Omicidio di Temù: ergastolo per il calolziese Mirto Milani e le sorelle Zani
E' ergastolo. Per tutti e tre. La Corte d'Assise di Brescia ha condannato Mirto Milani, classe 1994, residente a Roncola San Bernardo, nella bergamasca, ma cresciuto tra Olginate e Calolziocorte, al carcere a vita per l'uccisione della "suocera" Laura Ziliani, assassinata l'8 maggio 2021 a Temù. Stessa pena è stata irrogata a Paola e Silvia Zani, figlie della vittima, già vigilessa nel piccolo comune dell'Alta Valle Camonica e madre di un'altra ragazza, fragile, costituitasi parte civile al pari della nonna e di altri famigliari. Come si ricorderà i tre - nella ricostruzione degli inquirenti - avrebbero stordito Laura Ziliani con dei muffin infarciti con benzodiazepine, per poi soffocarla nel letto e occultarne il cadavere - rinvenuto solo ad agosto lungo il letto del fiume Oglio - facendo inizialmente credere che la poveretta non fosse rincasata dopo una passeggiata in solitaria sui monti che sovrastano l'abitato.
A vuoto le ricerche in montagna, il cerchio si è stretto via via su quello che negli atti è stato poi definito come "il trio criminale", con le confessioni di Milani e delle due ragazze arrivate solo dopo l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa a loro carico a seguito delle risultanze dell'attività di indagine coordinata dal PM di Brescia Caty Bressanelli.
Il magistrato, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, in requisitoria ha aveva chiesto, due anni dopo gli arresti, alla Corte di condannare i tre imputati all'ergastolo. Una richiesta a cui si sono opposte le difese, con i legali arrivati a rassegnare conclusioni discordi nel tentativo di alleggerire, ciascuno, la posizione del proprio assistito.
L'avvocato del calolziese ha tentato di presentare il 29enne come il "meno convinto del piano omicidiario” sostenendo come lo stesso avrebbe provato a “tirarsi indietro".
"Mirto cavalca le problematiche che ci sono tra figlie e mamma e sviluppa l’idea di eliminare il nemico" ha sostenuto invece la difesa Zani, ritenendo che non può essere attribuita a Paola l'idea dell'assassinio. Concetti ribaditi anche quest'oggi, nel giorno delle repliche prima della camera di consiglio.
Se infatti per uno dei legali di parte civile "Non è possibile sovvertire l'evidenza dei fatti. Le sorelle dicono: “Siamo andate avanti con quello che avevamo deciso con Mirto". Già da settembre 2020 avevano pensato che uccidere la madre fosse la soluzione. Ciò prova la premeditazione", per Simona Prespitino, difensore di Milani, "Mirto si è unito alle sorelle perché non voleva essere espulso dal trio, da quella che era la sua unica famiglia", rifiutando dunque la ricostruzione secondo la quale il ragazzo potrebbe essere stato il regista del piano attuato congiuntamente alla fidanzata e alla sorella minore di quest'ultima. "Paola, come dice Mirto, è stata tirata dentro nell'omicidio. Non voleva partecipare" ha insistito invece l'avvocato Michele Cesari per la giovane donna.
Alle 13.23 i giudici sono entrati in camera di consiglio. Sono usciti solo 16.40 alle con la sentenza, letta dal Presidente Roberto Spanò.
A vuoto le ricerche in montagna, il cerchio si è stretto via via su quello che negli atti è stato poi definito come "il trio criminale", con le confessioni di Milani e delle due ragazze arrivate solo dopo l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa a loro carico a seguito delle risultanze dell'attività di indagine coordinata dal PM di Brescia Caty Bressanelli.
Il magistrato, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, in requisitoria ha aveva chiesto, due anni dopo gli arresti, alla Corte di condannare i tre imputati all'ergastolo. Una richiesta a cui si sono opposte le difese, con i legali arrivati a rassegnare conclusioni discordi nel tentativo di alleggerire, ciascuno, la posizione del proprio assistito.
L'avvocato del calolziese ha tentato di presentare il 29enne come il "meno convinto del piano omicidiario” sostenendo come lo stesso avrebbe provato a “tirarsi indietro".
"Mirto cavalca le problematiche che ci sono tra figlie e mamma e sviluppa l’idea di eliminare il nemico" ha sostenuto invece la difesa Zani, ritenendo che non può essere attribuita a Paola l'idea dell'assassinio. Concetti ribaditi anche quest'oggi, nel giorno delle repliche prima della camera di consiglio.
Se infatti per uno dei legali di parte civile "Non è possibile sovvertire l'evidenza dei fatti. Le sorelle dicono: “Siamo andate avanti con quello che avevamo deciso con Mirto". Già da settembre 2020 avevano pensato che uccidere la madre fosse la soluzione. Ciò prova la premeditazione", per Simona Prespitino, difensore di Milani, "Mirto si è unito alle sorelle perché non voleva essere espulso dal trio, da quella che era la sua unica famiglia", rifiutando dunque la ricostruzione secondo la quale il ragazzo potrebbe essere stato il regista del piano attuato congiuntamente alla fidanzata e alla sorella minore di quest'ultima. "Paola, come dice Mirto, è stata tirata dentro nell'omicidio. Non voleva partecipare" ha insistito invece l'avvocato Michele Cesari per la giovane donna.
Alle 13.23 i giudici sono entrati in camera di consiglio. Sono usciti solo 16.40 alle con la sentenza, letta dal Presidente Roberto Spanò.