri e tutta la giornata, sarebbero state anche loro del numero. (...) Cadiamo dalle nuvole. L'aspetto sotto cui vedevamo il bel lago di Pusiano è cambiato tutto ad un tratto. E quella porta lasciata aperta tutta la notte e alla quale è stato dato un giro di chiave solo questa mattina! Alla nostra età, col nostro spirito che regola il mondo e tratta a tu per tu con i re, siamo stato dei perfetti c.».
E ancora: «Le nostre idee, dopo queste proposte del piccolo rufiano, prendono un moto frenetico. Ci mettiamo a discutere il modo di "having" i begli occhi (Luigia) dalle 10 a mezzanotte». E poi chissà, ma «questa sera ci ha donato sensazioni forti».
E dunque «che varietà e vivacità nelle nostre occupazioni e nelle nostre sensazioni della giornata! Questo sì è viaggiare». Con Vismara che al caffè racconta «delle usanze di Berna: le ragazze vanno sole con i loro amanti, e di conseguenza i bordelli hanno raggiunto una perfezione sconosciuta in Italia» senza trascurare l'amico che, invitatolo a cena, gli dice che «tutto ciò che vedete è a vostra disposizione» col che «egli si getta furiosamente su una giardiniera dagli occhi belli, a cena le mette a nudo le tette davanti a tutti i presenti, ma...».
Però, a conti fatti, sembra tutto solo un gran vano trafficare. La seconda della due giornate oggionesi, proprio quella aperta dalla poco memorabile avventura con la peccatrice-pescatrice, ha in programma una visita «alla nuova casa del generale Pino».
Si tratta di quel Domenico Pino accusato di non aver mosso un dito in occasione del linciaggio di Giuseppe Prina, nel 1814 a Milano. Militare, ministro del napoleonico Regno d'Italia, ma anche esponente del partito antifrancese - annotano le curatrici del nostro libro - «negli ultimi anni, ammassò una ricca collezione di quadri», mentre il matrimonio con una ricca vedova «gli portò denaro e palazzi, tra cui la magnifica Villa d'Este, presso Cernobbio, sul lago di Como».
Quella che visitò Stendhal è invece la casa sul lago di Oggiono, a Bagnolo, oggi conosciuta come la Darsena del guardialago: «La dimora - registrava lo scrittore - è veramente un gioiello alla francese. Tutto è disposto con eleganza, ma estremamente in piccolo». Amante dell'arte, al punto che certe emozioni ancora oggi sono conosciute come "sindrome di Stendhal", autore di una storia della pittura italiana, il visitatore non può certo trascurare i dipinti della collezione del "generale" che pare «abbia voluto giustificarsi della sua condotta del 20 aprile 1814. Egli si è fatto ritrarre tre o quattro volte nell'atto di fare ciò che avrebbe dovuto fare. Si era venduto agli A.» e cioè agli austriaci.
Lasciata casa Pino, dopo cena, Beyle e Vismara cercano il giovanissimo ruffiano ma inutilmente: «E' molto probabile che abbia mentito su Pusiano come sulla pescatrice». E allora non resta loro che andare a rimirare il cielo, «mai viste stelle così brillanti», lungo la passeggiata sopra la chiesa. «E' curioso - l'osservazione - che gli italiani che sanno collocare così bene le loro chiese, non abbiamo messo quella di Oggiono duecento passi più in alto: avrebbe fatto da punto di riferimento per tutto il lago. Non si distingue che il campanile, senza chiesa né case. Incantevole discesa in mezzo ai castagni da Oggiono al lago. Vi stanno aprendo una nuova strada».
Per poi concludere con gli «occhi veramente straordinari di Teresina, figlia del nostro albergatore, che ha solo tredici anni. Ed è piena di spirito».
Dario Cercek