Lecco: si torna a sognare il ripristino di una 'roggia' lungo viale Dante. Caldone da valorizzare al Passo del Lupo e a Sant'Egidio
Riportare alla luce il torrente Caldone nel centro cittadino, in viale Dante. Certo non togliendo la copertura sulla quale ormai corre un’arteria fondamentale per la viabilità cittadina.
Il Caldone, prima di essere coperto in viale Dante
L’idea è di realizzare una derivazione, una roggia è stata definita, lungo il controviale usato per la sosta che principia davanti al palazzo delle poste per arrivare in piazza Manzoni e oltre se possibile salvo poi rientrare nell’alveo principale sotterraneo, mantenendo un’unica foce. E’ una delle ipotesi elaborate dallo studio d’architettura Zuanier e Associati di Venezia al quale il Comune ha affidato il compito di redigere un primo progetto sul recupero e la valorizzazione dell’intero corso del torrente.
Se ne è parlato nell’ambito della seconda edizione del Festival della Sostenibilità promosso dalla stessa amministrazione cittadina e in corso in questi giorni con lo slogan “I fiumi come bene comuni”. Perché proprio i corsi d’acqua che percorrono la nostra conca sono al centro dell’attenzione, contemplati come una risorsa importante nel contesto di quel piano di rigenerazione urbana che definisce “corridoi blu” i torrenti (QUI l'articolo). Nel cartellone del festival sono così state programmate tre giornate dedicate a Gerenzone, Caldone e Bione, i principali dei sette torrenti cittadini.
La chiesina di Bonacina. Sotto i partecipanti alla passeggiata
La giornata del Caldone – ieri 13 maggio nel rione di Bonacina – è stata aperta da una breve passeggiata promossa da Legambiente che ha accompagnato una quindicina di partecipanti in un paesaggio indubbiamente straordinario per essere, com’è, già città. Dopo di che, alla chiesa di Sant’Egidio si è tenuto l’incontro di presentazione degli studi effettuati sul Caldone da parte del Politecnico e dello studio Wise Engineering, nonché dei progetti per il futuro.
Renata Zuffi
Introducendo l’incontro, l’assessore all’ambiente Renata Zuffi ha spiegato come la necessità di intervenire sui torrenti sia il cuore dei progetti di sostenibilità elaborati dal Comune e parlando di un vero e proprio “contratto di fiume” ha sottolineato la volontà di condividere le scelte con chi vive i luoghi interessati dagli interventi, costituendo ciò garanzia perché i progetti non siano sentiti come calati dall’alto. Si parte dunque dei tre torrenti maggiori per poi in futuro mettere mano anche a quelli minori.
Monica Papini
Per il Politecnico, le docenti di geologia Monica Papini e Laura Longoni hanno illustrato gli studi fatti e da fare. Spiegando l’ormai celebre indagine dei “sassi gialli”, vale a dire i ciottoli con all’interno un sensore disseminati sul fondo del torrente per poter monitorare i movimenti del sedime. I rischi idrogeologici, infatti, non sono soltanto legati alla quantità d’acqua, ma anche ai detriti che la forza della piena trascina con sé. Guardati con curiosità dagli abitanti del rione e subito sfruttati dai bambini per inventarsi nuovi giochi, i “sassi gialli” consentono di “misurare” le modifiche dell’alveo.
Laura Longoni. Sotto lo studio sui sassi gialli
“Sassi gialli” e un ecoscandaglio da pescatori del valore di 200 euro – contro le decine di migliaia di euro necessarie per apparecchiature più sofisticate – hanno peraltro consentito di abbattere i costi, potendo così mettere a disposizione dell’amministrazione pubblica uno studio per il quale altrimenti sarebbe stato difficile reperire i fondi necessari.Ciò è tra l’altro frutto – è stato detto – di un legame particolarmente forte tra il polo lecchese del Politecnico di Milano e la città, a differenza di quanto spesso succede altrove per cui l’università è un mondo a sé stante rispetto all’ambiente circostante. Non così a Lecco, dove l’interazione è stata costante fin dall’inizio. Non è poi un caso che sia partito da qui un indirizzo di laurea di ingegneria civile per la mitigazione del rischio da eventi naturali.
Giacomo Galimberti
Il lavoro svolto dal Politecnico ha messo così a disposizione una serie di dati utili per la predisposizione di un piano per la messa in sicurezza del torrente – come ha spiegato Giacomo Galimberti di Wise – che è il torrente lecchese più grande e che presenta alcune zone di particolare criticità che richiedono interventi di messa in sicurezza.
Federico Zuanier
Infine, Federico Zuanier ha ipotizzato gli scenari per un riutilizzo e una valorizzazione del torrente. Prevedendo appunto la “roggia” di viale Dante. Che forse sarà un sogno e non soltanto perché prima occorrerà pensare dove individuare nuovi posti auto a compensazione di quelli che la roggia andrà a cancellare. Appaiono allora più realistici gli interventi previsti in altri punti del fiume a cominciare dal Passo del Lupo che fu luogo mitico di escursioni per tante generazioni e che con la nuova Lecco-Ballabio ha perso molto fascino: in questo punto si parla di ripristinare una vecchia mulattiera e di creare percorsi che possano arrivare anche ai Piani d’Erna e che consentano una serie di attività sportive. Valorizzazione inoltre delle pozze e di Sant’Egidio che dovrà diventare punto di partenza per molte attività e dove si può ipotizzare la creazione di una struttura sociale tutta da individuare, che si un bar o un agriturismo o altro ancora. Proseguendo lungo il corso del torrente, il progetto prevede il recupero di percorsi esistenti con la realizzazione di anelli pedonali e ciclabili se possibili di interesse culturale (e ovviamente manzoniani) e naturalistico tra Bonacina, Versasio e Acquate.
Più complesso intervenire quando il Caldone attraversa il tessuto urbano, essendo in alcuni punto ormai completamente fagocitato. Possibile un recupero sotto la via Nassiriya dove già esiste un’area destinata a orti e che potrebbe essere interessata da percorsi pedonali così da restituire ai lecchesi la visibilità del “fiume”. Infine, una riqualificazione architettonica di via Carlo Porta e appunto la “roggia” di viale Dante.Per ora – è stato detto – sono idee. Destinate a essere discusse nei prossimi mesi e anche anni. Perché è fuor di discussione che sarà un lavoro lungo. Sperando che non rimanga un’esercitazione accademica.
Dario Cercek