Lecco perduta/174: il Gerenzone è stato il paradiso delle trote
Il Gerenzone in località Campovai di Laorca
Nel sabato di vigilia della gara di pesca sportiva venivano gettati nelle acque del Gerenzone due quintali di trote, pari a circa ottocento esemplari. Così il fiume dei magli, delle fucine, delle mura annerite dal lavoro del ferro diveniva un “paradiso” di pescatori di trote. Il “Due e Venti” aveva un saloncino con vetrata panoramica sulla vallata del Gerenzone, in un tratto fra i più profondi rispetto alla strada che sale lungo il pendio del monte, in particolare lungo Corso Monte San Gabriele. Il “Due e Venti” era un’ottima posizione per osservare la minuscola contrada sul greto del fiume detta “Svizzera”, perché uno di Laorca, andato a lavorare all’inizio del Novecento nei cantoni elvetici, aveva sposato una ragazza del luogo, venendo, poi, ad abitare nella vallata. E, allora, si diceva: “Andiamo dalla Svizzera”, alludendo alle casette sul fondovalle. Sono ricordi che Franca Meles, residente alla Svizzera, rammenta alle “ragazze” colleghe della ginnastica dolce per seniores durante i convivi che talvolta punteggiano i bisettimanali appuntamenti di educazione fisica presso il salone dell’Oratorio “San Giuseppe”.
La Svizzera doveva essere la stazione ferroviaria di Laorca nel progetto di strada ferrata diretta in Valsassina, sino a Taceno, in un progetto di inizio Novecento. Negli anni Sessanta dello stesso secolo, quando si parlò di un monumento al tirabagia, dedicato ai lavoratori instancabili delle fucine lungo il Gerenzone, si progettò di collocarlo nei pressi della Svizzera, nell’area verde di un parco che si sarebbe spalancato sotto la Selva Grande. Tutti i progetti rimasti incompiuti, ma che la “nicchia” sul fiume della Svizzera tramanda nelle sue memorie come la gara della pesca alle trote a metà Luglio per la festa compatronale di Laorca.
A.B.