Lezioni brasiliane
Don Marco Bassani
già Fidei donum in Brasile
Responsabile della Pastorale dei Migranti
per la Zona 3, Diocesi di Milano
già Fidei donum in Brasile
Responsabile della Pastorale dei Migranti
per la Zona 3, Diocesi di Milano
La caratteristica, a mio avviso più inquietante di quelle manifestazioni, è il suo carattere fluido, opaco, inafferrabile per certi versi, se non fosse per gli ingenti danni provocati.
Innanzitutto è stata una rivolta senza capi, senza una guida politica come si suol dire. Tutti sappiamo chi ha pensato quell’azione. Eppure difficilmente gli ideatori verranno identificati e puniti. Ma l’aspetto inquietante è che quella folla impazzita si muoveva guidata da parole d’ordine, che si rincorrevano sui social, senza che si sapesse chi le avesse pronunciate e quali fondamenta avessero. Probabilmente verranno incriminate figure intermedie, che hanno coordinato le azioni sul campo; oppure qualche figura istituzionale, che ha finto di non vedere quanto stava accadendo. Ma le menti dell’intero fenomeno rimarranno nelle quinte; magari anche perché non sarà facile trovare le prove “materiali” della loro incriminazione.
D’altro canto, questo esito, che si spera finale, fonda le sue radici negli innumerevoli atti di violenza, che hanno attraversato il Brasile dopo la vittoria di Lula. Questi a loro volta rimandano ad una campagna elettorale sporca e diffamatoria. La quale rimanda a quattro anni di bugie, violenze, e sopraffazioni. Le quali a loro volta rimandano alla campagna elettorale del 2018, tutta basata su di una lotta irrazionale contro il comunismo (inesistente in Brasile) e le minoranze di ogni genere. Ma in tutto ciò, se chiedessimo a Bolsonaro ed ai suoi folli seguaci: perché tutto ciò? Su quale fondamento ed in nome di che cosa? La risposta non avrebbe un solo dato oggettivo da esibire, se non quello della normale diversità politica.
Questo dettaglio, però, non è casuale. Infatti, da circa vent’anni anni a questa parte stiamo assistendo a questa pericolosa strategia della Destra globale: disseminare fake news, inquinare l’aria comunicativa con menzogne, che mettono in movimento le masse meno acculturate, agitandole con parole d’ordine che nessuno ha pronunciato, non si sa donde vengano e soprattutto non si sa dove portino, se non al caos per il caos. Salvo poi invocare lo stata d’eccezione per reprimere le violenze e gli abusi.
Eppure, se ci fermassimo a riflettere con calma, analizzando le dinamiche di fondo, anziché fare una guerra di religione su un’accise, scopriremmo il crescere generalizzato del disorientamento e del caos; in parte dettato da fenomeni estremi di tipo climatico; in gran parte alimentato da fenomeni a loro volta frutto di paure ed angosce inconsce.
Se a tutto ciò aggiungiamo il fatto che “questo mondo” non è la realtà, sic et simpliciter, bensì il mondo che i media vogliono inculcarci, allora è chiaro il carattere strategico di tutto questo percorso. Infatti, l’80% delle notizie circolanti sul Pianeta sono gestite da 8-10 gruppi editoriali globali. Ma a chi appartengono questi gruppi editoriali? Chi possiede i capitali per farli funzionare? Ovvero questo mix di caos e angosce universali rispondono ad una strategia ben precisa dei grandi gruppi economico-finanziari.
Infatti, le masse in preda al panico ed all’angoscia tendono a pensare sempre meno e fanno fatica a far crescere progetti politici, che abbiano come orizzonte il cambiamento di questa società scandalosamente ingiusta. Per elaborare un progetto politico, che miri ad un cambiamento strutturale, occorrono calma, pazienza, lungimiranza, scelte impopolari e quant’altro. Tutte cose difficilissime nell’attuale contesto, perché, ripeto, la gente non riesce e non deve riflettere, bensì reagire irrazionalmente e istintivamente.
In una situazione così estrema c’è quasi solo spazio per gli aspiranti messia, che riescono ad interagire con gli istinti delle folle. E così, come in una tragedia greca, le masse scaricano le loro tensioni partecipando delle pubbliche rappresentazioni di questi teatranti. Salvo poi, quando il gioco sfugge di mano, invocare il mito della Sicurezza, perché ogni forma di protesta e di rivendicazione potrebbe portare ad esiti positivi, ovvero alla messa in discussione di questo sistema di alienazione di massa.
In questi scenari per niente edificanti, le vicende di Brasilia potrebbero essere provvidenziali, se Lula abbandonerà la sua solita politica di conciliazione nazionale; per insistere invece nel tentativo di proporre un progetto politico popolare, a partire dalle fasce sociali più povere e oppresse. In ciò, a dire il vero, può contare sulla congiuntura favorevole della presenza di due governi marcatamente democratici e popolari, quali sono quello colombiano e quello cileno. Se questa triade riuscirà a far decollare programmi di reale giustizia sociale, certamente altre realtà ancora in bilico, come ad esempio l’Argentina, il Messico, il Perù e la Bolivia, potrebbero dar vita ad una sperimentazione continentale, nella quale le classi popolari riescono a segnare la vita socio politica di quel Continente.
Nell’auspicio che anche l’Occidente non continui a vedere solo tramonti…
Don Marco Bassani