Valgreghentino: in tanti per l'ultimo saluto a Gianni Brambilla, morto in montagna in Calabria. 'Gli bastava poco per essere felice'
Era gremita questa mattina la Chiesa Parrocchiale di Valgreghentino per l'ultimo saluto a Giambattista Brambilla, per tutti semplicemente Gianni, rinvenuto senza vita mercoledì scorso ai piedi di uno strapiombo di roccia in una zona molto impervia in provincia di Cosenza, dove si era recato per affrontare un'escursione in solitaria durante una vacanza con la sua famiglia.
Gianni Brambilla
Trekker esperto, molto probabilmente è rimasto vittima di una caduta dal sentiero che stava percorrendo, nei pressi di Guardia Piemontese: 52 anni appena, era da tempo legato al CAI di Calco, ma era molto conosciuto anche in tutto l'ambiente lecchese delle associazioni che radunano appassionati di montagna, dall'OSA Valmadrera alle altre sezioni locali del Club Alpino Italiano. In tantissimi quindi, come dicevamo, quest'oggi hanno voluto stringersi intorno ai suoi famigliari - la moglie Cristina, i figli Roberto, Elena e Giulia, oltre al papà Domenico, il fratello Marco e la sorella Laura - durante la Messa di suffragio celebrata nella Parrocchiale di San Giorgio, dove intorno alle 10.00 è giunta l'urna con le sue ceneri.
"Adesso abbiamo molte domande nel cuore, ci interroghiamo sulla dinamica della disgrazia, sulle sue cause, ma se anche trovassimo una risposta forse non ci soddisferebbe del tutto, resterebbe la consapevolezza del fatto che Gianni non c'è più" ha esordito durante l'omelia il parroco don Paolo Ventura, affiancato sull'altare anche dal Prevosto di Lecco don Davide Milani, originario proprio di Valgreghentino e quasi coetaneo di Brambilla. "Ecco dunque che diventa decisiva un'altra domanda: come è possibile, in un caso come questo, andare avanti senza perdere l'amore per la vita e affrontare il futuro? Non è una ferita troppo dolorosa per le nostre forze? Eppure dobbiamo trovare qualche parola, solo così non saremo sommersi dall'angoscia e ci resterà un frammento di speranza. Non si può negare lo smarrimento e lo sconcerto della nostra comunità di fronte a questa morte, che ci avvelena come una fonte amara. Ci siamo accorti di quanto è fragile la nostra vita, di come un momento di distrazione o una casualità possano interrompere tutto in un attimo. Questo è un dramma che ci toglie anche la capacità di pensare, ma dobbiamo sforzarci di vedere la morte come un salto in cui Gesù ha la capacità di afferrarci: con Lui possiamo vivere con fiducia, è il dono della fede, che mai come oggi dobbiamo chiedere. Vogliamo quindi rinnovare la nostra professione di fede. Sappiamo che la morte produce una ferita incancellabile. Mi rivolgo quindi a voi famigliari per dirvi che la comunità di Valgreghentino vi è vicina: continuate a custodire l'amore e la stima per la vita".
Don Paolo Ventura e don Davide Milani
Commosso anche il ricordo della figlia primogenita, ancora giovanissima, che al termine della funzione ha voluto condividere un pensiero con i tanti presenti: "Mio papà non era un santo. Era una persona semplice, alla quale bastava poco per essere felice, un gelato, una passeggiata in montagna. Era sempre presente, non si è mai perso una mia partita o un saggio di danza, ma sapeva anche lasciarci i nostri spazi. Negli ultimi tempi forse non avevamo più un rapporto così forte come in passato, ma avevamo sempre gli stessi interessi e lo stesso carattere testardo. Il mio rimpianto è quello di non aver trascorso tanto tempo con lui, ma mi restano tanti ricordi belli, di uscite in bici, in montagna, al mare, in canoa. Mi voleva bene, c'era sempre per me".
B.P.