Lecco: una messa in orario inusuale, affinchè la pace diventi la normalità. In tantissimi in Basilica con Delpini
Lecco desidera la pace. E lo ha dimostrato ancora una volta, questa mattina, prima dell'alba. Mentre ancora le tenebre della notte avvolgevano la città, in tantissimi, silenziosamente, si sono radunati in Basilica, riempiendola.

Risposta più che positiva, dunque, alla prima delle funzioni mattutine volute della Chiesa di Milano, accogliendo i ripetuti inviti di Papa Leone XIV a intensificare la preghiera affinché nel mondo tacciano le armi e facendo proprio il messaggio dei vescovi italiani al termine del Consiglio permanente della CEI svoltosi a Gorizia dal 22 al 24 settembre scorso.

In ognuna delle sette Zone pastorali della Diocesi, l'Arcivescovo, nel mese di ottobre, celebrerà una messa "in orario inusuale, per rendere normale la pace", come ha spiegato lui stesso, quest'oggi, all'esordio dell'iniziativa, alle 6.30, dall'altare di San Nicolò, attorniato dai sacerdoti delle comunità pastorali cittadine e del circondario, mentre, in contemporanea, come da sue indicazioni, in diverse altre parrocchie del territorio ci si riuniva allo stesso scopo.
59 le guerre ora in corso nel mondo. "Non solo quelle di cui sentiamo parlare o verso le quali siamo sensibilizzati" ha ricordato monsignor Mario Delpini, incentrando la sua omelia su "tre parole che mettiamo davanti al Signore".

Preghiera la prima. Da non intendersi come "delega a Dio perché faccia ciò di che non siamo capaci di fare". "Se è formalità - ha sottolineato ancora l'Arcivescovo, alla presenza anche del Sindaco e alcuni rappresentanti del consiglio comunale - non cambierà niente. Se è affidarsi allo Spirito di Dio, forse sorgeranno maestri, politici, uomini di buona volontà".

Educarci e educare ad essere operatori di pace, il secondo concetto espresso, articolato come sprone a "contribuire per quanto possiamo a diffondere una mentalità", perché la guerra non deve essere lo strumento di risoluzione dei conflitti, ma come cristiani "dobbiamo abituarci a fare alleanze", "a cercare insieme la via della serenità". Da ultimo l'invito a essere profeti. "I cristiani - ha detto ancora Delpini - sono presenti nel mondo per dire parole che vengono da Dio".

Ribadite così le parole del Santo Padre in occasione del Giubileo delle Chiese Orientali: "Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi. La Chiesa non si stancherà di ripetere: tacciano le armi. E vorrei ringraziare Dio per quanti nel silenzio, nella preghiera, nell’offerta cuciono trame di pace; e i cristiani – orientali e latini – che, specialmente in Medio Oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle. Ai cristiani va data la possibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo!".

Era il 14 maggio. A distanza di mesi, nulla sembra cambiato, mentre cresce però il bisogno di pace, palesatosi anche quest'oggi in Basilica, mentre dalle porte lasciate aperte, si vedeva il sole sorgere. "Non possiamo permetterci di non avere speranza".

Risposta più che positiva, dunque, alla prima delle funzioni mattutine volute della Chiesa di Milano, accogliendo i ripetuti inviti di Papa Leone XIV a intensificare la preghiera affinché nel mondo tacciano le armi e facendo proprio il messaggio dei vescovi italiani al termine del Consiglio permanente della CEI svoltosi a Gorizia dal 22 al 24 settembre scorso.

In ognuna delle sette Zone pastorali della Diocesi, l'Arcivescovo, nel mese di ottobre, celebrerà una messa "in orario inusuale, per rendere normale la pace", come ha spiegato lui stesso, quest'oggi, all'esordio dell'iniziativa, alle 6.30, dall'altare di San Nicolò, attorniato dai sacerdoti delle comunità pastorali cittadine e del circondario, mentre, in contemporanea, come da sue indicazioni, in diverse altre parrocchie del territorio ci si riuniva allo stesso scopo.

Preghiera la prima. Da non intendersi come "delega a Dio perché faccia ciò di che non siamo capaci di fare". "Se è formalità - ha sottolineato ancora l'Arcivescovo, alla presenza anche del Sindaco e alcuni rappresentanti del consiglio comunale - non cambierà niente. Se è affidarsi allo Spirito di Dio, forse sorgeranno maestri, politici, uomini di buona volontà".

Educarci e educare ad essere operatori di pace, il secondo concetto espresso, articolato come sprone a "contribuire per quanto possiamo a diffondere una mentalità", perché la guerra non deve essere lo strumento di risoluzione dei conflitti, ma come cristiani "dobbiamo abituarci a fare alleanze", "a cercare insieme la via della serenità". Da ultimo l'invito a essere profeti. "I cristiani - ha detto ancora Delpini - sono presenti nel mondo per dire parole che vengono da Dio".

Ribadite così le parole del Santo Padre in occasione del Giubileo delle Chiese Orientali: "Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi. La Chiesa non si stancherà di ripetere: tacciano le armi. E vorrei ringraziare Dio per quanti nel silenzio, nella preghiera, nell’offerta cuciono trame di pace; e i cristiani – orientali e latini – che, specialmente in Medio Oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle. Ai cristiani va data la possibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo!".

Era il 14 maggio. A distanza di mesi, nulla sembra cambiato, mentre cresce però il bisogno di pace, palesatosi anche quest'oggi in Basilica, mentre dalle porte lasciate aperte, si vedeva il sole sorgere. "Non possiamo permetterci di non avere speranza".
