Quando l'amore diventa trappola: incontro sulla dipendenza affettiva con ASST Lecco

La dipendenza affettiva non solo “ingrediente” dei fenomeni di maltrattamenti o peggio, ma anche una condizione equiparabile alle dipendenze da droghe o altre sostanze. Non in senso figurato, ma proprio per le ricadute fisiche e psichiche sul nostro organismo, sullo stato di salute complessivo, sulla possibilità di generare e aggravare altre patologie. Senza risparmiare nemmeno il corollario delle crisi di astinenza.dipendenzaconvegno__5_.JPG (360 KB)
Se ne è parlato in un convegno tenutosi l’altra sera nell’aula magna dell’ospedale di Lecco su iniziativa del Dipartimento di salute mentale e dipendenze dell’ASST, nell’ambito delle iniziative organizzate per la Giornata nazionale della salute della donna in calendario per il 22 aprile e in occasione della decima edizione della “Settimana aperta” della Fondazione Onda, con l’obiettivo di promuovere l’informazione, la prevenzione e la cura al femminile.
“Dipendenza affettiva: storia a due mani”, il titolo del convegno, i cui cardini sono stati sintetizzati nello slogan “D’amore non si muore? D’amore non si muore!”.
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Dopo il saluto portato dal direttore generale Marco Trivelli che ha parlato di «crac affettivo oggi più grave che in altre epoche», è intervenuto il responsabile della struttura di Psicologia clinica Vittorio Ripamonti che ha presentato, tra le altre cose, i cosiddetti centri Cuav, i centri rivolti ai maschi autori di atti di violenza sulle donne. Si tratta di persone già ritenute responsabili di atti di violenza da parte dell’autorità di giudiziaria e che, attraverso i “Cuav” intraprendono percorso di recupero. Ricordando che anche da parte dei maschi autori di violenza occorre parlare di una sofferenza clinica per quanto sia inaccettabile giuridicamente. Punto di riferimento per la sanità lecchese è il centro aperto a Vimercate ma gli ospedali pubblici del territorio sono gli “sportelli” locali ai quali rivolgersi. 
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Ripamonti ha sottolineato come la dipendenza affettiva sia un elemento degli episodi di violenza, soffermandosi anche sulle trasformazioni che la dipendenza ha subito in questi anni e di come si possa ora anche parlare di una dipendenza virtuale. Nel contempo, ha detto di non credere che gli atteggiamenti di violenza nei confronti della donna siano aumentati: è aumentata la percezione perché è aumentata la capacità delle donne vittime di violenza di denunciare ed è aumentato quindi il riconoscimento di un problema che prima restava nascosto, confinato negli ambiti famigliari, negato. 
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Luciarosa Olivadotti ha parlato dei “bollini Onda”, bollini rosa assegnati appunto dalla Fondazione Onda alle strutture sanitaria particolarmente attente nei confronti delle malattie femminili. E agli ospedali di Lecco e Merate sono stati riconosciuti due bollini. Olivadotti ha poi riflettuto su come il mondo sia cambiato rispetto alle nostre capacità di esprimere e di mostrare i sentimenti e questi cambiamenti ci hanno spiazzati.  In un anno sono stati circa duecento gli accessi ai pronto soccorso per episodi di violenza di genere e il numero cresce anche nelle fasce di età più giovani. I sintomi della dipendenza affettiva sono l’accettare i linguaggi offensivi, l’isolamento sociale, il controllo personale. E con il diffondersi delle tecnologie aumentano anche le truffe affettive che sono poi i casi di persona incontrate in rete per le quali ci si illude e che invece spillano denaro. E dunque «crediamo – la conclusione – nella prevenzione. Occorre rendersi conto che la violenza di genere è un problema di salute e di sanità pubblica».
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La psicoterapeuta Chiara Calabrese ha parlato dell’amore che fa male quando la relazione diventa una trappola, della malattia che riguarda l’immagine di sé stessi, la propria identità, da una parte e dall’altra e la trappola scatta quando una relazione è l’incontro tra due identità non solide, da una parte dubbi e insicurezze e dall’altra un’eccessiva autostima e se l’incontro ha un tornaconto per entrambi, uno dei due paga il prezzo più alto e ciò accade generalmente alla donna. Come fare, dunque, per riconoscere quando la relazione si fa dipendenza? Quando tale relazione – la risposta – occupa tutto, occupa lo spazio e il tempo, le stesse attività del quotidiano, prevede la manipolazione e lo screditamento del proprio essere, diventa di un’intensità enorme, provoca isolamento, gelosia, denigrazione e instabilità.  Con l’alterazione della stessa consapevolezza della sofferenza che spesso viene negata. Le richieste di aiuto oggi sono sempre più numerose perché si riconosce una sintomatologia prima sfuggente.
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La relazione di Calabrese è stata introdotta e chiusa con due brevi interventi teatrali di Patrizia Tonsi e Beppe Colella della compagnia “Ronzinante” che hanno interpretato la prima un brano di Selvaggia Lucarelli tratto da “Crepacuore”, il secondo gli atti di un processo del 1979 in cui fu una donna vittima di violenza ad apparire l’autentica colpevole per effetto di una ricostruzione giudiziaria capziosa.
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La psicoterapeuta Mariapia Martinelli ha appunto concentrato l’attenzione sul fatto che un rapporto d’amore tossico sia paragonabile ad altre malattie, partendo addirittura dal mito di Amore e Psiche per evidenziare come lo stress sia una risposta fisiologia naturale a fattori esterni che ci minacciano ma diventa patologica quando diventa – secondo il linguaggio medico- “distress” e cioè cronico. Che è quanto caratterizza le relazioni tossiche che aumentano la produzione da parte del nostro organismo di cortisolo che è l’ormone dello stress andando a influire direttamente sul nostro sistema immunitario e pertanto abbattendo le difese ed esponendoci a una serie di patologie. E allora l’invito è lo scegliere ogni giorno di fare una cosa buona per sé stessi, di imparare a occuparci maggiormente di noi stessi.
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Infine, la psicoterapeuta Rossana Regazzoni si è concentrata proprio sugli effetti dell’amore tossico paragonandoli a quelli delle tossicodipendenze. Di fronte a un abbandono, il corpo crolla e va in crisi di astinenza e nel contempo si fatica a chiedere aiuto perché non si è più in grado di discriminare il bene dal male, di capire. La dipendenza affettiva è una vera e propria patologia.
D.C.
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