Lecco: omaggio a Pietro e Lino Ciceri, ricordando 'lo scandalo del male'
Il Comune di Lecco ha celebrato ufficialmente la Giornata della Memoria davanti alla casa acquatese, affacciata sulla scalinata che conduce al santuario della Madonna di Lourdes, dove abitavano Pietro e Lino Ciceri, deportati e morti l'uno nel lager di Gusen e l'altro fucilato a Fossoli. A ricordarli, il 27 gennaio 2019 vennero posate due pietre d'inciampo realizzate dall'artista tedesco Gunter Demnig che proprio trent'anni fa - nel 1993 - avviò il progetto di ricordare in questa maniera le vittime del nazismo in Europa.
Da parte sua, l'assessore alla cultura dell'amministrazione provinciale Fiorenza Albani ha rilevato la necessità di un impegno costante delle istituzioni perché non si dimentichi per mantenere vivi i valori della libertà e della democrazia.
La vicepresidente provinciale dell'Associazione nazionale partigiani, Patria Milani, ha ricordato la biografia di Pietro e Lino Ciceri, padre e figlio, 44 e 20 anni, entrambi operai e antifascisti. Il primo a essere catturato, il 23 febbraio 1944, fu Lino che all'indomani dell'8 settembre si unì alle bande partigiane radunatesi ai Piani d'Erna e venne catturato dai fascisti il 23 febbraio 1944 e finito nel campo di concentramento dove finirà ucciso nella strage del 12 luglio dello stesso anno, quando le SS fucilarono 67 detenuti, tra cui vi erano quattro lecchesi: oltre a Lino Ciceri, anche Antonio Colombo, Franco Minonzio, Luigi Frigerio. Lo stesso destino toccò anche a Emanuele Carioni, ufficiale bergamasco collaboratore dei servizi segreti Usa, arrestato nella casa delle sorelle Villa al Garabuso di Acquate, punto di riferimento per quella rete clandestina che aiutava a espatriare prigionieri in fuga dai nazisti ed ebrei e che venne smantellata dai nazifascisti nel maggio 1944. E proprio oggi, tra l'altro, una pietra di inciampo dedicata a Carioni viene inaugurata a Misano di Gera d'Adda, la località bergamasca dove Carioni era nato nel 1921.
Pietro Ciceri venne invece arrestato in occasione degli scioperi nelle fabbriche lecchesi del marzo 1944 e seguì la sorte degli altri 25 operai deportati nei campi di concentramento e morì a Gusen nel gennaio 1945.
Nel suo intervento, Milani ha rilevato come nella Giornata della Memoria - istituita per ricordare la Shoah e cioè lo sterminio di 6 milioni di ebrei che è stata la pagina più oscura della storia dell'umanità - si debba pensare anche ai deportati politici e furono 30mila quelli che nel nostro Paese vennero arrestati per la loro attività contro fascismo e nazismo finendo appunto nei lager. Non va del resto sottaciuto che la Shoah fu anche responsabilità del fascismo che collaborò attivamente nella cattura e nella deportazione degli ebrei italiani. Occorre quindi evitare che la Shoah sia considerata un crimine esclusivamente nazista, appunto ricordando quanto avvenuto nel nostro Paese e ciò perché sia utile a non lasciarci cogliere dall'indifferenza e continuando a essere presenti anche oggi quotidianamente nel riaffermare i valori antifascisti.
E proprio a proposito di indifferenza, la viceprefetto Laura Motolese ha concluso la cerimonia ricordando come Pietro e Lino Ciceri non si siano voltati dall'altra parte permettendo così a noi di vivere una vita libera e ciò non era scontato: "operai antifascisti" si legge sulle pietre d'inciampo, erano persone semplici, persone come noi, che hanno detto "no".
Infine, la parte religiosa, con la benedizione da parte del parroco acquatese don Walter Magnoni che ha ricordato come in greco "inciampo" si dica "scandalon" e come quelle pietre posate sul selciato continuino quindi a testimoniare «lo scandalo del male».
Tra i presenti alla cerimonia, anche Maria Grazia Farina: la madre Agnese era la fidanzata di Lino Ciceri.
La cerimonia è stata aperta dalle parole di "Se questo è un uomo" di Primo Levi lette da Irene Riva.
Il sindaco Mauro Gattinoni ha sottolineato la differenza tra ricordo («un fatto personale») e memoria («un passato collettivo per guardare al futuro»), coltivare la quale è necessario per avere coscienza della «quotidianità del male» perché «è troppo facile precipitare nel burrone della storia», soprattutto quando il monito che certi eventi non accadano più possa apparire come semplice retorica, visto che l'attualità testimonia invece il contrario, pensando all'Iran e all'Ucraina.Da parte sua, l'assessore alla cultura dell'amministrazione provinciale Fiorenza Albani ha rilevato la necessità di un impegno costante delle istituzioni perché non si dimentichi per mantenere vivi i valori della libertà e della democrazia.
La vicepresidente provinciale dell'Associazione nazionale partigiani, Patria Milani, ha ricordato la biografia di Pietro e Lino Ciceri, padre e figlio, 44 e 20 anni, entrambi operai e antifascisti. Il primo a essere catturato, il 23 febbraio 1944, fu Lino che all'indomani dell'8 settembre si unì alle bande partigiane radunatesi ai Piani d'Erna e venne catturato dai fascisti il 23 febbraio 1944 e finito nel campo di concentramento dove finirà ucciso nella strage del 12 luglio dello stesso anno, quando le SS fucilarono 67 detenuti, tra cui vi erano quattro lecchesi: oltre a Lino Ciceri, anche Antonio Colombo, Franco Minonzio, Luigi Frigerio. Lo stesso destino toccò anche a Emanuele Carioni, ufficiale bergamasco collaboratore dei servizi segreti Usa, arrestato nella casa delle sorelle Villa al Garabuso di Acquate, punto di riferimento per quella rete clandestina che aiutava a espatriare prigionieri in fuga dai nazisti ed ebrei e che venne smantellata dai nazifascisti nel maggio 1944. E proprio oggi, tra l'altro, una pietra di inciampo dedicata a Carioni viene inaugurata a Misano di Gera d'Adda, la località bergamasca dove Carioni era nato nel 1921.
Pietro Ciceri venne invece arrestato in occasione degli scioperi nelle fabbriche lecchesi del marzo 1944 e seguì la sorte degli altri 25 operai deportati nei campi di concentramento e morì a Gusen nel gennaio 1945.
Nel suo intervento, Milani ha rilevato come nella Giornata della Memoria - istituita per ricordare la Shoah e cioè lo sterminio di 6 milioni di ebrei che è stata la pagina più oscura della storia dell'umanità - si debba pensare anche ai deportati politici e furono 30mila quelli che nel nostro Paese vennero arrestati per la loro attività contro fascismo e nazismo finendo appunto nei lager. Non va del resto sottaciuto che la Shoah fu anche responsabilità del fascismo che collaborò attivamente nella cattura e nella deportazione degli ebrei italiani. Occorre quindi evitare che la Shoah sia considerata un crimine esclusivamente nazista, appunto ricordando quanto avvenuto nel nostro Paese e ciò perché sia utile a non lasciarci cogliere dall'indifferenza e continuando a essere presenti anche oggi quotidianamente nel riaffermare i valori antifascisti.
E proprio a proposito di indifferenza, la viceprefetto Laura Motolese ha concluso la cerimonia ricordando come Pietro e Lino Ciceri non si siano voltati dall'altra parte permettendo così a noi di vivere una vita libera e ciò non era scontato: "operai antifascisti" si legge sulle pietre d'inciampo, erano persone semplici, persone come noi, che hanno detto "no".
Infine, la parte religiosa, con la benedizione da parte del parroco acquatese don Walter Magnoni che ha ricordato come in greco "inciampo" si dica "scandalon" e come quelle pietre posate sul selciato continuino quindi a testimoniare «lo scandalo del male».
Tra i presenti alla cerimonia, anche Maria Grazia Farina: la madre Agnese era la fidanzata di Lino Ciceri.
D.C.