ATS Brianza: un progetto pilota per studiare la sindrome da spopolamento degli alveari. 4 centraline per il monitoraggio
La loro sopravvivenza minata da avvelenamenti per via di pesticidi e fitofarmaci è al centro di un monitoraggio che sta portando avanti ATS Brianza e da cui ci si attendono dati in grado di capire il livello di allerta in cui ci si trova e quali rimedi apporvi.
Attualmente il patrimonio apistico tra Monza e Lecco è costituito da 19600 alveari, raggruppati in 1720 apiari per 1300 apicoltori, di cui 130 professionisti.
Il dottor Carmelo Scarcella
Come spiegato dal direttore generale dottor Carmelo Scarcella il declino delle api rappresenta un pericolo per la salute dell'uomo, degli animali e dell'ambiente, in quanto sintomatico tra le altre cose di un livello di inquinamento generale preoccupante.
Il progetto pilota del dipartimento di veterinaria, finanziato da regione Lombardia, e che vede in campo diverse figure professionali (veterinari, agronomi, entomologi, ecc...), si è concretizzato con un monitoraggio di tipo ordinario e straordinario.
Sono state posizionate sul territorio di ATS quattro stazioni, costituite da tre alveari, una trappola che raccoglie il polline e una che raccoglie gli insetti morti.
Quando l'ape accumula nelle "sacche" posizionate sulle zampette il polline e torna all'alveare per deporlo a favore della nutrizione della larva, la "pallina" finisce nelle maglie della trappola per essere analizzata. Dai risultati che si ottengono si possono fare diverse letture dello stato di salute dell'insetto.
La larva può non svilupparsi oppure nascere più debole perchè contaminata da un agente che non è subito letale ma col tempo va "fiaccando" gli esemplari della famiglia, che si riducono e contraggono anche la produzione di miele.
La sindrome da spopolamento degli alveari è dovuta, infatti, a tre fattori principali: gli avvelenamenti da pesticidi, le patologie o le avversità che si manifestano nel tempo che possono essere nuove o storiche, e i cambiamenti climatici importanti.
Le api, nella loro opera di impollinazione, possono entrare in contatto con fattori nocivi (diserbanti, fungicidi,...), prodotti utilizzati nelle aziende florovivaistiche o in contesti urbani (insetticidi) oppure con molecole derivanti da inquinamento di aria e acqua. Di conseguenza possono subire avvelenamenti acuti o subclinici, che non sempre portano al decesso dell'animale ma al suo graduale e inesorabile indebolimento. Con conseguenti impatti a livello economico (si pensi che il valore dell'impollinazione a livello mondiale è stimato attorno ai 265 miliardi di euro l'anno), occupazionale. produttivo (calo della produzione di cibo), ambientale (è a rischio la biodiversità con la perdita della flora spontanea).
Scopo del monitoraggio è appunto comprendere il grado di salute di questi insetti e quindi del loro livello di "avvelenamento".
Una centralina è stata posizionata nell'ambito periurbano di Monza, dunque un contesto molto antropizzato, comprendendo anche parte del parco della villa reale. Le api, rispetto alla loro "casa", si spostano anche di 3 chilometri e questo permette di mettere sotto la lente una porzione molto vasta di territorio.
Una seconda centralina si trova nell'area del vimercatese e meratese, zona antropizzata ma caratterizzata anche da agricoltura intensiva ben rappresentata.
La terza si trova nella cintura tra Valmadrera e Civate dove l'attività agricola è meno presente ma ci sono realtà industriali importanti che potenziali risvolti negativi a livello di inquinamento.
Si spera, invece, di trovarsi di fronte a una soluzione ottimale con la centralina in Valsassina: territorio meno antropizzato, libero da industrie e da agricolture di tipo intensivo, con un clima favorevole.
Il dottor Giovanni Prestini
Come spiegato dal dottor Giovanni Prestini, referente dell'attività, si sta lavorando ad un progetto pilota che potrebbe poi essere esportato ad altre ATS. I risultati, attesi in queste settimane ma rallentati a causa della mole di lavoro cui è sottoposto l'istituto di zooprofilassi di Brescia, daranno una fotografia del patrimonio apiario delle province di Monza Brianza e Lecco.
La sindrome dello spopolamento degli alveari, a livello globale, nel 2021 ha portato a un calo di produzione stimato tra i 40 e il 60%. Percentuali elevatissime che suonano come un campanello di allarme da tenere in considerazione con una certa urgenza.