Lecco: agente sospeso nel periodo covid non riconsegna il 'distintivo', a processo
Sfilata di agenti e funzionari della Polstrada, quest'oggi, in Tribunale a Lecco, chiamati a testimoniare dalla pubblica accusa e dalla difesa, al cospetto del giudice monocratico Paolo Salvatore. Al banco degli imputati... un collega. La divisa deve a rispondere di quanto previsto dall'articolo 473 ter del codice penale e dunque dell'illecita detenzione di "segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai corpi di polizia". Nello specifico, al centro del procedimento, vi sono un tesserino e una placca metallica che l'operante, nel gennaio del 2022, avrebbe tardato a restituire, dopo la sua sospensione dal servizio decretata a seguito del mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale, come disposto nell'ambito delle misure per il contenimento della pandemia.
Se la contestazione di per sé è chiara, ben più intricata la ricostruzione del contesto che ha portato al deferimento dell'agente alla Procura.
Quest'oggi, nel corso dell'istruttoria, mettendo insieme un racconto a più voci, sembrerebbe essere emerso che l'imputato - allora impiegato all'ufficio servizi della sezione di Lecco della Polstrada - si sia "autonomamente" messo in ferie, dal 9 dicembre 2021, nonostante la richiesta della dirigente - la dottoressa Anna Lisa Valleriani, ora a Roma, tornata in città questa mattina per testimoniare - di posticipare il periodo di congedo ordinario, rifiutandosi poi di tornare al lavoro una volta emerso il "problema" fino a produrre, il 14, mezz'ora prima dell'orario indicato dalla comandante per il suo rientro, un certificato di malattia, indicando l'abitazione di famiglia nel sud Italia quale luogo di "degenza".
Dell'accaduto viene così notiziato il Compartimento di Milano che, dopo l'entrata in vigore, il 15 dicembre, dell'obbligo vaccinale si attiva, per il tramite dei colleghi pugliesi, a notificare all'odierno imputato la necessità di dare evidenza dell'avvenuta immunizzazione, pena, come da decreto legge, la sospensione dal servizio. Sospensione che viene poi firmata il 29 dicembre, con l'Amministrazione che avrebbe riscontrato difficoltà anche nel notiziare di ciò l'agente lecchese, come raccontato dall'ispettore poi mandato, il 12 gennaio, prima dello scadere dei termini per il ritiro della raccomandata mandata in compiuta giacenza, personalmente a casa dell'imputato (che nel frattempo era tornato al nord), per la consegna a mani della busta contenente copia del provvedimento.
L'indomani - sempre stando al racconto dei testimoni - da Lecco parte un'altra spedizione di poliziotti, mandati a ritirare tessera e placca, senza successo. L'imputato dapprima non avrebbe risposto loro, poi raggiunto telefonicamente, consigliato anche da un avvocato, avrebbe acconsentito alla consegna dei "distintivi" chiedendo venisse dato atto della bonarietà dell'azione, "senza entrare nel merito della notifica", salvo poi, di fatto, non scendere per restituire quanto "preteso" dalla Polizia.
Avanzato il dubbio, introducendo anche testimoni a discarico, che nei confronti dell'imputato sia stata esercitata una pressione eccessiva, con la stessa sospensione che avrebbe potuto o dovuto essere notificata alla ripresa del servizio. Alla prossima udienza avrà lui stesso modo di raccontare la propria versione, per poi arrivare al completamento dell'istruttoria. Si torna in Aula il 22 gennaio.
Se la contestazione di per sé è chiara, ben più intricata la ricostruzione del contesto che ha portato al deferimento dell'agente alla Procura.
Quest'oggi, nel corso dell'istruttoria, mettendo insieme un racconto a più voci, sembrerebbe essere emerso che l'imputato - allora impiegato all'ufficio servizi della sezione di Lecco della Polstrada - si sia "autonomamente" messo in ferie, dal 9 dicembre 2021, nonostante la richiesta della dirigente - la dottoressa Anna Lisa Valleriani, ora a Roma, tornata in città questa mattina per testimoniare - di posticipare il periodo di congedo ordinario, rifiutandosi poi di tornare al lavoro una volta emerso il "problema" fino a produrre, il 14, mezz'ora prima dell'orario indicato dalla comandante per il suo rientro, un certificato di malattia, indicando l'abitazione di famiglia nel sud Italia quale luogo di "degenza".
Dell'accaduto viene così notiziato il Compartimento di Milano che, dopo l'entrata in vigore, il 15 dicembre, dell'obbligo vaccinale si attiva, per il tramite dei colleghi pugliesi, a notificare all'odierno imputato la necessità di dare evidenza dell'avvenuta immunizzazione, pena, come da decreto legge, la sospensione dal servizio. Sospensione che viene poi firmata il 29 dicembre, con l'Amministrazione che avrebbe riscontrato difficoltà anche nel notiziare di ciò l'agente lecchese, come raccontato dall'ispettore poi mandato, il 12 gennaio, prima dello scadere dei termini per il ritiro della raccomandata mandata in compiuta giacenza, personalmente a casa dell'imputato (che nel frattempo era tornato al nord), per la consegna a mani della busta contenente copia del provvedimento.
L'indomani - sempre stando al racconto dei testimoni - da Lecco parte un'altra spedizione di poliziotti, mandati a ritirare tessera e placca, senza successo. L'imputato dapprima non avrebbe risposto loro, poi raggiunto telefonicamente, consigliato anche da un avvocato, avrebbe acconsentito alla consegna dei "distintivi" chiedendo venisse dato atto della bonarietà dell'azione, "senza entrare nel merito della notifica", salvo poi, di fatto, non scendere per restituire quanto "preteso" dalla Polizia.
Avanzato il dubbio, introducendo anche testimoni a discarico, che nei confronti dell'imputato sia stata esercitata una pressione eccessiva, con la stessa sospensione che avrebbe potuto o dovuto essere notificata alla ripresa del servizio. Alla prossima udienza avrà lui stesso modo di raccontare la propria versione, per poi arrivare al completamento dell'istruttoria. Si torna in Aula il 22 gennaio.
A.M.