In viaggio a tempo indeterminato/249: un elefante nella stanza
Viaggiando mi sono accorta che ogni singolo Paese ha il suo "elefante nella stanza".
Si tratta di quelle questioni spinose che non puoi non notare, anche se preferiresti volentieri non venirne mai a conoscenza.
Possono essere regole assurde da seguire, comportamenti che sembrano senza logica, modi di agire anacronistici o semplicemente problemi così grandi da andare a modificare l'immagine generale del Paese.
Ci sono Paesi in cui di questi elefanti si può parlare apertamente, si possono criticare, cercare di capire e magari persino dargli un nome.
Penso ad esempio al sistema delle caste in India per cui se un individuo nasce in una determinata casta non può mai aspirare a migliorare la sua posizione. Quindi se nasci nella casta degli intoccabili, il gradino più basso della società indiana, sei destinato a fare lavori umili e degradanti e non potrai mai cambiare il tuo destino.
Oppure penso al Giappone che ha reso legale, e quindi legittimato, lavorare fino a 80 ore di straordinari al mese, con estensione anche a 100 se necessario, in un Paese dove moltissime persone muoiono di "eccesso di lavoro".
Dall'altra parte del mondo come non ricordare leggi assurde sul possesso di armi che portano a stragi nelle scuole che le notizie riportano costantemente. Oppure società che mettono ai margini ed escludono le persone, tanto che persino isole da sogno come le Hawaii hanno spiaggie occupate da centinaia di migliaia di senzatetto.
Questi elefanti sono lì, imponenti e fastidiosi.
Non puoi non notarli quando fai un viaggio in questi Paesi, ma magari puoi chiudere un occhio (a volte due!) goderti l'avventura e poi pensarci se leggi una notizia su qualche quotidiano.
Nella maggior parte dei casi, non influenzano negativamente un viaggio in quella destinazione, soprattutto se breve.
Restano uno sfondo che a tratti può anche incuriosire e affascinare.
Diverso è però se si va un po' più a fondo, magari passando del tempo con le persone del posto o semplicemente provando a vivere come un abitante di quel luogo.
Lì l'elefante diventa ingombrante e spesso soffocante.
Di questi pachidermi, però, si può parlare più o meno apertamente.
Quindi è facile analizzarli, criticarli e descriverli anche se è sempre complicato comprenderli e raccontarli.
Ci sono però altri elefanti di cui non si può parlare così "serenamente", soprattutto mentre si è ospiti di quel determinato Paese.
Se ne percepisce il peso, ci si sente ancora più impotenti e leggendo certe notizie si viene sopraffatti da emozioni contrastanti.
In certi Paesi è difficile capire cosa si può fare e non, cosa va contro le regole e cosa le rispetta.
È per questo che oggi, in questo articolo in cui avrei voluto dire molto di quello che sta succedendo in questi giorni nel Paese in cui ci troviamo, mi limiterò a riportare i fatti e la storia del perché oggi qui quel famoso gigantesco elefante indossa anche il velo.
L'hijab è il velo islamico utilizzato dalle donne musulmane per coprire il capo e il collo. Questo tipo di velo, completamente diverso dal burqa (che copre anche il viso e tutto il corpo) o il niqab (che lascia scoperti solo gli occhi), adempie alle norme minime di velatura sancite dalla giurisprudenza islamica.
Va precisato che però non è stato l'Islam a introdurre il velo, dato che la sua comparsa risale a molti anni prima.
Già nel 1100 a.C. in Mesopotamia, una legge imponeva l'uso del velo alle donne sposate.
Stessa cosa ai tempi degli antichi Greci, tanto che se ne parla addirittura nell'Iliade.
L'utilizzo del velo da parte delle donne era pratica comune in tutte le zone del Mediterraneo e non era quindi legato a una specifica religione, dato che era diffuso anche nel cristianesimo e nell'ebraismo.
Il suo scopo principale era quello di segnare differenze sociali, indicare donne a cui si doveva portare un certo rispetto, distinguere tra credenti e non.
Con l'avvento dell'Islam, l'hijab è diventato la manifestazione di una condotta di vita in linea con la modestia e pietà indicate nel Corano.
Ad oggi, sono moltissime le donne nel mondo che scelgono di indossare l'hijab proprio per questo motivo e per sottolineare la loro fede, cultura e identità.
In alcuni Paesi europei indossarlo è vietato, anche se la maggior parte delle norme si riferiscono al burqa più che all'hijab.
Ci sono invece solo due Paesi al mondo dove il velo è obbligatorio per tutte le donne, indipendentemente dal loro credo religioso: l'Iran e l'Afghanistan.
Nel primo, in particolare, dopo la rivoluzione islamica del 1979, l'hijab è diventato obbligatorio in pubblico per tutte le donne e bambine dai 9 anni in su. La scelta è stata fatta anche per segnare un taglio netto rispetto al passato monarchico che aveva invece vietato l'utilizzo del velo.
Una questione quindi complessa, portata alla ribalta dalle news degli ultimi giorni ma che non è iniziata ieri e non finirà domani.
Un enorme elefante insomma.
E il problema degli elefanti sai quale è? È che per quanto uno cerchi di non notarli, sono lì, in mezzo alla stanza.
E gli basta un piccolissimo movimento per mandare in frantumi quanto di meraviglioso hanno attorno.
Si tratta di quelle questioni spinose che non puoi non notare, anche se preferiresti volentieri non venirne mai a conoscenza.
Possono essere regole assurde da seguire, comportamenti che sembrano senza logica, modi di agire anacronistici o semplicemente problemi così grandi da andare a modificare l'immagine generale del Paese.
Ci sono Paesi in cui di questi elefanti si può parlare apertamente, si possono criticare, cercare di capire e magari persino dargli un nome.
Penso ad esempio al sistema delle caste in India per cui se un individuo nasce in una determinata casta non può mai aspirare a migliorare la sua posizione. Quindi se nasci nella casta degli intoccabili, il gradino più basso della società indiana, sei destinato a fare lavori umili e degradanti e non potrai mai cambiare il tuo destino.
Oppure penso al Giappone che ha reso legale, e quindi legittimato, lavorare fino a 80 ore di straordinari al mese, con estensione anche a 100 se necessario, in un Paese dove moltissime persone muoiono di "eccesso di lavoro".
Dall'altra parte del mondo come non ricordare leggi assurde sul possesso di armi che portano a stragi nelle scuole che le notizie riportano costantemente. Oppure società che mettono ai margini ed escludono le persone, tanto che persino isole da sogno come le Hawaii hanno spiaggie occupate da centinaia di migliaia di senzatetto.
Questi elefanti sono lì, imponenti e fastidiosi.
Non puoi non notarli quando fai un viaggio in questi Paesi, ma magari puoi chiudere un occhio (a volte due!) goderti l'avventura e poi pensarci se leggi una notizia su qualche quotidiano.
Nella maggior parte dei casi, non influenzano negativamente un viaggio in quella destinazione, soprattutto se breve.
Restano uno sfondo che a tratti può anche incuriosire e affascinare.
Diverso è però se si va un po' più a fondo, magari passando del tempo con le persone del posto o semplicemente provando a vivere come un abitante di quel luogo.
Lì l'elefante diventa ingombrante e spesso soffocante.
Di questi pachidermi, però, si può parlare più o meno apertamente.
Quindi è facile analizzarli, criticarli e descriverli anche se è sempre complicato comprenderli e raccontarli.
Ci sono però altri elefanti di cui non si può parlare così "serenamente", soprattutto mentre si è ospiti di quel determinato Paese.
Se ne percepisce il peso, ci si sente ancora più impotenti e leggendo certe notizie si viene sopraffatti da emozioni contrastanti.
In certi Paesi è difficile capire cosa si può fare e non, cosa va contro le regole e cosa le rispetta.
È per questo che oggi, in questo articolo in cui avrei voluto dire molto di quello che sta succedendo in questi giorni nel Paese in cui ci troviamo, mi limiterò a riportare i fatti e la storia del perché oggi qui quel famoso gigantesco elefante indossa anche il velo.
Fonte: www.feminasblog.com
L'hijab è il velo islamico utilizzato dalle donne musulmane per coprire il capo e il collo. Questo tipo di velo, completamente diverso dal burqa (che copre anche il viso e tutto il corpo) o il niqab (che lascia scoperti solo gli occhi), adempie alle norme minime di velatura sancite dalla giurisprudenza islamica.
Va precisato che però non è stato l'Islam a introdurre il velo, dato che la sua comparsa risale a molti anni prima.
Già nel 1100 a.C. in Mesopotamia, una legge imponeva l'uso del velo alle donne sposate.
Stessa cosa ai tempi degli antichi Greci, tanto che se ne parla addirittura nell'Iliade.
L'utilizzo del velo da parte delle donne era pratica comune in tutte le zone del Mediterraneo e non era quindi legato a una specifica religione, dato che era diffuso anche nel cristianesimo e nell'ebraismo.
Il suo scopo principale era quello di segnare differenze sociali, indicare donne a cui si doveva portare un certo rispetto, distinguere tra credenti e non.
Con l'avvento dell'Islam, l'hijab è diventato la manifestazione di una condotta di vita in linea con la modestia e pietà indicate nel Corano.
Ad oggi, sono moltissime le donne nel mondo che scelgono di indossare l'hijab proprio per questo motivo e per sottolineare la loro fede, cultura e identità.
In alcuni Paesi europei indossarlo è vietato, anche se la maggior parte delle norme si riferiscono al burqa più che all'hijab.
Ci sono invece solo due Paesi al mondo dove il velo è obbligatorio per tutte le donne, indipendentemente dal loro credo religioso: l'Iran e l'Afghanistan.
Nel primo, in particolare, dopo la rivoluzione islamica del 1979, l'hijab è diventato obbligatorio in pubblico per tutte le donne e bambine dai 9 anni in su. La scelta è stata fatta anche per segnare un taglio netto rispetto al passato monarchico che aveva invece vietato l'utilizzo del velo.
Una questione quindi complessa, portata alla ribalta dalle news degli ultimi giorni ma che non è iniziata ieri e non finirà domani.
Un enorme elefante insomma.
E il problema degli elefanti sai quale è? È che per quanto uno cerchi di non notarli, sono lì, in mezzo alla stanza.
E gli basta un piccolissimo movimento per mandare in frantumi quanto di meraviglioso hanno attorno.
Angela (e Paolo)