Olginate: Costituzione ai 18enni con le parole di Rigoni Stern
In occasione dell’inaugurazione dei nuovi locali creati all'interno dell’ex palazzo comunale di Olginate, l’amministrazione ha consegnato ai neo diciottenni una copia della Costituzione, con il sostegno musicale e teatrale della “Fucina Fibonacci”.
Il sindaco ha augurato ai giovani di impegnarsi nello studio e nell'approfondimento delle tematiche sociali del territorio, affinché siano sempre indipendenti e liberi dalle oppressioni del Mondo.
Spazio poi alle associazioni presenti sul territorio, come la Protezione civile, l’Avis, il Cinema teatro Jolly insieme alla consulta giovani di Olginate, il Gruppo sportivo, l’Associazione Concertando, la scuola di musica, l’isola della stupidera, che nel mese di luglio, presso la scuola Rodari, terrà un’esperienza estiva dal 4 al 29 Luglio, la Pro Loco, l’Auser Insieme (con il presidente che ha invitato i ragazzi a partecipare alla serata di musica madrigali presso la chiesa di San Rocco), il Gefo e l’Aido.
Il trio, composto da Dario Gelmetti, Fabio Cassanmagnago e Angela Ieriti, ha dato il via a una contestualizzazione dei primi tre articoli della Carta, alternando la lettura a vicende della nostra storia, come l'esempio di Alfonsina Morini Strada, prima donna ad aver partecipato al Giro d'Italia nel 1924 e di Danilo Dolci, il sociologo e poeta soprannominato il "Gandhi di Sicilia". In seguito sono stati proposti quattro estratti di giornali americani di inizio secolo che dipingevano in malo modo l'immigrazione italiana.
Terminata la rappresentazione il sindaco Marco Passoni ha letto un brano di Mario Rigoni Stern, tratto da “Il coraggio di dire No”: “Eravamo numeri. Non più uomini. Il mio era 7943. Ero uno dei tanti. Mi avevano preso sulle montagne ai confini con l’Austria, mentre tentavo di arrivare a casa, dopo l’8 settembre del ’43. Ci portarono a piedi fino a Innsbruck e poi, dopo quattro o cinque giorni, ci caricarono sui treni e ci portarono in un territorio molto lontano, che a noi era sconosciuto, oltre la Polonia, vicino alla Lituania, nella Masuria, in un lager dove poco tempo prima erano morti migliaia di uomini; gli storici parlano di cinquanta-sessantamila russi. Erano prigionieri, morti di fame e di tifo. Noi andammo ad occupare le baracche che avevano lasciato libere, nello Stammlager 1-B. Dopo quattro o cinque giorni, ci proposero di arruolarci nella Repubblica di Salò, ossia di aderire all’Italia di Mussolini. Eravamo un gruppo di amici che avevano fatto la guerra in Albania e in Russia. Eravamo rimasti in pochi. Ci siamo messi davanti allo schieramento, e quando hanno detto “Alpini, fate un passo avanti, tornate a combattere!”, abbiamo fatto un passo indietro. Gli altri ci hanno seguito. E fummo coperti di insulti, di improperi. Avevamo visto che eravamo noi in guerra, in Francia prima, poi in Albania e in Russia. Avevamo capito di essere dalla parte del torto. Dopo quello che avevamo visto, non potevamo più essere alleati con i tedeschi. Perciò da allora fummo dei traditori. Fummo della gente che non voleva più combattere. E ci trattarono come tali. Nell’ordine dei lager venivamo subito dopo gli ebrei e gli slavi; noi che non eravamo nemmeno riconosciuti dalla Croce rossa internazionale. Ci chiamavano internati militari, ma eravamo prigionieri dentro i reticolati, con le mitragliatrici piazzate nelle torrette che ci seguivano ogni volta che ci spostavamo. Abbiamo resistito. Tanti di noi non sono tornati. Più di quarantamila nostri compagni sono morti in quei lager, durante la prigionia. Io ritornai nella primavera del 1945, a piedi, dall’Austria, dove ero fuggito dal mio ultimo campo di concentramento. Arrivai a casa che pesavo poco più di cinquanta chili, pieno di fame e di febbre. E feci molta fatica a riprendere la vita normale. Non riuscivo nemmeno a sedermi a tavola con i miei, o a dormire nel mio letto. Ci vollero molti mesi per riavere la mia vita. Avevamo dietro le spalle la Storia, che ci aveva aperto gli occhi su quello che eravamo noi e su quel che erano coloro i quali ci venivano indicati come nostri nemici. Quello che ci avevano insegnato nella nostra giovinezza era tutto sbagliato. Non bisognava credere, obbedire, combattere. E l’obbedienza non doveva essere cieca, pronta e assoluta. Avevamo imparato a dire no sui campi della guerra. È molto più difficile dire no che sì. Ripeto spesso ai ragazzi che incontro: imparate a dire no alle lusinghe che avete intorno. Imparate a dire no a chi vuol farvi credere che la vita sia facile. Imparate a dire no a chiunque vuole proporvi cose che sono contro la vostra coscienza. È molto più difficile dire no che sì”.
“Qualche giorno fa una madre mi ha detto che questo non è un paese per giovani. Noi "meno giovani” possiamo avere mille idee diverse, ma senza il vostro aiuto non possiamo fare niente. Per questo oggi vi invito a prendere parte alle varie associazioni presenti nel nostro bellissimo comune. Infine vi vogliamo regalare un tricolore, affinché venga esposto nelle nostre giornate più importanti, quelle che ci hanno permesso di essere oggi la Repubblica che siamo”.
F.R.