Lecco dedica una mostra 'a tutto tondo' a Carlo Mauri, nel 40esimo della scomparsa
Inaugurata la mostra dedicata alla memoria dell’alpinista ed esploratore lecchese Carlo Mauri, a quarant’anni esatti dalla morte. Era il 31 maggio 1982, infatti, “il Bigio” moriva in ospedale dopo l’infarto che lo aveva colto sul tratto finale della ferrata Gamma al Pizzo d’Erna. Ed è il 31 maggio 2022 quando all’Osservatorio alpinistico di Palazzo delle paure si apre la mostra che sarà visitabile fino al 30 novembre.
All’incontro inaugurale sono intervenuti i curatori della mostra, la figlia dell’alpinista Francesca Mauri e il designer Paolo Vallara che collabora con il Comune sul fronte espositivo.
Non sono mancati poi il sindaco Mauro Gattinoni, l’assessore ai grandi eventi Giovanni Cattaneo e il presidente di Acel Energie, Giuseppe Borgonovo.
«Non è una mostra che vuole esibire qualcosa – ha esordito il primo cittadino - ma che vuole interrogare tutti noi sul “limite”. Non è quindi una mostra su Carlo Mauri ma “attraverso” Carlo Mauri. Perché raccontando di lui raccontiamo di noi. Che abbiamo tutti dei limiti. E allora anziché pensare di oltrepassare i limiti, è necessario pensare di convivere con i propri limiti e non cercare la perfezione. E’ questa la sfida per i nostri adolescenti».
Francesca Mauri e Paolo Vallara.
Sotto il sindaco Mauro Gattino, l'assessore Giovanni Cattaneo e il presidente di Acel Giuseppe Borgonovo
Nel corso della presentazione ci si è collegati anche con Oslo per un messaggio da parte di Reidar Solsvik, curatore del museo Kon Tiki dedicato all’antropologo Thor Heyerdahi che volle Mauri, in veste di fotografo e reporter, nell’equipaggio dell’impresa tesa a dimostrare che fin dalla prestoria le popolazioni attraversassero gli oceani a bordo di imbarcazioni di giunco. Nel 1969 con la barca di giunco “Ra” (dal nome del dio egizio del sole) la spedizione salpò dal Marocco e percorse 5mila chilometri in otto settimane; nel 1970 con la Ra II partirono sempre dal Marocco e raggiunsero le Barbados nei Caraibi in 57 giorni di navigazione.
Il collegamento con Reidar Solsvik
«Heyerdah – ha detto Solsvik scelse Mauri perché era un grande alpinista e un ottimo fotografo. Per la spedizione volle persone da tutto il mondo per dimostrare che si poteva lavorare tutti assieme. Volle persone che non si conoscessero prima perché voleva che nascessero delle amicizie fresche durante il viaggio. Voleva persone di grande umorismo, che si raccontassero storielle l’un altro durante la traversata per non annoiarsi».Ricordando infine come dell’equipaggio facesse anche parte il medico russo Yuri Aleksandrovich Senkevich che, nonostante qualche iniziale diffidenza di Mauri «che non si fidava molto dei medici russi» avrebbe permesso l’incontro con il professor Gavrijl Abramovich Ilizarov che con il suo metodo rivoluzionario per curare le fratture ossee e l’allungamento degli arti, avrebbe guarito il lecchese dai postumi della frattura che ne aveva condizionato la carriera alpinistica e, proprio grazie al “Bigio” avrebbe poi esportato il suo metodo all’ospedale Manzoni che sarebbe diventato in poco tempo punto di riferimento a livello nazionale in questa specialità.
E l’assessore Cattaneo ha annunciato che a conclusione della mostra si terrà un convegno scientifico sulla riabilitazione, per cui tra l’altro «il nostro è territorio d’eccellenza».
L'installazione di Jetmir Pjeternikaj
Ma la figura di Ilizarov e la “storia” del suo metodo sono anche ricordati all’esterno del Palazzo delle Paure da una scultura realizzata dall’artista albanese Jetmir Pjeternikaj. «E’ stata un’idea di mio figlio Pietro – ha spiegato Francesca Mauri - “Jet” è uno scultore che lavora il ferro in questa maniera cruda come cruda è la cura per una frattura ossea. E si detto onorato di poter realizzare quest’opera appositamente per l’occasione».La mostra si intitola “Carlo Mauri, nato in salita” evocando una frase usata dallo stesso alpinista per ricordare le sue origini in quel di Rancio, il rione lecchese alle falde del San Martino e dove appunto fin da bambini ci si abitua a salire lungo erte di tutto rispetto.
Più che una mostra documentaria, si tratta di un viaggio tra suggestioni. Un pannello racconta la biografia di Mauri e le iniziative in sua memoria, una grande mappa del mondo segnala i viaggi di esplorazioni, alle pareti ritratti e le copertina della “Domenica del Corriere” e poi oggetti personali, un vecchio passaporto, qualche “souvenir” dei viaggi e poi in alcune cabine vengono trasmessi alcuni dei documentari di Carlo Mauri.
«E’ una multisensoriale – ha spiegato Vallara – che tenta di rappresentare un Carlo Mauri a tutto tondo».Da parte sua, Francesca Mauri ha sottolineato come si sia voluti concentrare una particolare attenzione proprio all’ultimo grande viaggio, quello che lo ha portato a incontrare Ilizarov».
La mostra, inserita nell’ambito della rassegna “Lecco ama la montagna” e aperta fino al 30 novembre, è visitabile il martedì dalle 10 alle 14 e dal mercoledì alla domenica della 10 alle 18. Da settembre inoltre saranno programmate visite guidate con gli studenti dell’istituto Parini nei panni dei “ciceroni”.
D.C.