Lecco: Emanuela Loi, morta in via d'Amelio, nel racconto della sorella a tanti studenti

In città si era vista già nel 2015 per l'inaugurazione del centro comunale Il Giglio di Pescarenico, fresco di confisca alla criminalità organizzata e di "restyling" per essere trasformato in un luogo di incontro dedicato soprattutto agli over 65. Dieci anni dopo, ieri  è tornata a Lecco dalla Sardegna Maria Claudia Loi, sorella di Emanuela, agente della scorta del giudice Paolo Borsellino rimasta vittima della strage di via D'Amelio a Palermo insieme ai colleghi Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina e Claudio Traina. Era il 19 luglio 1992.
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Proprio a lei, donna al servizio dello Stato che con il sacrificio della sua vita è diventata simbolo di legalità e giustizia, è stato intitolato Il Giglio, che sabato 31 maggio ha promosso, in collaborazione con Libera e Avviso Pubblico, due momenti nel segno del ricordo ma, soprattutto, di un rinnovato impegno - che deve diventare sempre di più collettivo - per una società più giusta, che sappia riconoscere e condannare quel "cancro invasivo" rappresentato dalla mafia.
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Il primo si è svolto in mattinata presso Officina Badoni, alla presenza di oltre 120 studenti degli istituti di istruzione superiore G. Parini, G. Bertacchi, A. Manzoni e G. B. Grassi, che hanno avuto l'opportunità di ascoltare una significativa testimonianza di vita ripercorrendo, grazie a Maria Claudia, il percorso di vita e la tragica fine di Emanuela Loi, una donna che - come ha sottolineato in apertura l'assessore al Welfare del Comune di Lecco Emanuele Manzoni - "ci deve ricordare che lo Stato, in tutte le sue forme, va difeso sempre".
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Maria Claudia Loi con il marito Enrico Contini

Non un'eroina, ma una ragazza normalissima. Era questo Emanuela - come ha precisato fin da subito l'ospite di giornata, accompagnata come in molte altre occasioni dal marito Enrico Contini -, entrata in Polizia quasi per caso, grazie a un concorso a cui nemmeno aveva ipotizzato di partecipare e che invece riuscì a superare brillantemente al termine degli studi magistrali, ma ben presto diventata "un tutt'uno" con la sua divisa, tanto da ambire a un'importante carriera.
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Una bella foto di Emanuela Loi tratta da un video proiettato in sala

Solare e gioiosa per natura, aveva un fortissimo senso del dovere: per questo non si sottrasse al compito della scorta del giudice Paolo Borsellino - del quale la sua famiglia non era al corrente - né rinunciò a tornare in Sicilia, nonostante la febbre che l'aveva colpita durante gli ultimi giorni di vacanza nella sua Sardegna, in quel luglio 1992 che ha lasciato un segno profondo nella storia dell'Italia.
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L'assessore Emanuele Manzoni

"Noi non proviamo odio, ma abbiamo un forte desiderio di memoria, giustizia e legalità, perché Emanuela ha perso la vita per la libertà e la democrazia" ha esordito Maria Claudia Loi, introdotta dall'instancabile coordinatore provinciale di Libera Alberto Bonacina. "Per questo dobbiamo tutti maturare un modo di pensare e agire diverso, a partire dai piccoli gesti quotidiani, per un vero cambiamento della società, cercando di impegnarci per ciò a cui le forze dell'ordine non riescono ad arrivare. È il pensiero della legalità che ci spinge a portare avanti ancora oggi questo impegno, l'urgenza di far capire come distinguere il bene dal male e riconoscere tutti i comportamenti illeciti, dal più piccolo al più grande, perché si può essere mafiosi anche senza essere criminali. Per questo è indispensabile collaborare tutti concretamente - a cominciare dalla Scuola, che la mafia teme più della giustizia -, per riflettere in modo critico sulla realtà che ci circonda e combattere l'indifferenza generale. L'illegalità prende forma anche con gesti all'apparenza innocui o banali come non rispettare il Codice della Strada, non pagare i biglietti dei mezzi pubblici, abbandonare rifiuti e commettere atti di bullismo (o fare finta di niente, quando vediamo che qualcuno ne è vittima), o ancora consumare droghe, che alimentano traffici illeciti, evadere le tasse e ricorrere a raccomandazioni, tangenti o corruzione".
"La mafia è un cancro invasivo, e per sconfiggerla serve una moltitudine di persone. Non cadiamo nella tentazione di vivere senza ideali e regole, non facciamoci spaventare dai fallimenti", la chiosa di Maria Claudia Loi, che in conclusione ha risposto ad alcune domande poste da ragazzi e insegnanti. "Quale sentimento provo nei confronti dello Stato? Intanto la certezza è che ancora, dopo quasi trentatrè anni, non abbiamo la verità, perché ad oggi non si conoscono i veri mandanti di quella strage. Io ho la speranza che un giorno o l'altro verrà fuori, e questa non muore mai".
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Alberto Bonacina

"E poi c'è l'importanza di ricordare: il nostro è un impegno sociale che richiede tempo, come tutti i cambiamenti significativi", le ha fatto eco il marito Enrico. "Come onorare la memoria di Emanuela? Basta che ciascuno faccia la propria parte, nel quotidiano. Nel caso di voi giovani, quindi, innanzitutto studiando". "Che cosa chiederei a mia sorella se potessi vederla ora? Vorrei capire se sto facendo abbastanza per ricordarla, per far sì che il suo sacrificio non sia stato vano. Certamente ci conforta la sensibilità verso questi temi che riscontriamo nelle scuole, un po' in tutta Italia".
Un incontro, insomma, sicuramente stimolante e "di impatto" per i giovani lecchesi, una testimonianza forte di vita e di valori veri che vale sempre la pena ascoltare. Il Giglio, come anticipato, ha poi organizzato un secondo momento con Maria Claudia Loi, aperto al pubblico nel pomeriggio proprio al centro di Pescarenico. Perché sì, il fuoco della legalità può e deve partire "dal basso", dalle nuove generazioni, ma per alimentarsi deve trovare benzina nel mondo degli adulti.
B.P.
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