L'AVIS in provincia di Lecco continua a contare sui giovani. Nel 2021, +6% di donazioni
Qualche difficoltà, in questi mesi di pandemia, indubbiamente c’è stata, ma complessivamente l’Avis provinciale lecchese – l’associazione dei donatori di sangue – ha retto l’urto, mantenendo il numero dei soci e incrementando del 6% il numero delle donazioni. «Un bilancio quindi soddisfacente» come hanno commentato il presidente Bruno Manzini e il vicepresidente Giorgio Grassi in una conferenza stampa di presentazione dell’assemblea provinciale che si terrà sabato 2 aprile alle 14,30 all’auditorium della Casa dell’economia di San Giovanni.
Giorgio Grassi e Bruno Manzini
L’aspetto che maggiormente rincuora i responsabili avisini è l’incremento dei giovani che testimonia il permanere di un’alta sensibilità nelle ultime generazioni. Sul numero complessivo di soci (14.740 suddivisi in 18 sedi comunali), infatti, la fascia tra i 18 e i 35 anni rappresenta il 31% con 4.614 donatori. Complessivamente, inoltre, continua a essere positivo anche il trend dei nuovi donatori che per per l’anno 2021 si è assestato su 1.159 unità (era stato di 1.113 nel 2020). In quanto alle altre fasce d’età, la più popolata è quella tra i 46 e i 55 anni (4.348 soci), ma spiccano anche i quattro fedelissimi over 65 anni ancora in campo, nonostante le limitazioni di legge che prevedono lo stop delle donazioni al compimento appunto dei 65 anni, salvo le previste deroghe concesse previe indicazioni mediche. In quanto al limite d’età – precisa Grassi - l’Avis da anni preme perché si alzi il limite ai 70 anni, stanti le diverse condizioni di salute e l’innalzamento dell’età della popolazione.E sul fronte delle curiosità. Spicca anche il primato di Premana che, su una popolazione di quasi 2.200 abitanti, annovera circa 400 donatori (che fanno riferimento alla sede territoriale di Bellano).
Cifre che consentono alla sede provinciale di mantenere le prime posizioni in Italia quanto ad apporto di generosità.
Tutto ciò ha consentito di raccogliere 28mila sacche di sangue lecchese, delle quali 15mila inviate agli ospedali milanesi.
«E potremmo anche fare di più», è la sottolineatura del presidente Manzini. Paradossalmente, infatti, il problema non è tanto il numero dei donatori quando la capacità della macchina ospedaliera di raccogliere tutto il sangue potenzialmente disponibili soprattutto per la carenza di personale. In questa direzione va quindi la conferma della collaborazione dell’Avis provinciale con l’Azienda sanitaria per poter garantire più ampie fasce orarie. Lo stesso contributo economico dell’associazione in passato è servito a coprire l’impegno finanziario prima per la figura di un medico, successivamente di un biologo e poi di borse di studio per tirocinanti e da tre anni per il progetto volto appunto a estendere la possibilità di donazioni a due sabati al mese e al giovedì pomeriggio.
Inoltre, sul fronte dell’attività, la fine delle restrizioni per il covid dovrebbe consentire di riprendere le iniziative di propaganda che rappresentano uno degli impegni da sempre prioritari proprio per continuare a diffondere la sensibilità nei confronti della donazione di organi e quindi di continuare a incrementare il numero dei donatori, garantendo il ricambio generazionale. Tra gli obiettivi, inoltre, vi è anche quello di diffondere la cultura della donazione anche fra gli immigrati, soprattutto fra coloro che provengono dall’Africa subsahariana e il cui sangue ha caratteristiche particolari ed è sempre più necessario, considerato proprio l’aumento della popolazione residente in Italia provenienti da quei Paesi. In passato, l’Avis aveva portato la propria attività di sensibilizzazione alle varie feste delle comunità etniche presenti sul territorio, un’iniziativa che la pandemia ha inevitabilmente ridotto se non fermato e che ora dovrebbe poter ripartire.
D.C.