Bellano-Colico: a 5 anni dalla morte ricordato l'agente Pischedda. 'Non ti scordiamo, Francesco'
“Può sembrare una circostanza triste quella che ci raccoglie oggi, 5 anni dopo la morte di Francesco, l’assistente della Polizia di Stato Francesco Pischedda, Pischi per gli amici. Forse tristi sono anche le parole ascoltate dal libro del Siracide: “O inclinazione al male, come ti sei insinuata per ricoprire la terra di inganni?”. Quel male sulla terra che ha tentato di sommergerci quella mattina del 3 febbraio 2017”. Così don Andrea Lotterio, questa mattina, ha aperto l’omelia pronunciata in occasione del quinto anniversario della morte, in servizio, del giovane agente della Polstrada, padre di una bimba che allora aveva soltanto pochi mesi.
La commemorazione odierna si è aperta presso la sede della Sottosezione, a Bellano, dove è stata deposta una corona di alloro, alla presenza della mamma, del Prefetto Castrese De Rosa, del Questore Alfredo D’Agostino, del Dirigente il Compartimento Polizia Stradale per la “Lombardia” Maria Dolores Rucci. Alla cerimonia hanno preso parte anche i Sindaci di Bellano e Colico. A seguire, la messa di suffragio presso l’Abbazia Cistercense di Santa Maria di Piona.
L’allora Agente scelto Pischedda, morì nella notte tra il 2 ed il 3 febbraio 2017, dopo essere precipitato da un cavalcavia della superstrada SS36 a Colico nel tentativo di arrestare un soggetto che viaggiava, con altri due connazionali, a bordo di un furgone rubato.“Ricordo bene come ci siamo ritrovati tutti in Ospedale a Lecco smarriti. Una mamma, un papà, una sorella, una nonna che arrivano trafelati. L’angoscia di ciò che era successo e l’incertezza. I tanti abbracci per sentirci vicini. Il funerale subito nel pomeriggio alle 17. Il Capo della Polizia subito presente. Quel giorno non ho avuto modo di pensare a cosa dire, le parole sono nate da ciò che raccoglievo nei cuori di tutti. Ho detto: “la salma di Francesco è avvolta dalla bandiera, c’è il bianco di una vita umana che desidera essere bella, pulita; c’è il rosso del sangue di chi ogni giorno perde qualcosa di sè stesso; il verde della speranza, dell’attesa, del futuro… La vita di Francesco non è una vita spezzata ma una vita donata. Una vita donata anche nel lavoro che, seppur difficile e che richiede sacrifici, può essere portato avanti e sostenuto solo con grande passione. La vita non vince la morte, ma è l'amore che vince la morte. Oggi si è aperta una ferita che sanguina in ognuno di noi, ma nella fede è destinata a far uscire la luce”” ha proseguito, nell’omelia, il cappellanno della Polizia di Stato.“Il vangelo ascoltato ci ricorda che è proprio quando viene a mancare un Senso, un significato profondo alla vita, che viviamo come smarriti, spaesati, frastornati, senza mete precise e per tentativi. Stare con Gesù significa recuperare qualcosa che riempia nuovamente di senso ciò che senso non ha più. Un dolore senza una direzione può distruggerci. Forse anche noi, come i discepoli di Gesù, siamo convinti che la fede serve solo a quella parte spirituale di noi ma la vita è un’altra cosa. Quando la vita esige fatti, allora bisogna lasciare la fede e andare a cercare cose concrete. Gesù mette in crisi questa convinzione: la fede è una risposta concreta a un bisogno concreto, e questa risposta paradossalmente passa attraverso il nostro poco e il nostro possibile. La fede non è attendere innanzitutto l’impossibile di Dio, ma mettere a disposizione soprattutto il nostro poco e il nostro possibile. A volte chiamiamo “nulla” il nostro “poco”. Ma il poco non è il nulla, è qualcosa. Dio parte sempre dal nostro poco per fare miracoli. “Voi stessi date loro da mangiare” che significa “date voi stessi, la vostra vita, quello che siete, come cibo che nutre l’esistenza di altri”. In fondo al foglietto di questa Messa – ha proseguito don Andrea - ci sono alcune parole del Papa: “Dio invita anche noi oggi a credere nel bene, a non lasciare nulla di intentato nel fare il bene. Dio non si trova nei miracoli, ma nella realtà di ogni giorno” (30 gennaio 2022). Ecco, la tristezza che possiamo ancora avere si trasforma in un impegno che il libro del Siracide ci consegna: “Non dimenticarti dell’amico nell’animo tuo, non scordarti di lui nella tua prosperità”. Non ti scordiamo, Francesco, chi di noi non crede ti tiene certamente nel cuore e chi crede sa che siamo per sempre uniti in Dio”.