Lecco celebra San Nicolò: il prevosto invoca 'l'impegno responsabile di tutti' contro il male. Le mele aiuteranno l'Ucraina
Il ricavato della vendita delle mele di San Nicolò quest'anno aiuterà il popolo ucraino. Lo ha annunciato monsignor Davide Milani in un passaggio della stimolante omelia pronunciata nel corso della messa solenne delle 18.30 dinnanzi ad una navata piena, come accade ormai solo in occasioni particolari come appunto la festa patronale, quando anche la laboriosa Lecco si ferma per celebrare coralmente una figura - venerata da cattolici e ortodossi – che ha varcato il suo tempo, incarnando valori come quelli della carità e della giustizia sociale.
In prima fila le autorità cittadine, con il sindaco Mauro Gattinoni in fascia tricolore “scortato” da numerosi membri della sua Giunta e del Consiglio comunale ed affiancato poi dal Prefetto Sergio Pomponio, dalla Presidente della Provincia Alessandra Hofmann e dai vertici delle forze dell'ordine nonché da personalità di rilievo della società civile, a cominciare dal numero uno di Confindustria Plinio Agostoni. Sull'altare, con il prevosto, i sacerdoti della Comunità Pastorale Madonna del Rosario e delle altre parrocchie lecchesi. Tra i numerosi prodigi compiuti da colui il quale Bari celebra come San Nicola e noi chiamiamo – come Venezia – San Nicolò, don Davide ha scelto quale spunto per la predica di questo 6 dicembre quello del grano. Il Vescovo di Mira, per sfamare la popolazione stremata dalla carestia, chiese e insistendo ottenne di poter avere parte di un carico destinato ai funzionari incaricati alla riscossione in natura delle tasse, assicurando ai marinai che si lasciarono impietosire che, una volta arrivati a destinazione avrebbero trovato le stive nuovamente piene. “Non ne mancherà”. E così fu. Ma non solo: il grano scaricato dalle navi che, vista la necessità di Mira, avrebbe potuto durare solo qualche giorno, bastò per mesi e mesi, fino alla mietitura successiva.
Un prodigio servito al celebrante per ricordare da una parte come fede, dedizione, capacità di mediazione e di vedere i bisogni, attenzione alle condizioni dei deboli e soprattutto dei bambini sono le caratteristiche che hanno reso popolare San Nicolò e dall'altro per sottolineare – arrivando dritto all'oggi - come guerre e carestie non accadono per caso, con la riconferma che arriva proprio dall'Ucraina dove “c'è chi sta esercitando violenza e ingiustizia”. “Il male che genera il male”. Le azioni insane di pochi che fanno soffrire molti. Non è però – ha sottolineato il prevosto – un problema solo dei grandi del mondo. “Interessa anche noi, nelle nostre azioni. Spesso non ci rendiamo conto della scia di dolore che generano. Come rendercene conto?”. L'esame di coscienza quotidiano, quale “strumento per rileggere la nostra vita e agire in modo nuovo”, la risposta.
Occorre però superare anche quel disinteresse dilagante, quel “non tocca a me” che siamo portati a dirci. “Fu così anche per il giovane ricco del Vangelo”, ha proseguito monsignor Milani, citando il brano letto poco prima, quello del fedele che, già rispettoso dei comandamenti, chiese a Gesù cosa doveva fare per avere la vita eterna e rimase deluso nel sentirsi dire “Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi”.
“La santità per lui era una prestazione (..). Gesù ribalta la logica. La salvezza non si conquista per le prestazioni. Nicolò è santo per aver seguito Gesù, non per i suoi prodigi. La santità sta nel riflettere il valore di Dio” ha affermato don Davide, indicando la “nostra tranquillità personale” quale quella ricchezza di cui noi oggi, come il giovane del Vangelo, non siamo disposti a rinunciare. Siamo cioè propensi a pensare agli affari nostri. “Dobbiamo invece abbracciare la logica dell'intercessione”, l'esortazione arrivata dalla guida della Comunità Pastorale. “Nicolò intercede per il popolo affamato”. Intercedere è quindi il mettersi di mezzo, operare per chi ha bisogno. Noi invece siamo più portati a delegare, alle Istituzioni come alla Chiesa, che attraverso i servizi arrivano agli ultimi. Ciò non è sbagliato. “Il bene va fatto bene, è vero” ha ammesso il don, ringraziando chi con il suo agire, spesso silenzioso, porta sollievo dove necessario, rivendicando altresì più stima per chi si occupa di assistenza sanitaria e sociale per poi spronare i lecchesi, nonostante le incertezza dei bilanci famigliari, a continuare a essere generosi come tradizionalmente lo sono sempre stati, rendendo possibile il concretizzarsi di opere come la Casa della Carità ormai prossima all'apertura.
Occorre però “l'impegno responsabile di tutti”, “dobbiamo agire in prima persona con compassione (…). Tutti – la chiosa – dobbiamo intercedere, interrompendo la catena del male, del non interessa a me”. Da cristiani, “attendiamo il giorno di giustizia, compiendo opere sante”.
Un messaggio non banale. Un “buon San Nicolò” che richiede impegno.
A.M.