Lecco: 'Il canto dell’usignolo', le nuove poesie di Giuseppe La Fontana
Giuseppe La Fontana, come risulta dai brevi cenni biografici sull’autore anche nell’ultimo libro, è a Lecco dal marzo 1955 perchè assunto dall’amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni ed assegnato all’ufficio centrale cittadino. Da allora vive nella città manzoniana e sottolinea “alle falde del San Martino ed all’ombra del Resegone”. Ed alla caratteristica montagna lecchese è dedicata una composizione del recentissimo “Il canto dell’usignolo”.
Scrive, infatti, La Fontana “Immensa pura espressione pittorica, il Resegone fremente nella sua nuda essenzialità, in un tripudio di luci e di colori apre orizzonti di ineffabile bellezza”. Più avanti annota “Suscita intense emozioni tormentose ed insieme contenute e dolci, che catturano l’intimo dell’essere, lo scuotono, lo conturbano, l’estasiano di rose e fiori, stella, dolci lo circondano, e sognando tenere d’amor l’ammantano”. Per La Fontana, sempre nella poesia, il Resegone “verso l’alto guarda ed anela, ed in un delirio di immenso in esso si libra e si dilata”.
La composizione “In così dolci suoni” sottolinea “Dal tuo cuor, vaga fanciulla, stillano gocce di rugiada che a stilla a stilla, brandiscono i miei tormenti quando solo mi lasci e vai via, piccina mia!”. E sempre La Fontana sottolinea “Come rondine or ti involi, cercando nel volo l’ebbrezza che piacimento ai tuoi sensi adduce, sitibonda fanciulla!”.
La composizione poetica di Giuseppe La Fontana sale anche lungo “rugiadosi monti” e verso “limpidi ruscelli”. L’autore, sottolinea altresì, “Dai monti sento, portato dal vento, il fruscio delle foglie che rimanda da romite sponde al suon blando di placide onde”. Quest’ultima è la composizione poetica “Figlie della luna”.
E nelle poesie dell’ultimo volumetto c’è pure un richiamo agli anni più belli, quelli dell’infanzia e della prima giovinezza, a Terranova da Sibari, così ricca di storia e di memoria, prima di compiere il grande viaggio verso la città di Lecco. L’autore sottolinea “Gli anni più belli della mia vita, sono quelli dell’infanzia, quando tutto era incanto: l’aurora, il tramonto, la luna che con tenui riflessi velavan del vetusto borgo il torruto maniero del Sanseverino”.
Nella prefazione de “Il canto dell’usignolo” l’autore ha evidenziato “chi legge le mie odi, cogliendone l’eufonia, si inebria del suono del silenzio, dell’armonia delle stelle”. Una speranza che vale come augurio per tutti i lettori.
A.B.