Primaluna, l'infermiera in prima linea contro il covid: 'vaccinatevi, pian piano usciremo da tutto questo'
Veronica Recchia
Ad inizio pandemia tutti ci siamo dimostrati prudenti. La paura di un virus sconosciuto ci ha portato a indossare – senza fare storie – i dispositivi di protezione individuale e in qualche modo anche ad accettare il distanziamento sociale.
A quasi due anni dai primi contagi, lo stato emotivo delle persone appare diverso: la stanchezza, la rassegnazione e la voglia di evasione da una fase emergenziale ormai continua paiono portare ad abbassare la guardia.
Per il personale sanitario, quello che è stato ed è tuttora in prima linea in questa continua lotta contro il covid, questo è invece il momento di “rendersi partecipi non solo della nostra vita ma anche di quella degli altri” per usare l'espressione scelta da Veronica Recchia, 27enne di Primaluna, infermiera.
La giovane, da tempo volontaria anche del Soccorso Centro Valsassina di Introbio, nell’aprile del 2017 si è laureata e dal mese di giugno dello stesso anno fino al dicembre del 2019 ha lavorato presso la Rsa Madonna della Neve di Premana.
Dopo aver vinto un concorso ha iniziato a lavorare in Cardiologia, fino a marzo 2020 quando è stata trasferita nel reparto covid.
Com’era la situazione quando tornavi a casa?
“Si lavorava a ritmi serrati, le poche ore in cui si stava a casa il pensiero era sempre lì, a quei pazienti che forse non avresti rivisto il turno successivo. Ai colleghi che si erano ammalati contraendo il virus, per curare quei pazienti”. Una volta passata la prima ondata sei tornata nel reparto di Cardiologia?
“Si, fino all’ondata successiva del mese di ottobre, quando ho ripreso servizio nel reparto covid”.
Questo tuo ritornare nel reparto covid lo hai visto in modo diverso?
“Sicuramente in me c’era una maggiore sicurezza, sentivo di essere più formata. Sono cresciuta professionalmente e personalmente, avevamo armi più efficaci per combattere il virus, dovute alla conoscenza dello stesso”. A dicembre poi, è arrivato il vaccino per il personale sanitario.
“Si. Avevamo una protezione dal virus, oltre ai dispositivi c’era il vaccino. E’ vero che questo non rende immuni però i danni che il covid può causare ad un soggetto vaccinato sono meno gravi di quelli che può causare a chi non lo è”. Per te il vaccino è un prendersi cura anche della vita degli altri, non solo della tua.
“Si, ad ottobre del 2021 io ho fatto la terza dose e il vaccino antinfluenzale: l’ho fatto per me stessa, per i miei cari, per i miei pazienti e anche per chi il vaccino non lo vuole fare. L’ho fatto perché ho vissuto sulla mia pelle tutte le ondate, per le tante persone che ho visto morire in un letto di ospedale da sole ( il conto non può essere fatto utilizzando due mani), per tutte le videochiamate che ho dovuto fare ai parenti dei pazienti ricoverati e rassicurarli sullo stato di salute dei loro cari e per quelli che hanno salutato i familiari su una barella dell’ambulanza e no li hanno più rivisti”. Per te il 2021 che anno è stato?
“E’ stato un anno difficile, intenso e doloroso, drammatico sotto molteplici aspetti. Non nego che tutto quello che ho passato, vissuto e provato mi ha cambiato tanto. Ho imparato l’importanza di volere vicino quello che mi fa stare bene. Ho capito che faccio un lavoro difficile e complicato ma se sono quella che sono, lo devo al mio essere infermiera. Il 2021 mi ha lasciato tante cicatrici ma anche la voglia di ricominciare”.Veronica dal 2014 è anche volontaria soccorritrice del Soccorso Centro Valsassina di Introbio, una giovane donna che sta dedicando la vita ad aiutare gli altri, sia per lavoro che per passione. Ti senti di dire qualcosa a chi ha dei dubbi sul vaccino?
“Il vaccino è importante perché rende meno pericolosi gli effetti del covid sull’organismo, vaccinatevi che pian piano usciremo da tutto questo”.
Moira Acquistapace