Lecco: 'viaggio' tra i pescatori dell'Adda, alla ricerca di tinche e persici sotto il sole
Sveglia all’alba. Corsa per prendere i posti migliori e poi relax. Tanto relax a contatto con la natura nell’attesa che l’amo catturi una tinca o un persico. Sono queste le fasi di un rito che per i pescatori rappresenta una sorta di liberazione, un modo per uscire dal solito “tran tran”. Oggi questo variegato ed eterogeneo popolo era concentrato per lo più sul lato lecchese di quel tratto di lago che separa il ponte Kennedy e l'Azzone Visconti.
Maurizio, il primo con cui abbiamo parlato, si era posizionato proprio a due passi dalla struttura trecentesca. “Abito a 50 metri da qui, vicino all’Isola viscontea. È più di un anno che non venivo qui a pescare ma prima della pandemia lo facevo spesso, anche se non sono un "affezionato". Mi piace passare un paio d’ore all’aria aperta” ci ha spiegato. “Negli ultimi anni il livello dell'acqua è diminuito molto e questo influisce anche sulla fauna. Le arborelle, per esempio, non ci sono quasi più. In compenso iniziano ad esserci i pesci siluro, animali di due metri che non sono autoctoni”.
Mentre chiacchieriamo, il flusso di barche in transito verso il lago è continuo. “Qui il sabato e la domenica è praticamente un’autostrada. Il demanio, inoltre, potrebbe curare un po’ meglio la vegetazione lungo le sponde. Ci sarebbero anche meno zanzare” ha concluso Maurizio.
Lorenzo
Poco più avanti, tra le barche ormeggiate davanti al parcheggio di via Adda, Lorenzo e la sua compagna scrutavano attenti l’acqua. “Io sono di Cisano Bergamasco mentre lei è della provincia di Monza. Veniamo qui da parecchi anni. Mi piace il posto, stare all’aria aperta. È molto rilassante anche se di pesci non se ne prendono molti, almeno oggi” ha commentato sorridendo. “Abbiamo provato anche la pesca sul torrente, più complicata di questa. Lì si usa la canna da dieci metri perché la trota è molto furba”.
Andrea
Nonostante il caldo torrido, sulla spiaggetta regnava un senso di assoluta pace. “Qui è bello fresco, arioso. Se ci si ferma sui laghetti, come ad Annone per esempio, c’è molta più afa. Io lavoro in fabbrica tutto l’anno, per me pescare è un modo per liberarsi dai vincoli del quotidiano e rilassarsi” ha sottolineato Andrea, proveniente da Carugo. “Non sono sperto. Mi sono avvicinato a questa disciplina cinque anni fa, sarà la terza o quarta volta che vengo qui. Io non utilizzo l’ardiglione, di modo da non spaccare l’apparato boccale dei pesci che catturo. Tutto quello che prendo, inoltre, lo rilascio”.
Giovanni, Paolo e Cristiano
Ma c’è anche chi ha fatto un lungo viaggio per arrivare fino alla città del Manzoni. “Siamo tre amici di Parma. Veniamo qui una volta l’anno in agosto perché ci sono le tinche. Di solito riuscivamo a prenderne 14/15, mentre oggi solo una. Questi animali possono arrivare anche a 2/3 kg” hanno commentato in coro Giovanni, Paolo e Cristiano. “In passato si partiva da Parma alle 2.00 di notte per essere qui presto. Quest’anno, invece, siamo venuti su ieri e abbiamo dormito in un albergo a Carenno. Alle 4.45 eravamo in posizione”.
Roberto
Il pigo pescato da Roberto
Roberto, varesino doc, ci ha raccontato quanta conoscenza e quanto studio ci siano dietro ad un’attività solo all’apparenza semplice. “Noi pescatori dobbiamo saper riconoscere tutti gli esemplari che prendiamo. Alcuni possono essere catturati solo se hanno raggiunto una misura minima o se non stanno deponendo le uova, altrimenti devono essere subito rilasciati” ha sottolineato il signore, all’esordio sulle sponde dell’Adda assieme al suo amico Simone, proveniente da Como. “Il pigo, per esempio, è protetto e non può essere catturato. Viceversa i siluri, che possono arrivare fino a due metri, non possono in alcun modo essere rilasciati: non sono autoctoni e sono predatori, per cui mangiano tanto pesce”.
I persici pescati da Enrico
Erano quasi le 11.00, e ormai eravamo giunti sotto il ponte Kennedy, dove Enrico, lecchese, aveva appena catturato un bellissimo persico. “È sotto i 16 centimetri, la misura minima per poterlo prendere. I due che hanno abboccato prima, invece, sono grandi abbastanza” ha spiegato il pescatore mostrando il cestello. “Vengo qui spesso, da circa una decina d’anni. È una bella zona per pescare”. Superato il traffico diretto in centro città, ci siamo riportati sul lato malgratese del fiume. Lì abbiamo notato un terzetto molto particolare: nonno, figlio, nipote. “Ho iniziato a pescare a dieci anni e non ho mai smesso. Sono contento che anche mio nipote pratichi questa disciplina. È molto appassionato e anche fortunato” ha commentato Giancarlo, il più "navigato" dei tre.
Giancarlo, Marco e Alessandro
D’improvviso, ecco che Alessandro, il più piccolo, sembrava aver acciuffato qualcosa, rivelatasi poi purtroppo una cozza. “È la prima volta che veniamo qui. Sappiamo che ci sono le trinche anche se oggi ne abbiamo presa solo una. La pesca è un’attività all’aria aperta, rilassante, a contatto con la natura. È molto bella” ha concluso Marco, il papà. Del resto, le passioni più forti si trasmettono di generazione in generazione.
A.Bes.