Lecco, Masterplan del verde: si parte dalla foce del Bione, con la 'spada di Damocle' della terza corsia del ponte

Inizia a definirsi il masterplan del verde, il progetto affidato all’architetto Andreas Kipar per ridisegnare le aree verdi di Lecco. “Si tratta di un traguardo importante, perché è lo strumento che definisce la vocazione di una città, e il fatto di aver scelto come chiave quella del verde è il segno della volontà di sanare le conseguenze di una storia decennale di urbanizzazioni” ha spiegato l’assessore Renata Zuffi durante la commissione quinta di giovedì sera.
Il documento prende le mosse da un’analisi dello stato di fatto e da alcuni principi fondamentali, ovvero quello di ridurre il consumo di suolo e interpretare il verde come matrice dello sviluppo della città, e non come ciò che avanza dopo che si è costruito. Gli spunti emersi da questo lavoro sono diversi: curare la qualità del verde, ridurre lo scarto tra quello urbano e quello extra-urbano, valorizzare quello tradizionale (per esempio dei parchi) e implementarne l’accessibilità.
“Kipar ha individuato sette tipologie e costruito una sorta di abaco, ovvero un orizzonte in cui muoverci - ha spiegato ancora l’assessore all’Ambiente -. Implementare le attività legate alle aree verdi, creare connessioni, dare vita a itinerari tematici, valorizzare i giardini di quartiere, pensare ad una riprogettazione degli orti, curare il verde stradale e l’accessibilità”.


L'architetto Andreas Kipar
 
Uno dei nodi identificati da questo studio è quello delle ricuciture delle “disconnessioni” create nel territorio cittadino dagli alvei di fiumi e torrenti. Per questo uno dei primi interventi che metterà in campo l’Amministrazione comunale è quello che riguarda l’asta del Bione. “Dei tre corsi d'acqua è quello più compromesso ma ha enormi potenzialità su scala sovralocale - ha continuato Zuffi -, e può essere il luogo dove creare percorsi di attraversamento naturalistici per collegare la città con il bosco extra-urbano. Le criticità sono invece rappresentate dalla presenza di detriti, dalla non percorribilità e dalla condizione della foce”. I suggerimenti dell’architetto indicano di ricreare le sponde per “recuperare la dimensione dell’acqua”, riconnettere la pista ciclabile e lavorare sul progetto della “oasi del Bione”. Proprio da quest’ultimo punto ha deciso di partire l’Amministrazione, anche in virtù di un finanziamento regionale di 1,5 milioni destinato a questa riqualificazione. A illustrare il progetto l’ingegner Chiara Brebbia del Comune: “L’obiettivo è la rinaturalizzazione dell’area per segnare il passaggio dalla città industriale a quella del benessere, e la valorizzazione delle connessioni ecologiche tra le diverse parti. Qui il progetto di Kipar si interseca con la riqualificazione del lungolago”.


L'area interessata dagli interventi

La nota dolente è che il ridisegno della foce va a "intercettare" anche un’altra opera: quella per la terza corsia del ponte Manzoni, in capo ad Anas e legata alle Olimpiadi invernali del 2026. In vista dell’apertura del cantiere si renderanno necessari alcuni interventi, in particolare lo spostamento del centro di raccolta dei rifiuti e della piazzola dell’elisoccorso. L’idea che sta prendendo piede a Palazzo Bovara è quella di trasferire definitivamente la discarica, partecipando ad un bando con Silea per il revamping e l’ammodernamento dell’impianto, utilizzando l’area dove oggi insiste, una volta liberata dal cantiere di Anas, per creare un impianto di fitodepurazione per le acque in uscita. L’elisuperficie, invece, potrebbe essere trasferita nella zona della futura caserma dei Vigili del fuoco, realizzando forse una piattaforma in sopraelevato, mantenendo una connessione con il magazzino del CNSAS e della Protezione civile, creando così un nuovo “polo del soccorso”. Come tutto questo sia conciliabile con il progetto di riqualificazione del Bione è il vero tema. I tempi concordati con la Regione prevedono infatti l’approvazione del definitivo entro giugno e l’affidamento dei lavori prima della fine dell’anno.
 
Lo scetticismo è il sentimento prevalente manifestato dai consiglieri comunali presenti: “Una cosa è quello che spiegate qui, su cui nessuno può dire di non essere d’accordo, un’altra è quella che fate, che non mi piace e non mi convince, perché quello che vedo è che si tagliano gli alberi in via Pasubio solo perché sollevano il manto stradale” ha detto il portavoce di Appello per Lecco Corrado Valsecchi. "I rendering sono scenari veramente belli - ha commentato Filippo Boscagli - ma mi sembra ci sia una scommessa difficile da realizzare: in un’area così piccola bisogna riqualificare la foce, spostare la discarica e l’eliporto, realizzare la terza corsia del ponte. L’oasi mi sembra l’intervento che è più facile che salti”. Giacomo Zamperini (FdI) ha chiesto invece all’Amministrazione comunale di essere più concreta: “Lecco è il fanalino di coda in Lombardia per quanto riguarda il verde urbano. Dobbiamo incentivare l’uso dei parchi pubblici, valorizzare e custodire le aree del lungolago, l’oasi dovrebbe essere anche un luogo dove tutelare la nostra storia, oltre che la flora e la fauna legate all’acqua. Serve meno teorizzazione del bello e più concretezza”.
 
Di diverso avviso i consiglieri di maggioranza con Alessio Dossi (Ambientalmente) che ha rivendicato l’importanza della pianificazione: “È un elemento indispensabile e imprescindibile della messa a terra, prima non esisteva nulla del genere, è chiaro che la trasformazione della città richieda tempo”. Anche Alberto Anghileri di Con la sinistra cambia Lecco ha visto nel masterplan “un percorso che ci indica la direzione per i prossimi anni”, pur riconoscendo l’esistenza di una “spada di Damocle” rappresenta dai progetti di Anas in quell’area: la già citata terza corsia del ponte Manzoni, ma anche la nuova Lecco-Bergamo, anch’essa finanziata con i fondi legati alle Olimpiadi. “Il Bione rischia di diventare un cantiere unico”, ha riassunto il leghista Stefano Parolari.
 
Anche il dirigente Davide Cereda non ha potuto dare troppe rassicurazioni ai commissari: “Siamo partiti con una pianificazione e abbiamo lavorato per la riqualificazione della foce del Bione, poi a dicembre ci siamo trovati tra capo e collo il progetto di Anas. Sono livelli diversi di programmazione, l’unico dato concreto è che se arriverà il ponte, dovremo trovare una soluzione per la piattaforma dell’elicottero e per l’area della discarica”. Per far capire il livello di incertezza legato al progetto del ponte il dirigente ha portato un esempio: “Lunedì scorso abbiamo fatto una prima conferenza preparatoria alla prima vera conferenza di servizi che doveva tenersi il 20 gennaio, ma è stata posticipata a data da destinarsi. Ci sono una serie di nodi da sciogliere, ma a prescindere da quello che dice il cronoprogramma, prima dobbiamo trovare una soluzione per le due piattaforme, poi arriverà il ponte e il riordino dello snodo, e solo infine la riqualificazione della foce”.
M.V.
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