Bellano: Chiara Bariffi, una morte rimasta avvolta nel mistero dentro il Buco dell’Oca
La copertina del libro Omicidio irrisolto,
il romanzo di una storia realmente accaduta
il romanzo di una storia realmente accaduta
E’ la tragedia di un omicidio mai risolto, ancora aperto, anche se una sentenza di primo grado ha archiviato il tutto nei confronti dell’imputato (c.p art.530, comma 2) per insufficienze di prove. Non si è mai giunti al secondo grado. Quella sentenza rasserenava i parenti, le persone coinvolte e la gente del luogo. Era la soluzione “pacificante”.
In quella notte, tra il 30 novembre e il 1° dicembre 2002, scompare Chiara Bariffi, una giovane donna di trent’anni. E’ ritrovata l’11 settembre 2005 a Dervio in località Santa Cecilia, nella zona denominata Buco dell’Oca. Il Buco dell’Oca è un cimitero di auto, di rottami, di carcasse che dista cento metri circa dalla strada. E’ una discarica coperta e nascosta dalle acque profonde.
Per tre anni, prima del ritrovamento, come succede per la scomparsa di qualcuno, c’è stata la tendenza a sostenere che Chiara se ne fosse andata via da Bellano. Dopo il ritrovamento la questione ruotò attorno a suicidio/omicidio. Alla fine il dilemma non fu risolto. L’imputato fu liberato dopo qualche mese di carcere per mancanza di prove certe. Tutta questa storia fu archiviata. Ma non sciolse però il nodo omicidio/suicidio. La sentenza affermò che non c’erano prove convincenti per condannare qualcuno: ecco perché la questione è ancora aperta.
Il sostituto procuratore Paolo del Grosso, salutando la Procura di Lecco, si è rammaricato per non avere risolto il ‘dilemma’ dell’omicidio di due “prostitute” ritrovate a Morterone: tanto di cappello. Lui nel duemiladue non c’era.
Per Chiara mai nessuno si è rammaricato. La storia di Chiara si conclude nel momento in cui è ritrovato e sepolto il suo corpo: d’allora il corpo giace a Bellano nel cimitero della cappella di famiglia.
La vicenda aveva sollevato interesse mediatico portando sulle rive del lago telecamere anche dal Giappone attratte da una medium: evento che determinò un accecamento nelle indagini. La questione non riguardava solo il modo del ritrovamento. Bisognava rispondere alla domanda: come mai quell’auto, con dentro quel corpo, era finita a duecento metri sott’acqua in quella discarica.
E’ la storia di un caso irrisolto, o meglio a dirsi, di un omicidio irrisolto. Sono quelle storie che restano aperte però è preferibile metterle sotto il tappeto della memoria per non infastidire la tranquillità del borgo. E’ più accattivante raccontare storie romantiche. E’ sempre fastidioso risvegliare o riprendere una storia avvolta, marchiata dal velo del disagio, dalla vergogna: tanti sono stati coinvolti in quella vicenda.
Piaccia o non piaccia questa storia è ancora aperta, è uno spartito lasciato a metà, è un inconcluso. Tutte le cose indefinite sollecitano sempre dei dubbi.
Ricordare questa vicenda rimossa dal collettivo serve per rimarcare l’antropologia dei luoghi, del luogo di chi vive. E’ lo stesso locus in cui si nega e si finge di non vedere l’‘ndrangheta. Poi, guarda caso, sorgono abitazioni di lusso, di una certa conformazione architettonica che sollecitano qualche domanda. Tutto tace sotto l’albero di Natale.
Dr. Enrico Magni