Lecco, Immagimondo: cultura e territorio, riflessione sull'esperienza di tre festival

L’esperienza bellanese di “Archivivitali” a confronto con il festival valtellinese “Ambria jazz” e con la milanese “Book City”. Tre iniziative: piccola per quanto d’altissimo livello artistico quella lariana, con un raggio geografico un po’ più allargato la seconda e praticamente colossale per numero di eventi quella meneghina. Eppure tutte testimonianza di come la cultura abbia ricadute economiche e culturali sul territorio di riferimento.
«Anni fa – si leggeva nella presentazione dell’incontro tenutosi domenica a Lecco – un ministro della Repubblica disse che con la cultura non si mangia. Le statistiche dicono che con la cultura, fatta bene, si mangia. La cultura, specie nella forma sfaccettata dei festival, è invece ottimo volano per uno sviluppo sostenibile dei piccoli territori, per farli conoscere, per andare oltre le sagre e produrre occasioni di incontro, confronto e crescita».



L’incontro era inserito nel programma del primo fine settimana di “Immagimondo”, la rassegna di viaggi (e ormai non soltanto) che da 25 anni è promossa dall’associazione “Les Cultures”. Chiamati a discutere del tema erano Velasco Vitali, pittore e scultore nonché responsabile dei progetti espositivi di “Archivivitali”; Giovanni Busetto, direttore artistico di Ambria Jazz; Oliviero Ponte di Pino e Giulia Alonzo per Book City; a condurre, Noemi Satta, esperta di progetti di partecipazione per aziende e comunità territoriali.



Innanzitutto, vanno spiegate le tre iniziative. “Ambria Jazz” prende il nome da Ambria, che è una frazione di Piateda, piccolo Comune alle porte di Sondrio, e che giocando sull’assonanza con lo storico festival di “Umbria Jazz”, da una ventina d’anni organizza una serie di appuntamenti musicali estivi in diverse località della Valtellina con qualche sconfinamento nella svizzera Poschiavo; “Book City” è invece la kermesse che da circa un decennio propone un lungo fine settimana dedicato alle presentazioni di libri disseminate per la città, tra centro e periferia, in sedi diversissime, arrivando anche a stilare un programma di 160 proposte complessive. Infine, “Archivivitali” che lo stesso Velasco racconta così: «Bellano ha già lo scrittore Andrea Vitali che è il miglior tour operator del paese. Arrivano torpedoni di curiosi a vedere se i luoghi dei suoi romanzi davvero esistono. A parte questo, nel programma elettorale del sindaco (Antonio Rusconi, ndr.) c’era la volontà di valorizzare e rivalutare gli artisti locali. Da parte mia, c’era da scendere dal “basello” (il piedistallo) per dare una mano a un territorio fino a quel momento inchiodato. Il progetto Archivivitali è nato così. Con l’intento di pensare al territorio come a una fonte inesauribile di risorse, togliendo la polvere e le croste che si erano depositate negli anni. Mettendo così a confronto il passato con le nuove possibilità. Attraverso incontri con gli autori, il cinema, le mostre…». «La regola – ha proseguito Vitali – è quella di non fare vetrina, non avere la presunzione di volerci confrontare con altre iniziative magari più attrezzate. E in questo modo fare esplodere quell’economia che abbiamo nel cervello, facendo cose importanti anche per chi abita e facendo conoscere le origini del territorio».


Olivero Ponte di Pino e Giulia Alonzo

Si generano così occasioni che aprono grandi prospettive: «I festival – ha infatti spiegato Ponte di Pino – consentono di avvicinare la cultura alle persone, anche a quelle che non la frequentano. “Book City”, per esempio, invade la città, fa cambiare la percezione dei luoghi. Lo stesso coinvolgimento dei volontari ha effetti interessanti sul lungo periodo perché convince molti giovani che gli incontri culturali non siano poi così noiosi come sembra».
«E i risultati sono impressionanti – il commento di Vitali -: vedo persone che si emozionano» come testimoniato anche da Busetto che ha raccontato come una sera, al termine di un concerto di bandoneon (una sorta di fisarmonica un tempo suonata nelle chiese che non potevano permettersi l’organo), «una donna, umile, una contadina, è venuta ad abbracciarmi, ringraziandomi, perché davvero si era emozionata…».


Giovanni Busetto, Noemi Satta e Velasco Vitali

I festival, le rassegne culturale, sono così iniziative utili a «riattivare i luoghi» come ha detto Ponte di Pino, che con Alonzi ha pubblicato una vera e propria guida (“In giro per festival. Guida nomade agli eventi culturali”, editrice Altreconomia). Ne sono stati censiti 1278 in tutta, dei quali 143 in Lombardia che è la regione con il più alto numero di iniziative, la provincia di Lecco ne ha 7. Al netto dei danni fatti dalla pandemia che è stata devastante per il settore turistico e quello culturale: nei due anni di virus dilagante, sono "morti" 300 festival, mentre 150 si sono spostati online anche se poi, appena possibile, sono tornati a svolgersi in presenza (solo una ventina è rimasta su internet). Però, sono nati anche 80 nuovi “marchi”, 50 dei quali in paesi con meno di 5mila abitanti. Perché sono occasione per rilanciare il turismo culturale. «Festival – è stato detto – contiene in sé la parola festa ed è importante perché significa ritualità, fa ritrovare le persone, le fa avvicinare perché le feste piacciono a tutti». E sono occasione – la sottolineatura di Alonzi – per alimentare nuovi desideri. Perché è sbagliato chiedere alle persone cosa vogliono: ti risponderebbero con cose che già conoscono. E invece bisogna proporre cose nuove, che diventano così stimolo e spunto, occasione di crescita culturale.
E poi c’è l’indotto economico, quello di bar, ristoranti e alberghi, naturalmente. Ma anche un nuovo movimento, addirittura una crescita demografica: «A Bellano – ha spiegato Velasco Vitali – ci sono stranieri che hanno deciso di comprare casa, di fermarsi lì. Il mercato immobiliare ha fatto registrare punti di crescita, E anche la demografia è in positivo».
D.C.
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