Lecco perduta/46: lo scudetto tricolore dell’occupazione
Corteo di lavoratori metalmeccanici, nella centralissima via Cavour
Una ricerca effettuata nel lecchese tra il 1959 ed il 1960 metteva in evidenza che era un periodo particolarmente ricco per l’economia e, soprattutto, che alcuni settori industriali non avevano mai conosciuto anni così positivi. L’indagine partiva da grossi imprenditori per passare a piccole realtà artigianali, consultava i sindacati ed i semplici cittadini.
Le note riassuntive evidenziavano che non era mai stato raggiunto un così alto livello di occupazione. L’industria era ritenuta il pilastro principale per tutta la struttura economica del territorio. Erano in particolare espansione il settore siderurgico, la meccanica pesante, il ramo metallurgico, la meccanica comune media. Si registravano continue e crescenti richieste di forniture alle industrie locali anche dagli Stati Uniti. L’artigianato riferiva sempre la ricerca, gravitava nella scia di piccole aziende meccaniche ed edilizie, beneficiando delle buone annate di questi settori. Il commercio, in un momento di benessere e di piena occupazione, segnalava un trend positivo dall’ingrosso al minuto per le aumentate possibilità personali di spese. Sempre intense erano le vendite avviate a metà anni ’50 di elettrodomestici e di televisori. I benefici di un trend largamente positivo coinvolgeva anche l’industria del legno, dei tessili, degli alimentari e tutto il settore edilizio e turistico. Per quest’ultimo occorreva, però, segnalare la mancanza di strutture alberghiere e di impianti idonei per periodi di vacanze e di svago.
Erano ancora fiorenti, negli anni ’60, aziende del ferro e del lavoro scomparse poi dalla scena cittadina, dalla Faini di via Parini, alla Ferriera del Caleotto, poi SAE, Forni Impianti, Aldè, Badoni, Bettini, Berera, File, Mambretti, Gerosa, ed altre ancora. Fu così che un record di laboriosità e di sviluppo ebbe un rapido e consistente tramonto.
A.B.