Lecco celebra il Giorno del Ricordo, con un monito: 'Il dolore non diventi risentimento'
Il confine come luogo di incontro e non di divisione: è il senso degli interventi ufficiali nella celebrazione del Giorno del Ricordo istituita a memoria della tragedia della Venezia Giulia alla fine della Seconda Guerra mondiale con gli infoibamenti e l’esodo degli istriani dalle terre diventate jugoslave sotto il governo comunista, dopo vent’anni di fascismo e quattro di occupazione nazista.
Il sindaco Mauro Gattinoni
La presidente della Provincia Alessandra Hofmann
La celebrazione istituzionale è avvenuta in mattinata sul lungolago cittadino nel luogo qualche anno fa ribattezzato “largo dei Martiri delle Foibe” a pochi metri dal monumento ai Caduti. Sono intervenuti il Prefetto Castrese De Rosa, il sindaco Mauro Gattinoni, la presidente della Provincia Alessandra Hofmann e il rappresentante dell’Associazione dei giuliano-dalmati Jadran Savarin.
Il Prefetto Castrese De Rosa
Nei loro discorsi, il Prefetto e il primo cittadino si sono richiamati alle parole che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato in diverse occasioni, sottolineando la necessità che il ricordo diventi un seme di pace e di crescita civile e non generi invece una scia di risentimenti. Ed è l’impegno dell’Italia – ha sottolineato Sua Eccellenza – assieme a Croazia e Slovenia, impegno del quale è testimonianza la proclamazione di Gorizia-Nova Gorica come capitale della cultura per il 2025, occasione perché il confine che per decenni ha diviso la città diventi ora una strada dell’amicizia.
Anche il sindaco Gattinoni, rifacendosi a Mattarella, si è soffermato sulla necessità che il dolore per il torto subito non si trasformi in una richiesta di vendetta perché, appunto, «le sofferenze patite non possono essere negate, ma il futuro è che il dolore non diventi risentimento». Giusto ricordare, dunque, ma rompendo la spirale dell’odio.
Jadran Savarin
La presidente della Provincia Hofmann ha poi espresso vicinanza alle famiglie che furono colpite dalle tragedie di quegli anni, da ricordare affinché siano monito contro tutti i regimi totalitari che schiacciano le persone e le minoranze, e proprio alla luce delle atrocità commesse in passato ciascuno deve operare nel proprio ambito affinché si eviti il ripetersi di quei crimini. Infine, Savarin – ricordando il padre e il nonno morti nelle foibe – ha parlato delle necessità di perpetuare la memoria perché ciò possa darci speranze per il futuro.
Aldo Baborsky
D.C.