Lecco: 'flusso continuo' al Covid-hotel di CasAmica avviato un anno fa. Ospiti dai senza fissa dimora ai turisti israeliani

Dal senza fissa dimora di fuori provincia che l'ATS di competenza non sapeva proprio dove collocare alla coppia israeliana prelevata direttamente dal resort dove stava trascorrendo le vacanze.  Questi i due estremi di un unico progetto, attivo ormai da un anno. Quello dell'accoglienza presso il Covid-hotel allestito da CasAmica Francesco e Antonio, in via della Rovinata a Germanedo, unica realtà di questo tipo attiva sul territorio provinciale dopo la cessazione, da tempo, dell'esperienza avviata presso l'Ostello del Monte Barro.
Dal dicembre 2020 un intero piano della moderna struttura lecchese – nata per offrire una sistemazione a due passi dall'Ospedale Manzoni a persone costrette a spostarsi lontano dal luogo di resistenza per affrontare cure mediche o per assistere degenti – ospitata soggetti positivi in convalescenza.

Una delle stanze della struttura

Tre le camere messe a disposizione, doppie a uso singola, capaci però di ospitare fino a sei persone  qualora si renda necessario isolare persone appartenenti allo stesso nucleo famigliare o di medesima provenienza, come spesso capitato in riferimento, per esempio, a clochard risultati contagiati dopo l'accesso a un dormitorio o ai servizi erogati dalla Caritas.
“Siamo la realtà più piccola, abbiamo una dimensione molto famigliare” racconta Giuseppe Barbisoni, responsabile dei progetti innovativi, paragonando il piano covid di CasAmica alle altre strutture entrate nella rete tessuta da Regione Lombardia. Proprio ieri la Direzione Generale Welfare ha reso noto di aver ampliato a 381 il numero di posti disponibili, per accogliere “pazienti sia in dimissione dal reparto di degenza sia direttamente dal Pronto Soccorso, in assenza di insufficienza respiratoria, autosufficienti, senza evidenti criteri di evolutività sfavorevole a breve termine e non necessitanti di assistenza sanitaria".

L'accesso a CasAmica

“L'invio – spiega Barbisoni – avviene tramite le ATS o il medico di base. Si tratta di persone che debbono completare il periodo di isolamento per negativizzarsi non potendo tornare al domicilio o non avendolo come nel caso dei senza fissa dimora. Abbiamo avuto anche casi di turisti, inglesi, spagnoli e israeliani”. Una provenienza quest'ultima che ricorda come davvero tutto il mondo è paese in un periodo di pandemia, incluso lo Stato considerato modello per la campagna vaccinale. “I primi due giorni con loro – rammenta il responsabile in tono scherzoso – sono stati problematici. Poi la nostra operatrice dedicata al piano Covid è riuscita a venire incontro anche alle loro esigenze e alla fine del soggiorno le hanno addirittura fatto una proposta per lavorare con loro!”. Insomma, grazie anche all'impegno della figura che CasAmica ha messo a disposizione dei “degenti” il livello di soddisfazione è molto alto, come espresso anche nei molteplici messaggi di ringraziamento ricevuti anche dopo le dimissioni. L'ambiente del resto è già confortevole, con stanze ben arredate, tutte dotate di televisione e wi-fi. “Grazie sempre alla nostra operatrice che “tiene botta” ormai da un anno, siamo sempre riusciti a venire incontro anche a richieste per cibi particolari, accontentando soprattutto i bambini che magari non gradivano i pasti standard” aggiunge Barbisoni. E di “piccoli” ne sono passati diversi, inclusi sei minori stranieri non accompagnati – tra i 16 e i 17 anni – provenienti da comunità del territorio sprovviste di spazi per l'isolamento o trovati positivi direttamente all'arrivo in Italia e inviati a CasAmica per completare la quarantena direttamente dai servizi che li hanno poi presi in carico.
“Al momento abbiamo tre posti occupati. Tra gli ospiti anche una mamma con il figlio disabile. Il flusso durante l'anno è rimasto sempre costante. Non abbiamo mai avuto il vuoto-vuoto. La permanenza dura in media una settimana-dieci giorni, anche in base ai tamponi. Per effettuarli chi non può uscire viene raggiunto direttamente da personale delle USCA, altrimenti siamo in rapporto con l'Ospedale”.

Il salotto condiviso

Nel frattempo CasAmica, con il sostegno dei suoi operatori e di un bel gruppetto di volontari, prosegue anche la sua attività routinaria di ospitalità. “Durante il primo lockdown abbiamo accolto una trentina tra infermieri e operatori sanitari che di fatto risiedevano da noi per non tornare a casa dopo il lavoro a contatto con positivi. Un paio di “affezionati” rimangono ancora ora. Oltre ai soggiorni legati alle cure ospedaliere – ripresi nell'ultimo periodo – abbiamo gestito, collaborando con i servizi, situazioni sociali e dunque persone tra la Rsa e l'autonomia sprovviste di altra soluzione o soggetti indigenti che necessitavano di una assistenza anche giornaliera e dunque differente da quella offerta loro nei dormitori notturni o ancora sfrattati. Abbiamo poi dato risposta a emergenze territoriali, dando ospitalità a persone in difficoltà dopo incendi o allagamenti nelle loro abitazioni (anche ora abbiamo una famiglia, con mamma, papà e un bambino, che ha avuto problemi in casa). Attraverso poi una convenzione con la Rete Antiviolenza territoriale e in collaborazione con Telefono Donna sono state collocate temporaneamente a CasAmica – per un periodo anche con la frequenza di una a settimana - mamme vittime di abusi, anche con due, tre o quattro bambini”.
Tante storie, sotto lo stesso tetto insomma. E se la piano Covid – autonomo rispetto al resto della struttura, con entrata distinta – vige l'isolamento, nel resto dell'edificio, complici i piccoli, è facile immaginare il venire a crearsi di una “comunità informale”, convergente nel salotto-cucina comune. In attesa che ognuno – anche chi attende di tornare negativo – riprenda poi la propria strada.
A.M.
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