Da Bonacina la richiesta di aiuto di Bollini: in Kenya la situazione è 'fuori controllo, abbiamo estremo bisogno di aiuto'
La Parrocchia di Bonacina a Lecco, mercoledì ha ospitato l’incontro di aggiornamento per i SaD (Sostegni a Distanza) del Progetto Sololo, una corale alleanza di più associazioni (Mondeco Onlus di Ilaria Spinelli, A força da partilha di Don Marco Tenderini e CIPAD NGO nel distretto di Sololo) impegnate a rispondere alla richiesta d’aiuto della popolazione di un villaggio nel nord del Kenya abitato principalmente da nomadi Borana che ormai in uno stato di povertà ,“se non di estrema povertà”.
L’incontro è stato presentato da Don Marco Tenderini che ha introdotto il Dottor Pino Bollini, ideatore del progetto che, dal 2004, viene portato avanti nel Corno d’Africa.
“Aiutiamoli a casa loro” o meglio, “aiutiamoli ad aiutarli ad aiutarsi” è lo slogan che capeggia il sito del CIPAD. Un motto che la politica nostrana ha “rubato” platealmente (con altro intento) ma che Pino – come il dottor Bollini vorrebbe essere semplicemente chiamato, usò fin dall’85, quando iniziò a interessarsi alle questioni umanitarie: “difendiamo le persone, non i confini. Globalizziamo la povertà, che vuol dire: diventiamo meno ricchi per aiutare gli altri” aggiunge lui.
Il progetto sostiene in via diretta 300 bambini orfani e/o vulnerabili, ospitati in una rete famigliare allargata nel villaggio di Sololo, all’interno di un quartiere denominato Obbitu Children. Oltre a loro, sotto l’ala protettiva di Pino e del CIPAD, anche 72 studenti delle scuole superiori, 2 universitari e 27 anziani. Le donazioni fatte dall’Italia tramite Mondeco e A força da partilha vanno a confluirsi proprio in questo quartiere.
“I cambiamenti climatici stanno portando al fallimento le stagioni delle piogge. Negli ultimi quattro anni, le piogge sono state poche e a macchia di leopardo” spiega Bollini. La realtà di oggi a Sololo è disastrosa e desta molta preoccupazione. “La siccità – infatti – genera una catena distruttiva che parte dalla moria del bestiame e arriva alla desertificazione geografica e sociale, anche del commercio”. Un effetto domino destabilizzante che porta all’autentica rovina di Sololo.
Se infatti mancano le piogge, i bacini idrici da cui solitamente uomini e animali attingono si svuotano, e così la poca acqua che rimane – spesso stantia e male odorante – viene usata solo per bere; al bestiame rimane poco o nulla, e soprattutto manca l’acqua per il fieno, indispensabile agli animali che di conseguenza cadono come mosche. Con la moria dell’allevamento arrivano poi tutte le conseguenze a medio-lungo termine sull’Uomo: carenza di cibo (soprattutto latte), carenza di bestiame e quindi minore possibilità di recupero nei prossimi anni. Sì, perché se gli allevamenti iniziano a svuotarsi, anche con l’arrivo delle piogge e il ritorno alla normale attività di pastorizia, serve tempo affinché una mandria si ricostituisca, tempo che però i Borana non hanno.
“Serve (dunque) un aiuto immediato, c’è bisogno che il SaD non si fermi soprattutto in questo difficile periodo” sentenzia Pino. Anche perché “il 93% della popolazione rischia di rimanere senza cibo”, con la mancanza di acqua e la morte degli animali, infatti, i commercianti a sud del Kenya, zona decisamente più ricca rispetto al nord del Paese, che vendevano fieno e beni di prima necessità a Sololo, non si fanno più vedere. Ed è per questo che “non c’è più commercio a Sololo. L’unico sostegno che possono avere siamo noi”.
Per questo il SaD, anche di qualche euro, è essenziale per permettere al Progetto Sololo di aiutarli (ad aiutarsi) concretamente. E lo stesso Pino, cambiando un po’ i toni dal malinconico all’acceso, sostiene: “le cifre, che sono per loro proibitive, per noi sono ancora accessibili: con soli cinque euro possiamo fare veramente la differenza.”
E a chi chiede “in queste cose non si sa mai che destino hanno le donazioni, dove vanno a finire i miei soldi?”, l’ex medico del pronto soccorso del Mandic risponde: “aiutando concretamente ognuno di loro, acquistando quello che gli serve di più in quel momento. Che sia una zanzariera o vestiario.” Ogni euro donato tramite il SaD al Progetto Sololo passa, infatti, attraverso un rigido sistema di controllo in cui gli stessi anziani del villaggio (che fanno parte del già citato CIPAD), congiuntamente a Pino e all’associazione Mandeco Onlus, decidono come investirlo. “Agli abitanti di Sololo non viene dato uno stipendio sulla base delle donazioni, non ha senso. Ha più senso che voi (donatori ndr) vi fidiate di noi che sappiamo quali sono i loro bisogni.” Questo anche per evitare una dispersione del denaro donato, che in un contesto di estrema povertà rischia di cadere nelle mani degli opportunisti.
“Noi – conclude Bollini – vogliamo dare un reale futuro ai bambini di Sololo, e lo facciamo sostenendoli nelle attività quotidiane ma garantendogli anche un futuro dignitoso. Uno di quei bambini ora è medico, e il governo kenyota lo ha mandato a Cuba per specializzarsi nell’ambito chirurgico. Tutto questo è solo grazie a voi!” Aldilà dei servizi pubblicitari strazianti trasmessi sulle tv nazionali, aldilà dell’industria della carità fatta di immagini dei bambini malnutriti che, secondo Pino Bollini, “si tingono di una sfumatura sado-masochistica”, il Progetto Sololo intende seriamente trovare una via di contrasto alla povertà dilagante di chi non riesce a chiedere aiuto da solo.
Una povertà causata tra l’altro dalle azioni geopolitiche degli Stati. Ma soprattutto causata dalle azioni maldestre e ignoranti dell’Uomo, forza motrice della crisi climatica: un problema globale che da noi, in Italia, sta iniziando pian piano a mostrarsi, ma che in luoghi come Sololo è già la realtà quotidiana.
Per sostenere il Progetto Sololo e per maggiori informazioni: www.sololo.eu
L’incontro è stato presentato da Don Marco Tenderini che ha introdotto il Dottor Pino Bollini, ideatore del progetto che, dal 2004, viene portato avanti nel Corno d’Africa.
“Aiutiamoli a casa loro” o meglio, “aiutiamoli ad aiutarli ad aiutarsi” è lo slogan che capeggia il sito del CIPAD. Un motto che la politica nostrana ha “rubato” platealmente (con altro intento) ma che Pino – come il dottor Bollini vorrebbe essere semplicemente chiamato, usò fin dall’85, quando iniziò a interessarsi alle questioni umanitarie: “difendiamo le persone, non i confini. Globalizziamo la povertà, che vuol dire: diventiamo meno ricchi per aiutare gli altri” aggiunge lui.
Don Marco e Pino Bollini
Il Progetto Sololo è una realtà di tutto rispetto e di grande vanto nel territorio lecchese. In quasi vent’anni di attività ha permesso a un intero villaggio la sopravvivenza in un luogo dilaniato e reso povero “dall’uomo, con le sue azioni violente, ciniche e menefreghiste”. Sololo è infatti posizionato nell’estremo nord dello stato kenyota, al confine con l’Etiopia (un confine che, ci fa notare Pino, prima non esisteva e garantiva maggiore libertà alle popolazioni nomadi); si trova nella regione del Marsabit, una zona isolatissima, collegata solo da una strada che è stata asfaltata per la prima volta nel 2017, con un clima semi-arido e contrapposta alla “Città verde al sole”, ovvero Nairobi, contesto decisamente diverso.Il progetto sostiene in via diretta 300 bambini orfani e/o vulnerabili, ospitati in una rete famigliare allargata nel villaggio di Sololo, all’interno di un quartiere denominato Obbitu Children. Oltre a loro, sotto l’ala protettiva di Pino e del CIPAD, anche 72 studenti delle scuole superiori, 2 universitari e 27 anziani. Le donazioni fatte dall’Italia tramite Mondeco e A força da partilha vanno a confluirsi proprio in questo quartiere.
“I cambiamenti climatici stanno portando al fallimento le stagioni delle piogge. Negli ultimi quattro anni, le piogge sono state poche e a macchia di leopardo” spiega Bollini. La realtà di oggi a Sololo è disastrosa e desta molta preoccupazione. “La siccità – infatti – genera una catena distruttiva che parte dalla moria del bestiame e arriva alla desertificazione geografica e sociale, anche del commercio”. Un effetto domino destabilizzante che porta all’autentica rovina di Sololo.
Se infatti mancano le piogge, i bacini idrici da cui solitamente uomini e animali attingono si svuotano, e così la poca acqua che rimane – spesso stantia e male odorante – viene usata solo per bere; al bestiame rimane poco o nulla, e soprattutto manca l’acqua per il fieno, indispensabile agli animali che di conseguenza cadono come mosche. Con la moria dell’allevamento arrivano poi tutte le conseguenze a medio-lungo termine sull’Uomo: carenza di cibo (soprattutto latte), carenza di bestiame e quindi minore possibilità di recupero nei prossimi anni. Sì, perché se gli allevamenti iniziano a svuotarsi, anche con l’arrivo delle piogge e il ritorno alla normale attività di pastorizia, serve tempo affinché una mandria si ricostituisca, tempo che però i Borana non hanno.
“Serve (dunque) un aiuto immediato, c’è bisogno che il SaD non si fermi soprattutto in questo difficile periodo” sentenzia Pino. Anche perché “il 93% della popolazione rischia di rimanere senza cibo”, con la mancanza di acqua e la morte degli animali, infatti, i commercianti a sud del Kenya, zona decisamente più ricca rispetto al nord del Paese, che vendevano fieno e beni di prima necessità a Sololo, non si fanno più vedere. Ed è per questo che “non c’è più commercio a Sololo. L’unico sostegno che possono avere siamo noi”.
Per questo il SaD, anche di qualche euro, è essenziale per permettere al Progetto Sololo di aiutarli (ad aiutarsi) concretamente. E lo stesso Pino, cambiando un po’ i toni dal malinconico all’acceso, sostiene: “le cifre, che sono per loro proibitive, per noi sono ancora accessibili: con soli cinque euro possiamo fare veramente la differenza.”
E a chi chiede “in queste cose non si sa mai che destino hanno le donazioni, dove vanno a finire i miei soldi?”, l’ex medico del pronto soccorso del Mandic risponde: “aiutando concretamente ognuno di loro, acquistando quello che gli serve di più in quel momento. Che sia una zanzariera o vestiario.” Ogni euro donato tramite il SaD al Progetto Sololo passa, infatti, attraverso un rigido sistema di controllo in cui gli stessi anziani del villaggio (che fanno parte del già citato CIPAD), congiuntamente a Pino e all’associazione Mandeco Onlus, decidono come investirlo. “Agli abitanti di Sololo non viene dato uno stipendio sulla base delle donazioni, non ha senso. Ha più senso che voi (donatori ndr) vi fidiate di noi che sappiamo quali sono i loro bisogni.” Questo anche per evitare una dispersione del denaro donato, che in un contesto di estrema povertà rischia di cadere nelle mani degli opportunisti.
“Noi – conclude Bollini – vogliamo dare un reale futuro ai bambini di Sololo, e lo facciamo sostenendoli nelle attività quotidiane ma garantendogli anche un futuro dignitoso. Uno di quei bambini ora è medico, e il governo kenyota lo ha mandato a Cuba per specializzarsi nell’ambito chirurgico. Tutto questo è solo grazie a voi!” Aldilà dei servizi pubblicitari strazianti trasmessi sulle tv nazionali, aldilà dell’industria della carità fatta di immagini dei bambini malnutriti che, secondo Pino Bollini, “si tingono di una sfumatura sado-masochistica”, il Progetto Sololo intende seriamente trovare una via di contrasto alla povertà dilagante di chi non riesce a chiedere aiuto da solo.
Una povertà causata tra l’altro dalle azioni geopolitiche degli Stati. Ma soprattutto causata dalle azioni maldestre e ignoranti dell’Uomo, forza motrice della crisi climatica: un problema globale che da noi, in Italia, sta iniziando pian piano a mostrarsi, ma che in luoghi come Sololo è già la realtà quotidiana.
Per sostenere il Progetto Sololo e per maggiori informazioni: www.sololo.eu
A.Mar.