Il gruppo bronzeo con lapide dedicato
ai cinque fratelli garibaldini Torri Tarelli
Le vicende risorgimentali del 1848, con il borgo di Lecco promosso a città, portarono per la prima volta alla ribalta i fratelli Torri Tarelli, nativi di Onno, ma lecchesi di adozione, nell’antica contrada Maddalena, oggi adiacente al monumento all’abate geologo Antonio Stoppani. I cinque fratelli si distinsero in varie campagne risorgimentali, ma nelle vicende del 1848 spicca Giovanni, che la lapide dedicata ai cinque garibaldini ricorda “annegato in queste acque, portando armi all’insorta Milano”. La pubblicazione “Malgrate, ieri – Breve storia di vicende e personaggi”, stampata nel 1972 dalle Grafiche Stefanoni, con presentazione del compianto sindaco Pietro Scola, ricorda la partecipazione coraggiosa e generosa di Giovanni al ‘48. Armi e munizioni erano state nascoste sulla rocca di San Dionigi, pronte per esser distribuite agli insorti. Fu, appunto, nel trasportare materiale bellico da Malgrate a Lecco che, a soli 22 anni, periva Giovanni Torri Tarelli. Nelle pagine di “Malgrate ieri” si può leggere: “Era l’imbrunire del 4 Maggio 1848, quando Giovanni Torri Tarelli, con tre amici fidati, Ferdinando Fondra, Battista Polti, Cesare Chiappini, mosse su un’imbarcazione dalla sponda malgratese con un carico di fucili, armi d’altro tipo e munizioni, che era stato occultato in grotte e buche della rocca. Un vento fortissimo ed improvviso si scatenò sul lago, mentre i quattro patrioti remavano alla volta di Lecco. La barca fu subito in difficoltà, mentre le condizioni atmosferiche andavano velocemente peggiorando. L’imbarcazione in pericolo, fra i flutti e l’imperversare del temporale, fu notata dalla sponda lecchese, in località Maddalena, da alcune persone, fra le quali Luisa Venini Torri Tarelli, la giovane sposa di Giovanni. Venne dato l’allarme: pescatori e volontari si mossero subito, nonostante la pioggia scrosciante ed il lago paurosamente mosso, in soccorso dei pericolanti. L’imbarcazione si era, intanto, rovesciata ed i naufraghi lottavano disperatamente contro le onde del lago, in attesa dei soccorsi. Fondra e Polti furono salvati; Torri Tarelli e Chiappini scomparvero, inghiottiti dalle acque sconvolte da un eccezionale nubifragio. Chiappini aveva solo 18 anni, era di nazionalità svizzera e lavorava come cuoco presso l’Albergo Italia, sul Lungolago lecchese. A temporale cessato, mentre le ombre della sera erano ormai scese, le acque vennero tristemente illuminate dalla lanterne dei pescatori che cercavano sul fondo le salme dei due annegati. La ricerca fu inutile”. Un gruppo bronzeo con lapide in marmo ricorda oggi, in Via Torri Tarelli, i cinque fratelli garibaldini; è posizionato sul muro della casa paterna, dove c’era un cantiere di laterizi. L’inaugurazione risale al Maggio 1930, alla presenza di Ezio Garibaldi e di due reduci dei Mille 1860, ultranovantenni, Luigi Bolis, di Bergamo, ed Enea Ellero, di Pordenone. L’iniziativa di un ricordo dei Torri Tarelli si era realizzata grazie al Dopolavoro Fratellanza Nazionale, divenuto nel dopoguerra ‘45 Circolo “Italo Casella” e da oltre vent’anni scomparso. Il bassorilievo in bronzo sopra la lapide è dello scultore Angelo Mantegani; l’epigrafe è stata dettata da Giovanni Bertacchi, il poeta delle Alpi, nativo di Chiavenna. Il ricordo dei Torri Tarelli è vicinissimo al monumento all’abate geologo Antonio Stoppani. Un accostamento del caso, ma non privo di significato: Stoppani era un chierico del Seminario Ambrosiano durante le giornate milanesi del 1848 e ideò quelle mongolfiere che portavano messaggi insurrezionali alle popolazioni delle campagne.
A.B.