Trent'anni fa la strage di Capace: minuto di raccoglimento in comune a Lecco. L'invito a 'rompere il silenzio'
23 maggio 1992. 23 maggio 2022. Dalla strage di Capaci sono trascorsi trent'anni. Erano le 17.57 di un assolato sabato pomeriggio di primavera quando, non lontano da Palermo, un attentato spezzò la vita di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. E alle 17.57 di quest'oggi, un altro afoso pomeriggio di un maggio che sa già d'estate, anche il Comune di Lecco, con il sindaco Mauro Gattinoni in fascia tricolore, ha raccolto l'invito rivolto da Antonio Decaro, presidente dell'ANCI, a tutti i capoluoghi di provincia, a ritrovarsi virtualmente insieme, per un minuto di raccoglimento accompagnato dalle note de "Il silenzio".
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Commemorata così "una data che rimarrà incisa nella storia del nostro Paese. Innanzitutto, per il suo carico di sangue e di lutto, naturalmente. Ma anche perché dopo quel giorno - e dopo la morte di Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta, il 19 luglio dello stesso anno - lo Stato, spinto anche dal dolore e all’indignazione popolare, avviò una lotta senza quartiere al potere mafioso con convinzione e strumenti inediti. Per questi motivi e per l'impegno che i Comuni Italiani profondono ogni giorno nella lotta alla legalità, anche sulla scia dell'impegno e dell'esempio di personalità come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ritengo che il trentesimo anniversario della strage di Capaci vada commemorato con un appuntamento di forte valenza simbolica" ha scritto Decaro.
Il sindaco Mauro Gattinoni
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
E Lecco, città dalle 27 interdittive antimafia in due anni, etichettata recentemente come "connivente", non si è tirata indietro. Lo ha affermato chiaramente Gattinoni nel proprio discorso. “"Onorare la loro memoria e rinnovare il loro impegno non consente pause né distrazioni" ha ammonito questa mattina il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Questo è il significato per il quale ci troviamo qui, in contemporanea con tutti i Sindaci dei capoluoghi di provincia d’Italia, a commemorare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. La nostra democrazia, davanti a quella ferocia, rispose con lo Stato di diritto: il nostro compito è di riaffermare sempre quella risposta, ogni giorno, anche nel nostro territorio. Un territorio che è stato ed è duramente colpito dalle infiltrazioni di ‘ndrangheta ma che ha saputo altresì dimostrare di avere quegli anticorpi per rispondere, contrastare, educare alla giustizia”.
Citando dapprima un estratto del libro “Uomini soli” del giornalista Attilio Bolzoni - “perché, fuori da ogni retorica, rappresenta la condizione in cui si trovarono Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa e i giudici Falcone e Borsellino nella lotta contro le mafie” - e poi le parole con cui Fiammetta Borsellino, figlia del giudice, ha condannato ritardi, le lunghezze e i depistaggi, il sindaco ha ricordato, parlando ad una platea di membri di membri del consiglio comunale e rappresentanti di Libera, come ognuno di noi sia chiamato a rompere il silenzio.Il consiglire Alberto Anghileri, l'assessore Emanuele Manzoni, il consiglieri Emilio Minuzzo e
Giacomo Zamperini ed il presidente del consiglio comunale Roberto Nigriello
I rappresentanti di Libera
Il Questore Alfredo D'Agostino e il Prefetto Sergio Pomponio
E sul concetto di “silenzio” si è soffermato anche il Prefetto Sergio Pomponio, affiancato alla cerimonia dal Questore Alfredo D'Agostino, parlando dapprima del silenzio “creato attorno all'attività di Falcone” e dunque “silenzio della società attorno ad una persona viva e vitale che stava tentando un'operazione mai tentata prima”. Ma anche del “silenzio che sta dentro di noi”, che dovrebbe spingerci a riflettere dunque sulla nostra sensibilità nei confronti del fenomeno mafioso e più in generale di ciò che è anti-stato e anti-diritto. E ancora, il silenzio delle cerimonie vestite solo di retorica.“L'invito che faccio sempre a me stesso è quello di interrogare la mia coscienza e di chiedermi se come cittadino io stia sviluppando gli antidoti per rispondere a questo silenzio che mi si vuole imporre o io stesso mi sto imponendo. Questa forse è la lezione di una commemorazione di questo tipo a distanza notevole dagli eventi”.