In viaggio a tempo indeterminato/376: il nostro secondo Holi indiano

Ci abbiamo provato ad evitarlo ma alla fine, in un modo o nell'altro, ci ha trovato lui.
Puoi fare tutti i programmi che vuoi, organizzare dettagliatamente il viaggio, battere i piedi e dire "stavolta non ci caschiamo!", ma se l'India ha deciso che una cosa deve succedere, succederà.
E se sei fortunato avverrà una volta sola, altrimenti anche più di una.
Sono un po' criptica lo so.
Ma per raccontare cosa abbiamo vissuto nei giorni scorsi, devo prima fare un passo indietro.
Le digressioni le adoro perché lasciano tutto il discorso in sospeso, come se si schiacciasse il tasto "pause" su un vecchio stereo anni '90.
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È un giorno limpido di Marzo del 2019. Noi siamo partiti da poco più di un anno e i nostri zaini sono ancora decisamente troppo pieni e pesanti.
La notte in treno è stata molto fresca, ma il vantaggio di avere un posto in due è che ci siamo scaldati a vicenda sotto la sciarpa viola  di lana che ormai usiamo coperta in queste situazioni.
"Haridwar, stazione di Haridwar. Allontanarsi dalla linea gialla" annuncia la voce all'altoparlante. 
(Ok lo so, è impossibile che in una stazione indiana dagli altoparlanti trasmettessero un messaggio del genere. Ma nella mia testa ogni annuncio ferroviario è associato al tlintlon e alla voce robotica di Trenitalia. Gli anni da pendolare hanno lasciato il segno!)
Usciamo dalla stazione e nonostante siano solo le 7 del mattino, la città è viva come non mai.
Chi corre portando il trolley in testa per raggiungere prima il binario da cui parte il treno.
Poi c'è il signore che prepara il chai in piedi dietro un enorme pentolone.
C'è la mucca che rumina non so cosa e ci sono i tuktuk e i motorini che cercano di evitarla.
C'è l'India insomma, quella che si sveglia sempre troppo presto e va a letto sempre troppo tardi.
Paolo è davanti a me e sta cercando di capire quale sia la zona migliore per trovare un hotel.
Io lo seguo a distanza con lo sguardo e lo vedo che muove freneticamente il telefono per aiutare il GPS a capire dove siamo.
Dopo qualche minuto mi fa segno con la mano di raggiungerlo, io mi metto in cammino verso di lui ma pochi passi dopo... bam! Cado per terra come una pera cotta con tutto il peso dei due zaini addosso.
Sono un'esperta in cadute e spesso inciampo su me stessa quindi in un primo momento non mi stupisco di essere seduta con il sedere sull'asfalto.
La faccia di Paolo che ha seguito tutto a distanza, però, mi fa capire che stavolta qualcosa è andato diversamente.
Mi raggiunge e mi aiuta a rialzarmi e in quel momento un dolore fortissimo mi assale.
Una storta alla caviglia, non riesco più ad appoggiarla e vedo che piano piano si sta anche gonfiando.
Paolo mi prende gli zaini. Ora ne ha 4 addosso.
E saltellando io mi incammino verso la zona degli hotel.
Trovata una stanza, mi getto sul letto.
Poi riempio di crema la caviglia, che ormai ha un colore violaceo, ci appoggio sopra una bottiglia di acqua fredda che abbiamo comprato poco prima in un negozietto, e cerco di capire come fare per proseguire il viaggio saltellando.
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Ad Haridwar ci siamo fermati per due motivi.
Il primo è scoprire una città sacra dell'India, sempre affacciata sul Gange, a pochi km da dove nasce il fiume. Decisamente meno conosciuta e frequentata di Varanasi, Haridwar è un vero gioiello nel nord est dell'India.
Il secondo è che mancano pochissimi giorni a uno dei festival più importanti, colorati e famosi del mondo: l'Holi.
Questa festa ormai ha superato i confini indiani ed è conosciuta e festeggiata in diverse parti del mondo.
E sinceramente, sono felice di questa "esportazione".
Prima di tutto perché è un caos coloratissimo che a vederlo mette allegria. Ma anche per il suo significato. L'Holi infatti è la celebrazione della vittoria del bene sul male. Segna un nuovo inizio e proprio per questo si festeggia in primavera, la stagione della rinascita.
La tradizione prevede il lancio di polveri colorate e acqua che hanno lo scopo principale di eliminare le differenze. Tutti imbrattati di fucsia, giallo o blu non ci si riconosce, le distanze sociali sono azzerate e per un giorno si è tutti sullo stesso piano.
È tutto meraviglioso, in teoria.
In pratica è un caos allucinante!
E se ci aggiungi anche la caviglia gonfia, diciamo che te la godi poco la festa.
Il nostro primo Holi in India è stato quindi meraviglioso e traumatico allo stesso tempo.
I gavettoni dal tetto delle case sono stati la parte sicuramente peggiore. Ci hanno preso di mira? Non lo escluderei.
Tanto che alla fine ci siamo detti: "Fatto una volta, basta. Non lo rifaremo mai più!"

E invece eccoci qui, 6 anni dopo, a Ujjain. Ancora sulle rive di un fiume sacro ma migliaia di chilometri più a sud.
Le polveri colorate stavolta le abbiamo anche nelle mutande, ma siamo felici.
È il nostro secondo Holi indiano e ci siamo finiti in mezzo per caso.
Una passeggiata lungo il fiume, la cerimonia di preghiera della sera, una nuvola fucsia che si alza nel cielo.
Il fuoco, i colori, i canti. L'Holi è domani ma qui si inizia oggi e ci siamo buttati nella mischia senza sapere perché.
O forse perché vedere tante persone di ogni età festeggiare, ridere, cantare tutte insieme come fossero bambini, era la spensieratezza di cui avevamo bisogno.
E l'India, a differenza nostra, lo sapeva bene!
Angela (e Paolo)
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