Contro l’accanimento terapeutico sullo sci


Il dossier Nevediversa 2022 di Legambiente ricorda che “Nella gran parte delle nostre montagne è atteso, rispetto a ora, un aumento di temperatura tra i 2 e i 3°C per il 2050, ed entro fine secolo un ulteriore riscaldamento che va dai 3 ai 7°C in funzione degli scenari di emissione. Nelle Alpi le temperature stanno crescendo a una velocità doppia rispetto alla media globale...
Gli effetti generati dalla crisi climatica impongono una riflessione circa le tendenze future dello sviluppo in quota che sarà necessario orientare verso una maggiore qualità ecologica e sulla valorizzazione del capitale naturale. Il turismo legato allo sci, energivoro e impattante, che nel recente passato ha avuto un ruolo trainante per l’economia in montagna, deve essere rivisto. Le montagne, da meri luoghi di consumo, devono trasformarsi in sedi di elaborazioni innovative e sostenibili cogliendo l’occasione che si presenta con i fondi del PNRR.
Nella nostra provincia la stampa annuncia investimenti pubblici per gli impianti sciistici anche con il potenziamento delle infrastrutture esistenti per l’innevamento artificiale (Piani di Bobbio) e per la creazione di nuove (Alpe Paglio). La Regione Lombardia con il Bando Neve programmata h48 ha stanziato 11,2 milioni di Euro per il potenziamento dell’innevamento artificiale.
Per imbiancare artificialmente una pista di medie dimensioni di 1600 metri di lunghezza servono fino a 20.000 metri cubi di acqua. Per fornire energia elettrica ai cannoni si stimava, prima del caro bollette, un costo di 136.000 Euro per ettaro.
 Da tenere in conto l’inquinamento acustico e quello atmosferico prodotti dai cannoni e dai mezzi che trasportano la neve. Una flotta di circa 840 battipista si muove sulle montagne italiane. Ed è come se una flotta di altrettanti camion con motori alimentati a gasolio e potenze intorno ai 400 cavalli operasse per ore.
La neve artificiale ha un peso maggiore e una minore capacità di isolamento termico rispetto a quella naturale con conseguente congelamento del suolo sottostante e alterazione ecologica e della biodiversità.
Sappiamo che le attività legate allo sci hanno portato occupazione, spesso stagionale, e reddito sulle nostre montagne nei decenni passati ma il cambiamento climatico impone la ricerca di alternative. Non è utile spendere denaro dei contribuenti, creando impianti sempre più grandi, idrovori (oltre cento giorni quest’inverno senza precipitazioni) ed energivori per consentire a pochi e per poco tempo la gioia di sciare.
 La montagna ha bisogno di investimenti che ne garantiscano la vita con il sostegno all’agricoltura, all’allevamento, alla silvicoltura e al turismo rispettoso dell’ambiente.
Legambiente, Circolo Lario Sponda Orientale e Circolo di Lecco
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.