'Il gatto con gli occhi verdi': in un libro l'operazione segreta sul Lario nel 1945
“Il gatto con gli occhi verdi”. Così era siglata l’operazione segreta che intorno al 25 aprile 1945 doveva avvenire nel territorio lariano, variamente compreso dalla pianura brianzola alle prime propaggini della Vallassina, non dimenticando il ramo lecchese del lago: è quanto si può leggere nell’interessante pubblicazione di storia della Liberazione dal titolo “Il gatto ha gli occhi verdi”, dovuta ad Antonio Allori, lo pseudonimo usato da Paolo Ceruti, milanese di nascita, che risiede da anni a Magreglio dove è stato sindaco.
Il volume recentissimo di oltre 300 pagine pone in particolare risalto un’operazione segreta che doveva svolgersi appunto nei giorni di fine aprile 1945, contrassegnata dalla parola d’ordine “Il gatto ha gli occhi verdi”. Quali erano i contenuti e i contorni? Mussolini, dopo aver lasciato Milano, aveva ripiegato su Como e sulla zona lariana, dimostrando però notevoli incertezze sul percorso da seguire, anche verso il “ridotto alpino”, ultima trincea della difesa RSI in provincia di Sondrio.
A pagina 292 si può, infatti, leggere: “All’alba del 26 era atterrato, come convenuto, una Cicogna catturata ai tedeschi, che poteva portare due persone. Ne discese il pilota, un giovanottone americano che consegnò una busta sigillata, dove trovai un lasciapassare a firma del comando alleato. Ero all’ex convalescenziario, quando vidi arrivare don Bricchi sulla sua moto-carrozzella. Una telefonata dall’Arcivescovado gli aveva chiesto di avvertirmi che era stato sospeso tutto”.
Il libro aggiunge: “Il prete saltò sulla moto-carrozzella e mi salutò con un arrivederci; tornai a piazza Dorella e comunicai al pilota il fermo. Prima di decollare mi regalò una divisa e un basco blu con una bandierina italiana, ma messa in orizzontale, e il suo sacco a pelo che conservo ancora [...]. Quale era la destinazione? La Svizzera, dove il duce avrebbe trovato ad attenderlo uomini dello spionaggio USA per portarlo alla loro ambasciata: in cambio avrebbe dovuto consegnare documenti super segreti”.
Nei documenti della missione USA Dick Ciliegio Lazzarini, paracadutata nottetempo ai Resinelli nel febbraio 1945 e attesa da un gruppo di rocciatori guidati dal famoso Riccardo Cassin, si può leggere quanto segue: “Nelle giornate lecchesi della Liberazione, Lazzarini scrive di un telegramma del generale Clark, che chiedeva l’immediato intervento della missione Dick Ciliegio presso Mussolini per la sua resa alle truppe USA. Mussolini, secondo quanto riferisce Lazzarini, avrebbe dovuto lasciare Como su un’autoambulanza di Erba, raggiungere Lecco e poi Mandello Lario dove, con le squadre di fabbrica della Moto Guzzi, sarebbe salito su un idrovolante per destinazione Sud”. Lazzarini scrive che appena ricevuto il telegramma di Clark lasciò l’abitazione Dell’Era-Gerosa dove era nascosto in via Galandra, nel quartiere lecchese di Castello, per raggiungere Lecco centro e tentare di avviare l’operazione segreta che non decollò soprattutto per un mancato punto di riferimento operativo indicato presso “Il duomo di Lecco” non meglio precisato”
Entra in scena a questo punto, su strade diverse ma parallele, anche l’operazione del dott. Salvatore Guastoni, funzionario amministrativo della Vismara di Casatenovo, che avrebbe avuto l’incarico dagli americani di “recuperare” Mussolini, appoggiato dagli agenti CIA che operavano sul confine elvetico verso le valli lariane. Guastoni lascerà la cittadina brianzola nel dopoguerra; è morto a Milano nel 1964. Alcuni documenti definiscono importante il suo ruolo per avere il duce da consegnare agli americani. Diversi testimoni riferiscono la presenza di Guastoni in prefettura a Como nelle ore più convulse, dove si intrecciano tra sale e corridoi esponenti dell’una e dell’altra parte.
Nel volume di oltre 500 pagine “L’ora di Dongo”, di Alessandro Zanella, si può trovare un tentativo di interpretazione della presumibile fuga in Svizzera, con l’arrivo del duce a meno di dieci chilometri dal confine elvetico. Lo storico Marino Viganò, che ha collaborato con l'autore, ha scritto che le ore passate a Grandola da Mussolini sono le più controverse delle giornate estreme della RSI.
Nel quadro complesso intorno a Como e sulle sponde lariane si possono consultare i servizi apparsi nel marzo 1993 sul quotidiano “La Provincia” di Como e di Lecco circa il tentativo di espatrio del Duce attraverso la Val Rezzo. Risulta la testimonianza di don Nemesio Farina, nativo di Bosisio Parini, parroco di Buggiolo sopra Porlezza, a quasi 900 metri di quota. Venne intervistato anche il dott. Silvano Castelnuovo, classe 1932, nipote di don Nemesio, in quanto figlio della sorella Teresa, che nel 1993 era primario cardiologo dell’ospedale Sant’Anna di Como.
“Ricordo benissimo quel periodo – dichiarò Castelnuovo – e l’attesa segreta per l’arrivo del duce. La caserma di Grandola era stata rinforzata in quelle ore, toccando il numero di 100 militari. Teniamo conto che anche con la Guardia di Finanza la forza presente non è mai stata oltre i 30/40. Io ero sfollato, ragazzo di 13 anni, presso lo zio prete”.
Come noto il duce con il suo seguito si bloccò, invece, a Grandola, sulla strada da Menaggio a Porlezza. Perchè la colonna di Mussolini avrebbe imboccato quell'arteria viaria se non per immettersi nella diramazione verso Val Rezzo? Interrogativi che confermano come tentativi diversi erano in corso, come quello che affiora oggi dalle pagine dell’interessante volume di storia “Il gatto ha gli occhi verdi” di Antonio Allori, alias Paolo Ceruti, che conferma la sua attenzione verso l’alta Lombardia, lungo il Triangolo lariano, ma anche sui due rami del lago da Como a Lecco.
Il volume recentissimo di oltre 300 pagine pone in particolare risalto un’operazione segreta che doveva svolgersi appunto nei giorni di fine aprile 1945, contrassegnata dalla parola d’ordine “Il gatto ha gli occhi verdi”. Quali erano i contenuti e i contorni? Mussolini, dopo aver lasciato Milano, aveva ripiegato su Como e sulla zona lariana, dimostrando però notevoli incertezze sul percorso da seguire, anche verso il “ridotto alpino”, ultima trincea della difesa RSI in provincia di Sondrio.
In questa situazione di estrema agitazione emerge dalle pagine del libro un’operazione che avrebbe dovuto prelevare Mussolini a Erba, portarlo ad Asso e da quest’ultimo centro raggiungere “piazza” Dorella, pianoro che si eleva in direzione Nord, guardando a settentrione oltre la stazione ferroviaria Canzo-Asso; era la località di decollo della Cicogna.
Velivolo leggero tedesco noto come Cicogna
Il libro aggiunge: “Il prete saltò sulla moto-carrozzella e mi salutò con un arrivederci; tornai a piazza Dorella e comunicai al pilota il fermo. Prima di decollare mi regalò una divisa e un basco blu con una bandierina italiana, ma messa in orizzontale, e il suo sacco a pelo che conservo ancora [...]. Quale era la destinazione? La Svizzera, dove il duce avrebbe trovato ad attenderlo uomini dello spionaggio USA per portarlo alla loro ambasciata: in cambio avrebbe dovuto consegnare documenti super segreti”.
Nei documenti della missione USA Dick Ciliegio Lazzarini, paracadutata nottetempo ai Resinelli nel febbraio 1945 e attesa da un gruppo di rocciatori guidati dal famoso Riccardo Cassin, si può leggere quanto segue: “Nelle giornate lecchesi della Liberazione, Lazzarini scrive di un telegramma del generale Clark, che chiedeva l’immediato intervento della missione Dick Ciliegio presso Mussolini per la sua resa alle truppe USA. Mussolini, secondo quanto riferisce Lazzarini, avrebbe dovuto lasciare Como su un’autoambulanza di Erba, raggiungere Lecco e poi Mandello Lario dove, con le squadre di fabbrica della Moto Guzzi, sarebbe salito su un idrovolante per destinazione Sud”. Lazzarini scrive che appena ricevuto il telegramma di Clark lasciò l’abitazione Dell’Era-Gerosa dove era nascosto in via Galandra, nel quartiere lecchese di Castello, per raggiungere Lecco centro e tentare di avviare l’operazione segreta che non decollò soprattutto per un mancato punto di riferimento operativo indicato presso “Il duomo di Lecco” non meglio precisato”
Entra in scena a questo punto, su strade diverse ma parallele, anche l’operazione del dott. Salvatore Guastoni, funzionario amministrativo della Vismara di Casatenovo, che avrebbe avuto l’incarico dagli americani di “recuperare” Mussolini, appoggiato dagli agenti CIA che operavano sul confine elvetico verso le valli lariane. Guastoni lascerà la cittadina brianzola nel dopoguerra; è morto a Milano nel 1964. Alcuni documenti definiscono importante il suo ruolo per avere il duce da consegnare agli americani. Diversi testimoni riferiscono la presenza di Guastoni in prefettura a Como nelle ore più convulse, dove si intrecciano tra sale e corridoi esponenti dell’una e dell’altra parte.
Nel volume di oltre 500 pagine “L’ora di Dongo”, di Alessandro Zanella, si può trovare un tentativo di interpretazione della presumibile fuga in Svizzera, con l’arrivo del duce a meno di dieci chilometri dal confine elvetico. Lo storico Marino Viganò, che ha collaborato con l'autore, ha scritto che le ore passate a Grandola da Mussolini sono le più controverse delle giornate estreme della RSI.
Nel quadro complesso intorno a Como e sulle sponde lariane si possono consultare i servizi apparsi nel marzo 1993 sul quotidiano “La Provincia” di Como e di Lecco circa il tentativo di espatrio del Duce attraverso la Val Rezzo. Risulta la testimonianza di don Nemesio Farina, nativo di Bosisio Parini, parroco di Buggiolo sopra Porlezza, a quasi 900 metri di quota. Venne intervistato anche il dott. Silvano Castelnuovo, classe 1932, nipote di don Nemesio, in quanto figlio della sorella Teresa, che nel 1993 era primario cardiologo dell’ospedale Sant’Anna di Como.
“Ricordo benissimo quel periodo – dichiarò Castelnuovo – e l’attesa segreta per l’arrivo del duce. La caserma di Grandola era stata rinforzata in quelle ore, toccando il numero di 100 militari. Teniamo conto che anche con la Guardia di Finanza la forza presente non è mai stata oltre i 30/40. Io ero sfollato, ragazzo di 13 anni, presso lo zio prete”.
Come noto il duce con il suo seguito si bloccò, invece, a Grandola, sulla strada da Menaggio a Porlezza. Perchè la colonna di Mussolini avrebbe imboccato quell'arteria viaria se non per immettersi nella diramazione verso Val Rezzo? Interrogativi che confermano come tentativi diversi erano in corso, come quello che affiora oggi dalle pagine dell’interessante volume di storia “Il gatto ha gli occhi verdi” di Antonio Allori, alias Paolo Ceruti, che conferma la sua attenzione verso l’alta Lombardia, lungo il Triangolo lariano, ma anche sui due rami del lago da Como a Lecco.
A.B.