In viaggio a tempo indeterminato/237: dove la Farnesina sconsiglia di andare...
Proprio lì, nell’angolino in basso a destra della Turchia, c’è una zona che qualcuno sconsiglia e qualcuno ama.
C’è la Siria a due passi e l’Iraq è dietro l’angolo.
C’è una città che si chiama come un supereroe, una che mi ricorda un paesino in Francia e una dal nome impronunciabile.
C’è il lago di Van che ci ha fatto subito ridere dato che in turco lago si dice “gölu” quindi Van Gölu.
Ci sono i curdi che abitano queste zone, insieme a siriani, afgani, arabi, iracheni…
E’ una zona calda, sia perché d’estate la temperatura può arrivare a 50 gradi, sia perché la situazione è delicata dal punto di vista geopolitico.
Insomma, la situazione è piuttosto complicata ma al tempo stesso merita sicuramente che se ne parli.
Ecco la mappa della zona in questione.
Cominciamo con il dire che a sconsigliare viaggi in questa zona è il sito “Viaggiare Sicuri” della Farnesina.
“Si raccomanda ai connazionali di evitare altresì di recarsi qualora ciò non sia strettamente necessario (…) nelle province sud orientali del Paese (province di Diyarbakir, Mardin, Batman(...), in particolare nelle aree più remote o di montagna, anche in considerazione della recrudescenza degli scontri tra il PKK e le forze armate e di polizia turche.”
Ecco, leggendo quelle righe qualche dubbio si è insinuato in noi. Prima però di modificare completamente il nostro itinerario di viaggio, abbiamo deciso di informarci e chiedere.
Così abbiamo contattato viaggiatori che erano passati in quella zona da poco e chiesto loro come fosse la situazione.
Poi, grazie alla nostra amica turca, ci siamo informati direttamente con chi vive in quelle città.
Verdetto unanime: è una delle zone più belle della Turchia e la situazione è tranquilla.
Così siamo andati a vedere di persona e sì, è stata una delle parti migliori del nostro viaggio finora anche perché abbiamo toccato con mano una delle cose per cui quest’area è davvero famosa: l’ospitalità.
DIYARBAKIR – A CASA DI FIRAT
Firat è il nome curdo del fiume Eufrate, quello che segna i confini della Mesopotamia.
Non credo di aver mai incontrato nessuno con il nome di un fiume, penso mentre stringo la mano a Firat.
“Potete stare quanto volete a casa mia. Ho una casa grande e vivo solo quindi non preoccupatevi.” Ci dice mentre prendiamo l’ascensore per arrivare al suo appartamento. E’ al secondo piano di un grande palazzo nella zona più nuova e moderna di Diyarbakir.
Il tempo di sistemarci un attimo e Firat ci accompagna in città a mangiare qualcosa.
Delle alte mura di un antico castello segnano il confine del centro storico di Diyarbakir. Gli edifici principali sono in pietra grigio scuro, il bazar pullula di venditori e, dato che è sabato, i ristoranti e i caffè sono pieni di gente.
Firat è curdo, “quasi tutti qui lo sono” ci dice.
La questione curda non è affatto semplice, anzi. I curdi sono la più grande etnia senza uno Stato. Quasi 30 milioni di persone appartengono a questa etnia e vivono tra Turchia, Siria, Iran, Iraq e Armenia.
Solo l’Iraq, ad oggi, ha riconosciuto l’autonomia della zona del Paese dove vivono principalmente curdi. Negli altri Stati, invece, la situazione è decisamente più complessa.
Diyarbakir nei nostri ricordi sarà per sempre associata al sapore aspro e fresco della “banana curda”, all’ospitalità di Firat e alla tenacia del suo amico che vorrebbe convincere un panettiere a cucinare la pizza nel forno a legna.
MARDIN – CON TUGBA E LA SUA FAMIGLIA
Tugba, sguardo determinato e sorriso sincero. Non parla inglese ma con il traduttore del cellulare ci capiamo perfettamente. Ci porta a scoprire Mardin, la città dagli edifici di argilla che risplendono quando vengono colpiti dal sole. A Mardin gli asini sono parcheggiati per strada perché sono i mezzi più comodi per spostarsi nelle strette viette. I negozi che vendono sapone e deliziosi confetti blu alla mandorla, sono un’infinità.
Tugba ci accompagna in un monastero a pochi km dal centro, nel bel mezzo della Mesopotamia.
Beviamo vino e ridiamo. Parliamo della vita che, nonostante i km che ci separano, ha così tanto in comune con la nostra.
E poi ci invita a cena, facendoci l’enorme regalo di poter entrare nella casa della sua famiglia.
Nei nostri ricordi Mardin avrà per sempre il sapore degli involtini di foglie di vite preparati dalla mamma di Tugba e si tingerà di giallo, il colore del sole, dell’allegria e del calore che ti scalda il cuore.
Il viaggio in questo Paese ci sta regalando moltissimo. Ma la cosa per cui siamo più grati è la sensazione unica che ci trasmette: ci sentiamo parte di un’umanità sola, accogliente, gentile e fragile.
C’è la Siria a due passi e l’Iraq è dietro l’angolo.
C’è una città che si chiama come un supereroe, una che mi ricorda un paesino in Francia e una dal nome impronunciabile.
C’è il lago di Van che ci ha fatto subito ridere dato che in turco lago si dice “gölu” quindi Van Gölu.
Ci sono i curdi che abitano queste zone, insieme a siriani, afgani, arabi, iracheni…
E’ una zona calda, sia perché d’estate la temperatura può arrivare a 50 gradi, sia perché la situazione è delicata dal punto di vista geopolitico.
Insomma, la situazione è piuttosto complicata ma al tempo stesso merita sicuramente che se ne parli.
Ecco la mappa della zona in questione.
Cominciamo con il dire che a sconsigliare viaggi in questa zona è il sito “Viaggiare Sicuri” della Farnesina.
“Si raccomanda ai connazionali di evitare altresì di recarsi qualora ciò non sia strettamente necessario (…) nelle province sud orientali del Paese (province di Diyarbakir, Mardin, Batman(...), in particolare nelle aree più remote o di montagna, anche in considerazione della recrudescenza degli scontri tra il PKK e le forze armate e di polizia turche.”
Ecco, leggendo quelle righe qualche dubbio si è insinuato in noi. Prima però di modificare completamente il nostro itinerario di viaggio, abbiamo deciso di informarci e chiedere.
Così abbiamo contattato viaggiatori che erano passati in quella zona da poco e chiesto loro come fosse la situazione.
Poi, grazie alla nostra amica turca, ci siamo informati direttamente con chi vive in quelle città.
Verdetto unanime: è una delle zone più belle della Turchia e la situazione è tranquilla.
Così siamo andati a vedere di persona e sì, è stata una delle parti migliori del nostro viaggio finora anche perché abbiamo toccato con mano una delle cose per cui quest’area è davvero famosa: l’ospitalità.
VIDEO:
Firat è il nome curdo del fiume Eufrate, quello che segna i confini della Mesopotamia.
Non credo di aver mai incontrato nessuno con il nome di un fiume, penso mentre stringo la mano a Firat.
“Potete stare quanto volete a casa mia. Ho una casa grande e vivo solo quindi non preoccupatevi.” Ci dice mentre prendiamo l’ascensore per arrivare al suo appartamento. E’ al secondo piano di un grande palazzo nella zona più nuova e moderna di Diyarbakir.
Il tempo di sistemarci un attimo e Firat ci accompagna in città a mangiare qualcosa.
Delle alte mura di un antico castello segnano il confine del centro storico di Diyarbakir. Gli edifici principali sono in pietra grigio scuro, il bazar pullula di venditori e, dato che è sabato, i ristoranti e i caffè sono pieni di gente.
Firat è curdo, “quasi tutti qui lo sono” ci dice.
La questione curda non è affatto semplice, anzi. I curdi sono la più grande etnia senza uno Stato. Quasi 30 milioni di persone appartengono a questa etnia e vivono tra Turchia, Siria, Iran, Iraq e Armenia.
Solo l’Iraq, ad oggi, ha riconosciuto l’autonomia della zona del Paese dove vivono principalmente curdi. Negli altri Stati, invece, la situazione è decisamente più complessa.
Diyarbakir nei nostri ricordi sarà per sempre associata al sapore aspro e fresco della “banana curda”, all’ospitalità di Firat e alla tenacia del suo amico che vorrebbe convincere un panettiere a cucinare la pizza nel forno a legna.
MARDIN – CON TUGBA E LA SUA FAMIGLIA
Tugba, sguardo determinato e sorriso sincero. Non parla inglese ma con il traduttore del cellulare ci capiamo perfettamente. Ci porta a scoprire Mardin, la città dagli edifici di argilla che risplendono quando vengono colpiti dal sole. A Mardin gli asini sono parcheggiati per strada perché sono i mezzi più comodi per spostarsi nelle strette viette. I negozi che vendono sapone e deliziosi confetti blu alla mandorla, sono un’infinità.
Tugba ci accompagna in un monastero a pochi km dal centro, nel bel mezzo della Mesopotamia.
Beviamo vino e ridiamo. Parliamo della vita che, nonostante i km che ci separano, ha così tanto in comune con la nostra.
E poi ci invita a cena, facendoci l’enorme regalo di poter entrare nella casa della sua famiglia.
Nei nostri ricordi Mardin avrà per sempre il sapore degli involtini di foglie di vite preparati dalla mamma di Tugba e si tingerà di giallo, il colore del sole, dell’allegria e del calore che ti scalda il cuore.
Il viaggio in questo Paese ci sta regalando moltissimo. Ma la cosa per cui siamo più grati è la sensazione unica che ci trasmette: ci sentiamo parte di un’umanità sola, accogliente, gentile e fragile.
Angela&Paolo