Lecco perduta/46: lo scudetto tricolore dell’occupazione

Corteo di lavoratori metalmeccanici, nella centralissima via Cavour
Lecco si è scoperta, per la prima volta, capitale nazionale dell’occupazione, scudetto tricolore dei posti di lavoro nel 1960, a metà di quel quinquennio 1958/1963, dove tutto sembrava facile e possibile, quando il progresso ed il benessere galoppavano in tutta Italia. Erano gli anni del boom, una stagione irripetibile dell’economia italiana, favorita da condizioni socio economico particolari. Erano gli anni della motorizzazione di massa, con la Vespa, la Lambretta, la 500 Fiat. Erano gli anni nei quali si accentuava sempre più il flusso migratorio dal Sud al Nord della penisola, in quanto il mercato offriva molti posti di lavoro nell’Italia settentrionale.
    Una ricerca effettuata nel lecchese tra il 1959 ed il 1960 metteva in evidenza che era un periodo particolarmente ricco per l’economia e, soprattutto, che alcuni settori industriali non avevano mai conosciuto anni così positivi. L’indagine partiva da grossi imprenditori per passare a piccole realtà artigianali, consultava i sindacati ed i semplici cittadini.
    Le note riassuntive evidenziavano che non era mai stato raggiunto un così alto livello di occupazione. L’industria era ritenuta il pilastro principale per tutta la struttura economica del territorio. Erano in particolare espansione il settore siderurgico, la meccanica pesante, il ramo metallurgico, la meccanica comune media. Si registravano continue e crescenti richieste di forniture alle industrie locali anche dagli Stati Uniti. L’artigianato riferiva sempre la ricerca, gravitava nella scia di piccole aziende meccaniche ed edilizie, beneficiando delle buone annate di questi settori. Il commercio, in un momento di benessere e di piena occupazione, segnalava un trend positivo dall’ingrosso al minuto per le aumentate possibilità personali di spese. Sempre intense erano le vendite avviate a metà anni ’50 di elettrodomestici e di televisori. I benefici di un trend largamente positivo coinvolgeva anche l’industria del legno, dei tessili, degli alimentari e tutto il settore edilizio e turistico. Per quest’ultimo occorreva, però, segnalare la mancanza di strutture alberghiere e di impianti idonei per periodi di vacanze e di svago.
    Erano ancora fiorenti, negli anni ’60, aziende del ferro e del lavoro scomparse poi dalla scena cittadina, dalla Faini di via Parini, alla Ferriera del Caleotto, poi SAE, Forni Impianti, Aldè, Badoni, Bettini, Berera, File, Mambretti, Gerosa, ed altre ancora. Fu così che un record di laboriosità e di sviluppo ebbe un rapido e consistente tramonto.
A.B.
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