Lecco perduta/71: quando ci si sfidava al tiro alla fune
“Il tiro alla fune ha richiamato moltissima gente a Laorca, per la festa della terza domenica di luglio. E’ scesa nella valle del Gerenzone la squadra tricolore 1991, Ciresa Valsassina. Gli atleti portano sulla casacca lo scudetto nazionale conquistato di una memorabile finalissima a Bergamo, contro la formazione di Treviso”. E’ una cronaca di venti anni esatti or sono, nel luglio 1997. Erano tempi belli, quando la Ciresa Valsassina aveva ingaggiato il meglio di Cortenova, collaudata compagine cresciuta nella locale Roccolina delle penne nere, piazzata sul podio in campionati tricolori e salita agli onori della RAI TV nella popolare trasmissione Portobello. Dopo il titolo ’91 la Valsassina aveva conquistato a Bibione il secondo posto agli europei del 1994. La squadra dello scudetto presentava quattro moschettieri: Maroni, Acquistapace, Baruffaldi e Tantardini. Erano veri specialisti nella prova con la fune di 33 metri. L’allenatore e veterano della squadra era un artigiano di Taceno, Gianmartino Maroni, allora cinquantenne. Dichiarò in quell’occasione “Per la fune ci vuole forza, ma anche tanto, tanto fiato; poi bisogna saper guardare l’avversario, cogliere l’attimo di incertezza e di debolezza per dare tutto con lo strappo vincente”.
Il tiro alla fune porta la memoria alle sagre di una volta, dove il clou di richiamo passava anche dal palo della cuccagna. Allora le squadre di contrada o di paese fiorivano d’incanto. Avveniva alla sera, all’osteria, tra amici agricoltori, boscaioli, valligiani. C’era i sapore dell’orgoglio di campanile, del cuore di contrada. Oggi il reclutamento dei giganti della fune è ben più difficile, anche dove volano le aquile.
E’ stato popolare per tanti anni l’albero della cuccagna che si svolgeva a Concenedo, sopra Barzio, in occasione della grande festa della Madonna Assunta, di Ferragosto, che vede allora la processione detta degli “scapoli”, perché la statua della Vergine era portata da uomini e giovani non maritati. L’albero della cuccagna è stato presente anche nella festa di Laorca di metà luglio nei primi anni del Novecento. Nel 1902 si stabilì il record con l’albero più alto: era un abete proveniente dall’alta Val Brembana e portato a spalle, con una fatica durata tre giorni, da giovani di Laorca, per sentieri montani. Era alto quasi 29 metri, con 1,20 di circonferenza e 12 quintali di peso. All’oratorio san Giuseppe di Laorca è visibile la foto con i partecipanti alla storica imprese dell’abete per la cuccagna, detto anche il “peghèe”.
Il tiro alla fune porta la memoria alle sagre di una volta, dove il clou di richiamo passava anche dal palo della cuccagna. Allora le squadre di contrada o di paese fiorivano d’incanto. Avveniva alla sera, all’osteria, tra amici agricoltori, boscaioli, valligiani. C’era i sapore dell’orgoglio di campanile, del cuore di contrada. Oggi il reclutamento dei giganti della fune è ben più difficile, anche dove volano le aquile.
E’ stato popolare per tanti anni l’albero della cuccagna che si svolgeva a Concenedo, sopra Barzio, in occasione della grande festa della Madonna Assunta, di Ferragosto, che vede allora la processione detta degli “scapoli”, perché la statua della Vergine era portata da uomini e giovani non maritati. L’albero della cuccagna è stato presente anche nella festa di Laorca di metà luglio nei primi anni del Novecento. Nel 1902 si stabilì il record con l’albero più alto: era un abete proveniente dall’alta Val Brembana e portato a spalle, con una fatica durata tre giorni, da giovani di Laorca, per sentieri montani. Era alto quasi 29 metri, con 1,20 di circonferenza e 12 quintali di peso. All’oratorio san Giuseppe di Laorca è visibile la foto con i partecipanti alla storica imprese dell’abete per la cuccagna, detto anche il “peghèe”.