Lecco perduta/58: c’era la Serenissima di Pescarenico
’era, in quartiere Pescarenico, la Compagnia d’arte varia “Serenissima”, fondata nel 1952 e che ha avuto i suoi anni migliori intorno al ’60. La storia d’Italia cambiava in quel periodo con la dilagante popolarità del piccolo schermo RAI TV, dovuto anche allo strepitoso successo di “Lascia o raddoppia”, condotto da Mike Bongiorno.
Sicuramente è avvenuta una consistente rivoluzione di abitudini, di costumi, con la presenza dello “scatolone in bianco e nero”, che ha rappresentato tra l’altro la conclusione di un dopoguerra di successi dello spettacolo leggero, delle riviste casalinghe, allestite nei teatri dell’oratorio, nei dopolavoro aziendali, nei circoli popolari, come l’arena estiva dell’“Italo Casella” di via Torri Tarelli.
La Serenissima debuttò con una rivista presentata sul palco del teatro oratoriano di corso Carlo Alberto. Dalla rivista si passò al teatro. Nella pubblicazione del decennale 1952/1962, sono elencati le riviste portate alla ribalta e gli spettacoli di prosa. Spiccano, nelle riviste, “Il microfono è nostro”, “Domenica è sempre domenica”, “Pescarenico è così”, “Pescarenico, un quadro firmato da …”, “Uno di Pescarenico”, “Serenata a Pescarenico”.
Lungo è l’elenco di attori, cantanti, orchestrali, collaboratori vari. “Uno di Pescarenico” è il viaggio di un “viandante” che intende conoscere il rione manzoniano, partendo da piazza Era, sostando davanti alla grande casa rosa (casa Bigoni), arrivando ad una mitica “barriera azzurra” in via Maggiore. Nel fascicoletto uscito per il decennale (gelosamente conservato da Enrico Meregalli, oggi veterano del Coro Alpino Lecchese), il compianto giornalista Sergio Frigerio, che aveva avuto il ruolo di attore scriveva “Ognuno di noi, nella piccola misura di una personale, modesta attività, ha contribuito, senza mire egoistiche, ma con grande piacere ed entusiasmo a far sì che, quasi in punta di piedi, la Serenissima potesse giungere al traguardo ragguardevole che un decennio di attività può rappresentare. A questo punto vi dico, amici cari, riconosciamo al “Mario nostro” qualcosa di più di un animatore. Mi riferisco a Mario Aldeghi, certo di interpretare i sentimenti di ringraziamento di tutti”.
Sicuramente è avvenuta una consistente rivoluzione di abitudini, di costumi, con la presenza dello “scatolone in bianco e nero”, che ha rappresentato tra l’altro la conclusione di un dopoguerra di successi dello spettacolo leggero, delle riviste casalinghe, allestite nei teatri dell’oratorio, nei dopolavoro aziendali, nei circoli popolari, come l’arena estiva dell’“Italo Casella” di via Torri Tarelli.
Attori della Serenissima nel cortile dell’oratorio di Pescarenico, in corso Carlo Alberto.
Il primo a destra (in piedi) è Mario Aldeghi
La Serenissima debuttò con una rivista presentata sul palco del teatro oratoriano di corso Carlo Alberto. Dalla rivista si passò al teatro. Nella pubblicazione del decennale 1952/1962, sono elencati le riviste portate alla ribalta e gli spettacoli di prosa. Spiccano, nelle riviste, “Il microfono è nostro”, “Domenica è sempre domenica”, “Pescarenico è così”, “Pescarenico, un quadro firmato da …”, “Uno di Pescarenico”, “Serenata a Pescarenico”.
Lungo è l’elenco di attori, cantanti, orchestrali, collaboratori vari. “Uno di Pescarenico” è il viaggio di un “viandante” che intende conoscere il rione manzoniano, partendo da piazza Era, sostando davanti alla grande casa rosa (casa Bigoni), arrivando ad una mitica “barriera azzurra” in via Maggiore. Nel fascicoletto uscito per il decennale (gelosamente conservato da Enrico Meregalli, oggi veterano del Coro Alpino Lecchese), il compianto giornalista Sergio Frigerio, che aveva avuto il ruolo di attore scriveva “Ognuno di noi, nella piccola misura di una personale, modesta attività, ha contribuito, senza mire egoistiche, ma con grande piacere ed entusiasmo a far sì che, quasi in punta di piedi, la Serenissima potesse giungere al traguardo ragguardevole che un decennio di attività può rappresentare. A questo punto vi dico, amici cari, riconosciamo al “Mario nostro” qualcosa di più di un animatore. Mi riferisco a Mario Aldeghi, certo di interpretare i sentimenti di ringraziamento di tutti”.
A.B.