SCAFFALE LECCHESE/38: nel centenario un omaggio anche letterario al ''guzzismo''
Sarà un gemellaggio o una sfida, tra Genova e Mandello, la rievocazione dei cent’anni della Moto Guzzi? Vedremo. Stante anche le restrizioni da covid che condizionano non poco i programmi dell’una e dell’altra parte. Un centenario agognato. Fino al 2019 era conto alla rovescia: l’anno scorso, la prima doccia fredda e quest’anno va di resilienza.
Lo stabilimento di Mandello
Era un traguardo atteso, un traguardo che in qualche momento difficile di questa storia secolare si è temuto addirittura non potesse nemmeno arrivare. Traguardo da celebrare come si deve, dunque. E invece, nisba. Per l’amarezza di tutti gli appassionati. Meglio, fedeli. Perché qui si parla di vera e propria fede: il “guzzismo”. E il “guzzista” ne è l’adepto. Non ancora contemplati dai vocabolari; qualcuno prima o poi dovrà aggiornarli.
Ai “guzzisti” del resto era destinato un prestigioso Oscar Mondadori (2007, 571 pagine) curato da Goffredo Puccetti che definiva il “guzzismo” «quella malattia mentale di cui ritiene di essere terapia»: l’inconfondibile marchio rosso dell’aquila al centro di una copertina tutta argentata; in quarta, una considerazione di Carlo Emilio Gadda: «Guzzi! Nome vivo e dirò palpitante nella sistole-diastole d’ogni italico centauro»
La Moto Guzzi venne costituita il 15 marzo 1921 in uno studio notarile a Genova. Della città ligure, infatti, era Giorgio Parodi, al quale il padre Emanuele prestò i soldi necessari all’avvio di una fabbrica di motociclette che il giovane aveva progettato con i commilitoni Carlo Guzzi e Giovanni Ravelli e da costruirsi a Mandello dove la milanese famiglia Guzzi era solita villeggiare.
Del resto, già da qualche tempo, Carlo Guzzi trafficava attorno ai motori proprio a Mandello, nell’officina nautica di Giorgio Ripamonti. Ancora oggi, è un fiorire di leggende su questi primi anni “carbonari”. Certo è che nel 1919 in quell’officina venne costruito il prototipo della nuova motocicletta, la GP.
Nel libro, vi è anche la ricostruzione dell’ascendenza svizzero-ticinese dei Guzzi.
Se la mamma di Carlo Guzzi, Elisa Cressini (figlia dell’avvocato Daniele, garibaldino e responsabile logistico della Spedizione dei Mille) è curiosamente originaria di quella stessa Genova che nel 1921 vedrà la nascita dalla Moto Guzzi, gli avi da parte del padre Palamede, ingegnere e docente all’Istituto tecnico superiore di Milano, proverrebbero invece dalla piccola località di Tengia in Val Leventina, nella zona di Faido.
Fin qui la “preistoria”. In quanto alla storia, cominciamo con un volumetto realizzato dalla stessa Moto Guzzi nel 1951 in occasione del trentesimo anniversario dell’azienda, pubblicazione della quale la varennese Associazione Scanagatta ci ha proposto una ristampa anastatica nel 2006. Copertina rossa con riportato il solo marchio della Moto Guzzi. Nient’altro.
Si tratta indubbiamente di una pubblicazione celebrativa, che non fornisce il nome degli autori dei testi, neppure di chi redasse la pagina introduttiva in un linguaggio pomposo, degno di anni anteriori ma probabilmente ancora in uso nei Cinquanta del Novecento: «Piloti dell’Arma Azzurra nella prima guerra mondiale, Giorgio Parodi e Giovanni Ravelli, mentre nei cieli della Patria combattevano nel certo auspicio di Vittorio Veneto, ed i voli succedevano ai voli con quella frequenza, che pur appagando l’entusiasmo dei due giovani ufficiali, comprometteva sovente le sorti dei non ancora perfetti motori, ebbero la grata ventura d’entrare in cordiali rapporti con il tecnico motorista Carlo Guzzi il quale parlò ad essi di un progetto che stava elaborando per una motocicletta dalle caratteristiche ben dissimili da quelle usuali».
Ai “guzzisti” del resto era destinato un prestigioso Oscar Mondadori (2007, 571 pagine) curato da Goffredo Puccetti che definiva il “guzzismo” «quella malattia mentale di cui ritiene di essere terapia»: l’inconfondibile marchio rosso dell’aquila al centro di una copertina tutta argentata; in quarta, una considerazione di Carlo Emilio Gadda: «Guzzi! Nome vivo e dirò palpitante nella sistole-diastole d’ogni italico centauro»
L'atto notarile della fondazione
La Moto Guzzi venne costituita il 15 marzo 1921 in uno studio notarile a Genova. Della città ligure, infatti, era Giorgio Parodi, al quale il padre Emanuele prestò i soldi necessari all’avvio di una fabbrica di motociclette che il giovane aveva progettato con i commilitoni Carlo Guzzi e Giovanni Ravelli e da costruirsi a Mandello dove la milanese famiglia Guzzi era solita villeggiare.
La statua dedicata a Carlo Guzzi
Gechi Trincavelli
Dell’officina di Ripamonti parla Giovanni “Gechi” Trincavelli che ne è oggi il proprietario per via ereditaria – in un libro stampato in copie numerate e promesso in dono a coloro che avrebbero contributo economicamente alla realizzazione di un grande murale del centenario, celebrativo degli albori della casa motociclistica mandellese.Nel libro, vi è anche la ricostruzione dell’ascendenza svizzero-ticinese dei Guzzi.
Se la mamma di Carlo Guzzi, Elisa Cressini (figlia dell’avvocato Daniele, garibaldino e responsabile logistico della Spedizione dei Mille) è curiosamente originaria di quella stessa Genova che nel 1921 vedrà la nascita dalla Moto Guzzi, gli avi da parte del padre Palamede, ingegnere e docente all’Istituto tecnico superiore di Milano, proverrebbero invece dalla piccola località di Tengia in Val Leventina, nella zona di Faido.
La copertina del volumetto realizzato nel 1951
Fin qui la “preistoria”. In quanto alla storia, cominciamo con un volumetto realizzato dalla stessa Moto Guzzi nel 1951 in occasione del trentesimo anniversario dell’azienda, pubblicazione della quale la varennese Associazione Scanagatta ci ha proposto una ristampa anastatica nel 2006. Copertina rossa con riportato il solo marchio della Moto Guzzi. Nient’altro.
Si tratta indubbiamente di una pubblicazione celebrativa, che non fornisce il nome degli autori dei testi, neppure di chi redasse la pagina introduttiva in un linguaggio pomposo, degno di anni anteriori ma probabilmente ancora in uso nei Cinquanta del Novecento: «Piloti dell’Arma Azzurra nella prima guerra mondiale, Giorgio Parodi e Giovanni Ravelli, mentre nei cieli della Patria combattevano nel certo auspicio di Vittorio Veneto, ed i voli succedevano ai voli con quella frequenza, che pur appagando l’entusiasmo dei due giovani ufficiali, comprometteva sovente le sorti dei non ancora perfetti motori, ebbero la grata ventura d’entrare in cordiali rapporti con il tecnico motorista Carlo Guzzi il quale parlò ad essi di un progetto che stava elaborando per una motocicletta dalle caratteristiche ben dissimili da quelle usuali».
La lettera in cui l'industriale Parodi approva il progetto motoristico della Moto Guzzi
Il prototipo della prima Moto Guzzi
In un mercato dominato da decine di marche italiane e straniere ormai consolidate – spiegano i due autori – la moto restava «pur sempre un mezzo scomodo, empirico, adatto praticamente solo a una clientela avventurosa e coraggiosa, anche temeraria: sportiva, insomma, nel senso più esteso della parola. Pur senza trascurare il mondo delle competizioni, la chiave dell’affermazione della Guzzi fu invece quella di impostare da subito la propria produzione su basi più concrete, venendo incontro a quella potenziale, vasta clientela che cercava nella moto un mezzo sicuro, pratico ed economico per le necessità di tutti i giorni».
Naturalmente, la storia Guzzi non è solo storia di successi. Ci sono infatti stati momenti di crisi, svolte non indolori e passaggi drammatici, in un paio di occasioni arrivati vicini alla chiusura.
Uno sciopero di fine anni '60
In tempi, quelli di oggi, contraddistinti dal dibattito sulle cosiddette quote rosa, fa specie sapere che solo il 20 luglio 1942 la Moto Guzzi (che già occupava quasi duemila persone) assunse la prima donna, alla quale vengono dati nome e volto: Giosetta Fioroni («Ho pianto per una settimana, tutti mi dicevano che Parodi non voleva donne» ricordò ormai anziana nel 2006). Ma ci sono anche le lotte sindacali, gli scioperi, le manifestazioni che hanno caratterizzato gli anni Settanta, quando sul futuro della casa motociclistica hanno cominciato ad addensarsi le nubi.
Va detto, se ci è consentito, che il “guzzismo” la fa da padrone. Non solo nelle iniziative in qualche modo patrocinate dall’azienda. Vale dire che la fede lascia in ombra altri aspetti storici (e politici) che forse meriterebbero un approfondimento. Non si può dire trattarsi di occasioni mancate, avendo le pubblicazioni che abbiamo citato tutt’altri scopi: appunto la celebrazione di un marchio che eventuali errori umani non macchierebbero comunque. E in fondo, i mandellesi stessi, che a quel marchio ancora si sentono legati per la vita, non si curano degli incidenti di percorso. E cantano in coro le glorie dell’aquila. Ormai considerata parte di se stessi. Un cromosoma, il cromosoma “Guzzi”.
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Dario Cercek