Garlate: musica e arte per dare voce alle donne afghane. La testimonianza di una giovane attivista
Quale festa può esserci senza la libertà? Nessuna. Ecco perchè l'8 marzo non può essere un'occasione celebrativa, ma al contrario deve essere un momento di riflessione, di "lotta" comune, tanto più se si parla di donne che non hanno nemmeno il diritto di uscire di casa da sole, di indossare un paio di scarpe con il tacco o di ridere in pubblico. Sì, la situazione è questa in Afghanistan. Nel 2022.
È stata quindi dedicata a loro, alle donne del Paese asiatico che nel maggio scorso è stato nuovamente occupato dai talebani, l'iniziativa andata in scena quest'oggi presso il Museo della Seta Abegg di Garlate, grazie a un'idea di CGIL, CISL e UIL, con le rispettive categorie dei pensionati, e del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane Onlus (CISDA).
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Un evento che ha visto un connubio di diversi linguaggi espressivi - poesie, video, immagini, musica tradizionale - per poi culminare nella testimonianza diretta di una giovane attivista, che ha parlato a cuore aperto ai tanti presenti e in particolare agli alunni dell'Istituto "Lorenzo Rota" di Calolzio. A questo proposito, da Francesca Seghezzi della CGIL è subito arrivato l'appello a non immortalare la ragazza afghana in foto o filmati di nessun tipo, "perchè ogni volta che si palesa in pubblico rischia la vita".
Margherita Argentiero e Tina Pedrazzini
Francesca Seghezzi
Cristina Rossi ed Eleonora De Pascalis (CISDA)
"Proprio quando sembrava che si stessero facendo alcuni piccoli passi in avanti, l'arrivo dei talebani ci ha spinto di colpo indietro, all'Età della pietra" ci ha spiegato l'attivista, tracciando un breve quadro della situazione attuale nel suo Paese. "Ora le libertà delle donne sono davvero ridotte all'osso: le loro vite sono controllate costantemente, si osserva come sono vestite, dove si muovono e con chi. Non possono truccarsi nè mettersi un po' di profumo, per non parlare delle scarpe con il tacco. Non possono nemmeno ridere in pubblico, nè studiare o lavorare. Eppure loro continuano a lottare, a far sentire la propria voce come possono: hanno protestato nelle piazze, e molte di loro sono state arrestate".
Ma noi, cittadini italiani ed europei, che cosa possiamo fare per provare a cambiare le cose? "Innanzitutto è fondamentale mantenere alta l'attenzione su questi temi" ha proseguito la giovane afghana, invitando anche a seguire l'attività di RAWA, l'Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell'Afghanistan. "Adesso siamo tutti concentrati sulla guerra in Ucraina, ed è normale che sia così, ma non dobbiamo dimenticare che nel nostro Paese si soffre da quarant'anni. Anche parlarne in famiglia, tra quattro o cinque persone, può essere importante: basta poco per diffondere la consapevolezza di ciò che sta accadendo. Altrettanto fondamentale è l'impegno nel condannare le azioni politiche contro l'Afghanistan: se i talebani hanno preso il potere è grazie agli Stati Uniti, alla scelta di Biden di ritirare le proprie truppe. Infine, c'è un'altra cosa da ricordare: se si vuole aiutare concretamente la gente del posto è consigliabile contribuire solo attraverso piccoli progetti locali e mirati, per evitare che le donazioni finiscano in mani sbagliate".
A spiegare il senso dell'iniziativa garlatese è stata anche Gabriella Ferrario della CISL, affiancata da Marilisa Rotasperti della UIL: "Già prima dello scoppio del conflitto in Ucraina volevamo affrontare questa Giornata con uno sguardo internazionale, aperto al mondo, quindi abbiamo deciso di concentrarci sulla situazione afghana, divenuta insostenibile con l'arrivo dei talebani. Non è accettabile sapere dell'esistenza di donne che nel 2022 vivono in clandestinità, che arrivano a morire pur di ottenere minimi diritti".
Simone Mor e Maurizio Murdocca
"Quella di oggi non è una festa" ha sottolineato ancora Francesca Seghezzi. "Senza la libertà delle donne non può esserci democrazia nè pace. Il nostro pensiero, quindi, va a tutte loro, comprese le ucraine che in questi giorni stanno lottando per la propria vita o scappando dalla guerra. Le donne sono fondamentali per la nostra società".
Come anticipato, la mattinata al Museo della Seta è stata ulteriormente arricchita dalla musica tradizionale afghana suonata da Maurizio Murdocca (al tabla) e Simone Mor (al rubab), nonchè da una mostra fotografica a cura di Carla Dazzi di CISDA Onlus e dalle due opere artistiche del Gruppo Timarete, entrambe visibili all'ingresso della struttura. La prima, realizzata da Tina Pedrazzini con plexiglas e acetato, si intitola "Ci spengono come lumini" e consiste in tante scatoline che racchiudono una vita fatta di divieti, che deve restare nascosta, invisibile a tutti: in questo mondo nascono i Landai, "piccoli serpenti velenosi" in lingua Pashto, brevissime poesie di protesta composte da due versi che le donne afghane si tramandano da generazioni.
La creazione di Margherita Argentiero prende invece il nome di "Fiore annerito" da una raccolta di testi di Nadja Anjuman, morta a 25 anni in seguito alle percosse del marito che - non diversamente da altri uomini afghani con le rispettive mogli - non accettava che declamasse i suoi componimenti attraverso i programmi radiofonici dedicati allo scopo.
Le due opere del Gruppo Timarete e la mostra fotografica saranno visibili a Garlate per tutta la giornata di oggi, ma anche sabato 12 dalle 9.30 alle 12.30 e domenica 13 marzo dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30.
B.P.