In viaggio a tempo indeterminato/266: il ritorno a Calcutta
"Vorrei aver visto questo posto 20 anni fa, prima dei cellulari, di internet e tutto il resto".
Non so quante volte l'ho pensato.
Ci sono luoghi dove vedi proprio il cambiamento provocato dalla "facilità del viaggio". Posti che hanno trasformato se stessi in funzione di chi li visita.
Hanno ceduto un po' della loro identità per far sentire a suo agio chi viene da lontano, magari in gruppo, per due settimane e senza la minima intenzione di rinunciare a un hamburger, un piatto di pasta o dei ravioli con la carne di maiale.
Ed è in posti così che la mia fantasia vola e mi immagino come deve essere stato prima di tutto quello. Cerco il passato nello sguardo delle signore che ancora vendono pannocchie arrostite.
Scruto le crepe nei muri alla ricerca di tracce di una vita precedente.
E vorrei avere una macchina del tempo che mi porti indietro di qualche decina d'anni per sentirmi lontana e immersa in un mondo che oggi non esiste che nei ricordi della signora delle pannocchie.
Questi luoghi nel mondo stanno aumentando a dismisura. E se da un lato non posso che essere felice per l'impatto positivo che il turismo dà all'economia di certe zone, dall'altro non riesco a non intristirmi e provare un profondo senso di malinconia per quell'unicità che sembra andare scomparendo.
Ci sono posti, però, che nonostante tutto il cambiamento che inevitabilmente li travolge, sono rimasti fedeli a se stessi.
In quei luoghi io mi trovo bene e mi sento come rinvigorita da una voglia immensa di immergermi nella vita che li caratterizza.
Calcutta è uno di questi posti magici.
È una città che sta con un piede nel 2023 e con l'altro in un vecchio film degli anni '60.
A Calcutta c'è l'Hard Rock Cafe, c'è Decathlon e c'è McDonald's.
Ma davanti alle vetrine passano i risciò trainati a piedi dagli "uomini cavallo".
A Calcutta ci sono musei e cinema che i clienti raggiungono a bordo di taxi gialli usciti direttamente dagli anni '80.
A Calcutta ci sono gli hotel a 5 stelle ma anche le fontane d'acqua per strada dove la gente del quartiere si fa la doccia la mattina.
Calcutta è moderna ma è anche ferma nel tempo.
E in questo rappresenta la massima espressione dell'India, del suo crescere in modo esponenziale rimanendo ancorata al suo passato.
Per questo Calcutta è la città più cruda, diretta e affascinante che abbiamo mai visto in India e non solo.
La prima volta che ho sentito nominare questa città era associata al nome di Madre Teresa. Non sapevo nulla allora, né di Madre Teresa né tanto meno di dove fosse Calcutta.
Me la immaginavo lontana, sporca e povera.
Poi, qualche anno dopo, Calcutta è diventata "La città della gioia" e ho iniziato ad amarla e odiarla attraverso le pagine di un libro.
Era lo sfondo di una storia di povertà, di tristezza ma allo stesso tempo di orgoglio e resilienza.
È iniziato così il mio rapporto con questa città. Le parole mi ci hanno trasportata mentre ero seduta sul treno in viaggio verso Milano.
E in quei giorni non me l'aspettavo certo che a Calcutta sarei andata e poi tornata. Sapevo però che, una volta vista, l'avrei portata con me per sempre.
Ed è stato esattamente così.
Nel 2019, quando per la prima volta avevo messo piede tra le strade di Calcutta, il caos e il caldo mi avevano stordita. E mi ricordo di aver pensato "era meglio non venirci e lasciare che rimanesse solo il luogo di ambientazione di un bel libro".
Era stata un pugno allo stomaco, di quelli ben piazzati che ti tolgono il respiro.
Ci eravamo stati per una settimana in cui avevamo condensato di tutto: monumenti, volontariato, cibo.
Correvamo a destra e sinistra, al ritmo incessante dei clacson, chiudendo gli occhi per non lasciarci travolgere.
Poi siamo andati via, un volo, la Thailandia, un mondo diverso.
Ma Calcutta è come se fosse venuta con me.
Si è posata in un angolino del mio cuore, insieme ai luoghi che non potrai mai dimenticare.
Tornarci adesso, a tre anni di distanza, è stata però tutta un'altra esperienza.
Mi sono sentita di conoscerla già. Come se le presentazioni le avessimo già fatte e fosse il momento di andare oltre.
E stavolta me la sono davvero goduta Calcutta.
Ho spalancato gli occhi e l'ho guardata intensamente, nella sua meraviglia e nel suo orrore.
E non mi ha più fatto paura.
Non so quante volte l'ho pensato.
Ci sono luoghi dove vedi proprio il cambiamento provocato dalla "facilità del viaggio". Posti che hanno trasformato se stessi in funzione di chi li visita.
Hanno ceduto un po' della loro identità per far sentire a suo agio chi viene da lontano, magari in gruppo, per due settimane e senza la minima intenzione di rinunciare a un hamburger, un piatto di pasta o dei ravioli con la carne di maiale.
Ed è in posti così che la mia fantasia vola e mi immagino come deve essere stato prima di tutto quello. Cerco il passato nello sguardo delle signore che ancora vendono pannocchie arrostite.
Scruto le crepe nei muri alla ricerca di tracce di una vita precedente.
E vorrei avere una macchina del tempo che mi porti indietro di qualche decina d'anni per sentirmi lontana e immersa in un mondo che oggi non esiste che nei ricordi della signora delle pannocchie.
Questi luoghi nel mondo stanno aumentando a dismisura. E se da un lato non posso che essere felice per l'impatto positivo che il turismo dà all'economia di certe zone, dall'altro non riesco a non intristirmi e provare un profondo senso di malinconia per quell'unicità che sembra andare scomparendo.
Ci sono posti, però, che nonostante tutto il cambiamento che inevitabilmente li travolge, sono rimasti fedeli a se stessi.
In quei luoghi io mi trovo bene e mi sento come rinvigorita da una voglia immensa di immergermi nella vita che li caratterizza.
Calcutta è uno di questi posti magici.
È una città che sta con un piede nel 2023 e con l'altro in un vecchio film degli anni '60.
A Calcutta c'è l'Hard Rock Cafe, c'è Decathlon e c'è McDonald's.
Ma davanti alle vetrine passano i risciò trainati a piedi dagli "uomini cavallo".
A Calcutta ci sono musei e cinema che i clienti raggiungono a bordo di taxi gialli usciti direttamente dagli anni '80.
A Calcutta ci sono gli hotel a 5 stelle ma anche le fontane d'acqua per strada dove la gente del quartiere si fa la doccia la mattina.
Calcutta è moderna ma è anche ferma nel tempo.
E in questo rappresenta la massima espressione dell'India, del suo crescere in modo esponenziale rimanendo ancorata al suo passato.
Per questo Calcutta è la città più cruda, diretta e affascinante che abbiamo mai visto in India e non solo.
VIDEO:
La prima volta che ho sentito nominare questa città era associata al nome di Madre Teresa. Non sapevo nulla allora, né di Madre Teresa né tanto meno di dove fosse Calcutta.
Me la immaginavo lontana, sporca e povera.
Poi, qualche anno dopo, Calcutta è diventata "La città della gioia" e ho iniziato ad amarla e odiarla attraverso le pagine di un libro.
Era lo sfondo di una storia di povertà, di tristezza ma allo stesso tempo di orgoglio e resilienza.
È iniziato così il mio rapporto con questa città. Le parole mi ci hanno trasportata mentre ero seduta sul treno in viaggio verso Milano.
E in quei giorni non me l'aspettavo certo che a Calcutta sarei andata e poi tornata. Sapevo però che, una volta vista, l'avrei portata con me per sempre.
Ed è stato esattamente così.
Nel 2019, quando per la prima volta avevo messo piede tra le strade di Calcutta, il caos e il caldo mi avevano stordita. E mi ricordo di aver pensato "era meglio non venirci e lasciare che rimanesse solo il luogo di ambientazione di un bel libro".
Era stata un pugno allo stomaco, di quelli ben piazzati che ti tolgono il respiro.
Ci eravamo stati per una settimana in cui avevamo condensato di tutto: monumenti, volontariato, cibo.
Correvamo a destra e sinistra, al ritmo incessante dei clacson, chiudendo gli occhi per non lasciarci travolgere.
Poi siamo andati via, un volo, la Thailandia, un mondo diverso.
Ma Calcutta è come se fosse venuta con me.
Si è posata in un angolino del mio cuore, insieme ai luoghi che non potrai mai dimenticare.
Tornarci adesso, a tre anni di distanza, è stata però tutta un'altra esperienza.
Mi sono sentita di conoscerla già. Come se le presentazioni le avessimo già fatte e fosse il momento di andare oltre.
E stavolta me la sono davvero goduta Calcutta.
Ho spalancato gli occhi e l'ho guardata intensamente, nella sua meraviglia e nel suo orrore.
E non mi ha più fatto paura.
Angela (e Paolo)