In viaggio a tempo indeterminato/333: la salvezza in Giappone, ecco Pina l'auto... leggera
Un aggettivo su tutti credo descriva perfettamente il viaggio in Giappone che stiamo facendo: rocambolesco!
Oh, finalmente ho potuto usare questa parola che rende perfettamente l'idea ma che nella vita di tutti i giorni difficilmente tiri fuori.
Rocambolesco perché siamo partiti carichi e gasati con l'idea di viaggiare in motorino e dormire in tenda. Ma poi tutto è andato sottosopra. Prima il motorino si è rotto costringendoci a fare un'inversione a U degna di un manuale di scuola guida.
Tornare a Osaka su quelle due ruotine era diventata la nostra nuova missione e ce l'avevamo quasi fatta, se non fosse stato per la polizia che a meno di 130 km dall'arrivo si è portata via la Moribhonda (nome assegnatole dopo le prime avvisaglie di cedimento).
A quel punto la rocambolescosità della nostra avventura era più che mai evidente.
Ci restavano due opzioni:
1) Prenotare un volo e lasciare definitivamente il Giappone dopo un mese e mezzo.
2) Trovare un'alternativa per continuare la seconda parte del viaggio.
Devo ammettere che, ripensando a tutta la pioggia e il freddo patiti nella fase "motorino-tenda", la prima alternativa ci allettava parecchio. Sarebbero bastati un paio di click per farci passare dalle giacche impermeabili al bikini.
Mentre controllavamo le opzioni dei voli, quasi pronti a cliccare su "acquista", qualcosa ci diceva di aspettare. Come se sentissimo che, andandocene, la nostra esperienza giapponese sarebbe stata incompleta.
"Sì ma ora che facciamo? Come lo continuiamo il viaggio?"
In quel momento ci siamo guardati attorno e lì abbiamo trovato la soluzione.
Lo faremo come (forse) lo farebbe un giapponese: su una kei car.
Le kei-jidōsha sono le auto leggere giapponesi. Piccole nelle dimensioni e nella potenza del motore, sono diffusissime nel Paese del Sol Levante.
Le kei car nascono nel 1949, dopo la fine della seconda guerra mondiale, e rappresentano un tentativo del governo giapponese di far ripartire il mercato dell'auto.
In quegli anni, infatti, la maggior parte dei cittadini giapponesi non poteva permettersi di acquistare una macchina vera e propria. Allo stesso tempo, però, aveva soldi sufficienti per poter comprare un motorino.
Per stimolare il mercato automobilistico e per offrire un mezzo di trasporto alternativo, soprattutto per chi aveva piccoli business, il governo giapponese decise di promuovere la produzione di queste auto per "trasporto essenziale", riducendo moltissimo le tasse applicate su questo tipo di veicoli.
Da lì partì la storia di successo di questi nuovi mezzi di trasporto che poi divennero iconici del Giappone.
Le prime auto leggere montavano un motore 150cc, la cui potenza venne via via incrementata con il passare degli anni per attirare sempre più acquirenti.
Oltre a una tassazione agevolata, le kei car, nelle aree rurali, erano esenti dalla shako shōmeisho, la legge secondo cui solo chi possiede uno spazio privato di parcheggio può acquistare un veicolo motorizzato.
Questi aspetti ne decretarono il successo e spinsero le case automobilistiche a produrre non solo auto, ma anche van e furgoni che rientrassero in questa categoria.
Per essere considerate kei car, le vetture devono rispettare alcuni standard.
Primo fra tutti quello delle dimensioni. La lunghezza massima consentita è di 3,4 metri, la larghezza 1,48 metri e l'altezza 2 metri.
Per confrontarle con un'auto che conosciamo, sono più piccole di una vecchia Fiat Panda.
Per quanto riguarda il motore, invece, deve rimanere sotto i 660cc.
Le kei car sono riconoscibili a colpo d'occhio, anche per il colore della targa, gialla con scritta nera per le auto leggere, bianca con scritta verde per quelle standard.
Quell'operazione, iniziata dal governo giapponese nel dopoguerra, ha sicuramente superato ogni più rosea aspettativa. Tanto che nel 2013 la quota di mercato delle kei car era arrivata ad essere di oltre il 40%.
Per frenare questa tendenza, a quel punto si è deciso di alzare le tasse su questi modelli di auto. Nonostante l'incremento, però, ad oggi acquistare una kei car permette di spendere circa il 30% in meno di oneri fiscali, oltre al grande risparmio legato ai bassi consumi di queste vetture.
Una volta scoperta l'esistenza di queste macchiette, a noi è venuta una gran voglia di provarne una.
Quindi ecco arrivare Pina, la kei car che per le prossime settimane ci permetterà di scoprire un'altra zona del Giappone, senza preoccuparci troppo della pioggia e del freddo.
La prima impressione appena saliti a bordo è stata quella che definirei "effetto borsa di Mary Poppins". Nonostante le ridottissime dimensioni, all'interno è spaziosissima e c'è davvero tutto ciò che serve.
I sedili si abbassano completamente a creare un comodo letto. I cassettini e gli scompartimenti sono ovunque rendendola perfetta per un'attività diffusissima in Giappone: il "car camping".
E chi siamo noi per non sfruttarla in ogni sua potenzialità?
La tenda per un po' mi sa che resterà nel baule!
PS: No, in Europa per ora le kei car non sono in vendita. È la prima informazione che abbiamo cercato anche noi!
Oh, finalmente ho potuto usare questa parola che rende perfettamente l'idea ma che nella vita di tutti i giorni difficilmente tiri fuori.
Rocambolesco perché siamo partiti carichi e gasati con l'idea di viaggiare in motorino e dormire in tenda. Ma poi tutto è andato sottosopra. Prima il motorino si è rotto costringendoci a fare un'inversione a U degna di un manuale di scuola guida.
Tornare a Osaka su quelle due ruotine era diventata la nostra nuova missione e ce l'avevamo quasi fatta, se non fosse stato per la polizia che a meno di 130 km dall'arrivo si è portata via la Moribhonda (nome assegnatole dopo le prime avvisaglie di cedimento).
A quel punto la rocambolescosità della nostra avventura era più che mai evidente.
Ci restavano due opzioni:
1) Prenotare un volo e lasciare definitivamente il Giappone dopo un mese e mezzo.
2) Trovare un'alternativa per continuare la seconda parte del viaggio.
Devo ammettere che, ripensando a tutta la pioggia e il freddo patiti nella fase "motorino-tenda", la prima alternativa ci allettava parecchio. Sarebbero bastati un paio di click per farci passare dalle giacche impermeabili al bikini.
Mentre controllavamo le opzioni dei voli, quasi pronti a cliccare su "acquista", qualcosa ci diceva di aspettare. Come se sentissimo che, andandocene, la nostra esperienza giapponese sarebbe stata incompleta.
"Sì ma ora che facciamo? Come lo continuiamo il viaggio?"
In quel momento ci siamo guardati attorno e lì abbiamo trovato la soluzione.
Lo faremo come (forse) lo farebbe un giapponese: su una kei car.
Le kei-jidōsha sono le auto leggere giapponesi. Piccole nelle dimensioni e nella potenza del motore, sono diffusissime nel Paese del Sol Levante.
Le kei car nascono nel 1949, dopo la fine della seconda guerra mondiale, e rappresentano un tentativo del governo giapponese di far ripartire il mercato dell'auto.
In quegli anni, infatti, la maggior parte dei cittadini giapponesi non poteva permettersi di acquistare una macchina vera e propria. Allo stesso tempo, però, aveva soldi sufficienti per poter comprare un motorino.
Per stimolare il mercato automobilistico e per offrire un mezzo di trasporto alternativo, soprattutto per chi aveva piccoli business, il governo giapponese decise di promuovere la produzione di queste auto per "trasporto essenziale", riducendo moltissimo le tasse applicate su questo tipo di veicoli.
Da lì partì la storia di successo di questi nuovi mezzi di trasporto che poi divennero iconici del Giappone.
Le prime auto leggere montavano un motore 150cc, la cui potenza venne via via incrementata con il passare degli anni per attirare sempre più acquirenti.
Oltre a una tassazione agevolata, le kei car, nelle aree rurali, erano esenti dalla shako shōmeisho, la legge secondo cui solo chi possiede uno spazio privato di parcheggio può acquistare un veicolo motorizzato.
Questi aspetti ne decretarono il successo e spinsero le case automobilistiche a produrre non solo auto, ma anche van e furgoni che rientrassero in questa categoria.
Per essere considerate kei car, le vetture devono rispettare alcuni standard.
Primo fra tutti quello delle dimensioni. La lunghezza massima consentita è di 3,4 metri, la larghezza 1,48 metri e l'altezza 2 metri.
Per confrontarle con un'auto che conosciamo, sono più piccole di una vecchia Fiat Panda.
Per quanto riguarda il motore, invece, deve rimanere sotto i 660cc.
Le kei car sono riconoscibili a colpo d'occhio, anche per il colore della targa, gialla con scritta nera per le auto leggere, bianca con scritta verde per quelle standard.
Quell'operazione, iniziata dal governo giapponese nel dopoguerra, ha sicuramente superato ogni più rosea aspettativa. Tanto che nel 2013 la quota di mercato delle kei car era arrivata ad essere di oltre il 40%.
Per frenare questa tendenza, a quel punto si è deciso di alzare le tasse su questi modelli di auto. Nonostante l'incremento, però, ad oggi acquistare una kei car permette di spendere circa il 30% in meno di oneri fiscali, oltre al grande risparmio legato ai bassi consumi di queste vetture.
Una volta scoperta l'esistenza di queste macchiette, a noi è venuta una gran voglia di provarne una.
Quindi ecco arrivare Pina, la kei car che per le prossime settimane ci permetterà di scoprire un'altra zona del Giappone, senza preoccuparci troppo della pioggia e del freddo.
La prima impressione appena saliti a bordo è stata quella che definirei "effetto borsa di Mary Poppins". Nonostante le ridottissime dimensioni, all'interno è spaziosissima e c'è davvero tutto ciò che serve.
I sedili si abbassano completamente a creare un comodo letto. I cassettini e gli scompartimenti sono ovunque rendendola perfetta per un'attività diffusissima in Giappone: il "car camping".
E chi siamo noi per non sfruttarla in ogni sua potenzialità?
La tenda per un po' mi sa che resterà nel baule!
PS: No, in Europa per ora le kei car non sono in vendita. È la prima informazione che abbiamo cercato anche noi!
Angela (e Paolo)