Calolzio: AVIS e AIDO condividono il palco con ADMO. I racconti di chi ha donato e ricevuto midollo osseo
Pensate di essere in un letto d'ospedale, con il fisico debilitato tanto dalla malattia tanto dalla cura d'urto necessaria per farla regredire, in attesa di un trapianto. Lei, in quella situazione, ha pensato “se non arriva qualcuno a salvarmi, cosa faccio?”. E quell'inquietante domanda, diventata in quei giorni chiodo fisso, a distanza di anni, venerdì sera all'oratorio di Sala di Calolzio ha raggelato la platea. Una sola la risposta. “Ritengo inaccettabile che, nel 2022, ancora continui a morire gente perché non si trova un donatore” ha scandito arrivando dritta al cuore, del discorso e del suo pubblico.
Lisa Panzeri
Ci sa indubbiamente fare Lisa Panzeri, referente provinciale per la scuola di ADMO, l'Associazione Donatori Midollo Osseo. Ciò che racconta, del resto, lo ha provato sulla propria pelle: a 12 anni si ammala di leucemia, viene sottoposta una prima volta ad autotrapianto, arriva in prima superiore “gonfia di cortisone, senza capelli e bianca cadavere” e dopo cinque anni, ad un passo dalla maturità, messa in allarme da una “strana stanchezza”, si trova di nuovo a ripercorrere da capo lo stesso girone infernale, sapendo già a cosa sarebbe andata incontro. Decide di dire basta: “avevo 18 anni, potevo decidere. Non volevo fare più niente: la prima volta non sai cosa ti aspetta, la vivi giorno per giorno; la seconda sì”. Per i suoi famigliari, solo per loro, accetta però di riprendere le cure. La chemio non basta più, si aggiunge anche la radioterapia. Poi il collasso, l'emorragia celebrale: il coma.A dispetto di ogni previsione si risveglia, si riprende e anche bene. Resta una sola strada da percorrere, quella del trapianto, da banca, avendo una compatibilità molto bassa con le sorelle. Serve un donatore. “E se non lo troviamo?” “Facciamo finta che questa domanda non me l'hai fatta” la risposta del suo dottore. “Ho iniziato ad avere davvero paura. Prima ero arrabbiata, ma non ho mai avuto paura. In quei giorni ho fatto pace con Dio. Quando mi sono ammalata la prima volta ero una ragazzina che andava all'oratorio, me la sono presa prima di tutto con Lui: “non ti chiedo di guarirmi – dicevo - ma di arrivare al cuore della persona che mi può salvare, che arrivi ad ADMO”. Così è stato.
Rosario Vaticano presidente di ADMO e Roberta Galli presidente di Avis.
Il primo è stato anche premiato dalla seconda per aver raggiunto quota 36 donazioni di sangue.
Domenica prossima sempre a Sala la festa del donatore Avis con le attribuzioni agli altri iscritti al gruppo
“Durante l'infusione pensavo a lei”, ha ammesso Lisa, in riferimento alla donna di Ragusa che l'ha salvata. Era il 24 ottobre 2001. Il suo calvario non era ancora finito. Le complicanze post-trapianto sono state tante, così come non è stato facile, a vent'anni, riprendere in mano la propria vita. “Ho iniziato a parlare nelle scuole, per andare oltre la paura. Se la mia donatrice si fosse fermata davanti alla paura io oggi non sarei qui a parlare della mia storia”. Ecco spiegato anche il perché della serata di venerdì, promossa con AVIS e AIDO in occasione della loro annuale festa: promuovere la cultura della donazione, in ogni sua forma. Sangue, organi e, attraverso l'ADMO, midollo osseo (che come ben spiegato dal dottor Gaetano Brambilla Pisoli nel suo intervento, non è il midollo spinale bensì un tessuto contenente cellule staminali ematopoietiche).
“Perché nessuno debba provare la paura di non avere una seconda chance” come ben puntualizzato da Lisa Panzeri, affiancata sul palco da Francesca Pirovano che, nel 2019, è stata chiamata a offrire questa seconda possibilità ad una bimba che allora aveva soltanto 3 anni. E pensare che ad ADMO si era iscritta, un anno e mezzo prima, per sua stessa ammissione, “forse un po' alla leggera”. “Quando ho ricevuto la chiamata di un'infermiera che mi diceva che avevo una compatibilità molto alta con una sua paziente, mi è venuto un colpo” ha ammesso la giovane. Addirittura al 100% come emerso dagli accertamenti successivi: succede una volta su centomila, tra sconosciuti, motivo per cui è essenziale continuare ad alimentare la “banca” da cui poter pescare. Chiunque può iscriversi, basta non aver ancora compiuto il 36esimo anno d'età. “Addormentatemi e fate quello che volete” le parole dette da Francesca ai medici, prima del prelievo da cresta iliaca, strada percorsa in meno del 30% dei casi perché di solito si procede tramite aferesi, in ambiente ambulatoriale. Al risveglio? “Ho provato un male paragonabile a una caduta... di culo”. E tanta soddisfazione, rinnovata dal caldo applauso riservato alla donatrice dalla sala.
Il battimano ha poi coronato anche le testimonianze di Marina Perico e Beatrice Bernasconi, introdotte da Roberta Galli di AVIS, padrona di casa con Beppe Bosisio di AIDO e Rosario Vaticano di ADMO. Linfoma di Hodgkin il comune denominatore tra le due ragazze, la prima finita in sala operatoria quattro volte nell'arco di un mese mentre l'Italia intera faceva i conti con la pandemia; la seconda passata da una vacanza in montagna al reparto di oncoematologia nel volgere di un paio di giorni. Entrambe pronte a testimoniare, a Calolzio, come tra le pagine della raccolta “Ne abbiamo pieni i linfonodi!” in vendita su Amazon per sostenere AIL e ADMI, che “è bello vivere, ballare, saltare...”. Detto da loro, vale ancora di più. Marina Perico e Beatrice Bernasconi
A.M.