In viaggio a tempo indeterminato/187: amore e odio
In questi pomeriggi di pioggia qui sul Lago Atitlan, pensavo che ci sono due elementi costanti nel nostro viaggio.
Non c'entrano nulla l'un con l'altro, ma qui, all'ombra dei vulcani guatemaltechi, per qualche strano motivo sembrano unirsi.
Il primo elemento è il caffè.
Prima di partire Paolo beveva una media di 5/6 caffè al giorno, uno della moka a colazione e il resto della macchinetta automatica in ufficio.
Una distrazione, un modo per segnare il tempo, un gesto per non annoiarsi. Paolo giustificava così tutti quei caffè quando la sera gli chiedevo "mi sembri un po' nervoso, quanti caffè ti sei bevuto oggi?"
Io, invece, non ho mai apprezzato molto quel gusto forte, amaro e intenso. Mi è sempre parso uno shock troppo forte da sostenere presto la mattina.
E così al massimo mi prendevo un ginseng, rigorosamente in tazza grande.
Da quando viaggiamo, però, il caffè ha cambiato significato e anche sapore.
Abbiamo iniziato il nostro girovagare con l'onnipresente 3 in 1 del Sud Est Asiatico. Una piccola bustina filiforme che conteneva caffè solubile, latte in polvere e zucchero. La percentuale di caffè spesso era in misura minore rispetto alle altre due, ma piano piano ci eravamo abituati anche a quel beverone colore caramello perfetto da sorseggiare o per inzuppare biscotti.
In india, il chai, il tè speziato, era diventato degno sostituto della caffeina e in quelle minuscole tazzine trovavamo tutta l'energia necessaria, ma soprattutto gli zuccheri, per iniziare pimpanti le giornate.
Poi ci sono stati i caffè XXL degli Usa a 1$.
Bicchieroni enormi di scuro caffè che usavamo come pretesto per scongelarsi la mattina dopo la nottata in macchina.
In Messico, poi, il caffè ce lo siamo preparati spesso "al pentulin", facendo bollire un po'di acqua e aggiungendo il caffè macinato.
Il Guatemala è il Paese dove viene coltivato uno dei caffè più buoni del mondo.
Qui sul Lago Atitlan, in particolare, il caffè viene raccolto ancora manualmente in piantagioni sopra i 1500 metri di altezza.
È un caffè molto aromatico, forte ma senza il retrogusto di bruciato.
È piuttosto costoso se si pensa al costo della vita qui in Guatemala. Il prezzo per un kg di caffè di prima qualità è di circa 8/10 €.
Ma la maggior parte di questa miscela pregiata viene venduta all'estero mentre quella di seconda qualità resta nei mercati del Paese.
Il caffè è parte integrante della cultura
guatemalteca ed un vero e proprio rituale che si consuma due volte al giorno. La mattina per colazione e poi il pomeriggio alle 4, sempre accompagnato da un pan dulce.
E un artista guatemalteco, ispirandosi al lago e al caffè ha deciso di realizzare dei quadri proprio utilizzando la polvere del caffé al posto della pittura.
Ma tornando all'inizio dell'articolo, c'è un'altra costante che ci ha accompagnato nella maggior parte dei Paesi in cui siamo stati.
E per questo secondo elemento c'è una sorta di amore-odio.
Si tratta dei tuk tuk, o moto taxi come li chiamano qui.
Sono piccole motorette dotate di tendina che sfrecciano per le strade trafficate in molte zone del mondo.
In Asia il mezzo utilizzato era l'Ape Piaggio, qui in Guatemala si trovano invece sono i TVS, un marchio indiano.
La sostanza è la stessa.
Questi taxi vengono utilizzati per percorrere brevi distanze e hanno dei prezzi molto ridotti, soprattutto se si è bravi a contrattare.
Sono molto pittoreschi da vedere ma allo stesso tempo possono rivelarsi "fastidiosi".
La prima volta che io e Paolo siamo saliti su un tuk tuk è stata a Bangkok. Volevamo solo evitarci qualche km a piedi nel caldo afoso thailandese e ci siamo ritrovati a fare un tour delle sartorie del centro, ovviamente perché l'autista avrebbe preso una commissione su un eventuale nostro acquisto.
In India, invece, uscire da una qualunque stazione voleva dire ritrovarsi accerchiati da centinaia di autisti che tutti in coro urlavano "hello, tuk tuk". Una cantilena che dopo qualche mese neanche sentivamo più.
Anche in Guatemala, però, l'impatto con i tuk tuk non è stato dei migliori.
Una retromarcia, un rumore, un signore alquanto alterato che inveisce contro di noi perché abbiamo fatto un danno al suo tuk tuk.
Insomma, un piccolo incidente che poi si traduce in caos in mezzo a una stradina, la polizia, un meccanico che ci fa credere di dover riparare una Ferrari, 7€ per chiudere la faccenda.
Tuk tuk e caffè...mai avrei pensato che si sarebbero uniti sulle rive di questo lago che se non fosse per il vulcano che sbuffa all'orizzonte, ricorderebbe Lecco.
Non c'entrano nulla l'un con l'altro, ma qui, all'ombra dei vulcani guatemaltechi, per qualche strano motivo sembrano unirsi.
Il primo elemento è il caffè.
Prima di partire Paolo beveva una media di 5/6 caffè al giorno, uno della moka a colazione e il resto della macchinetta automatica in ufficio.
Una distrazione, un modo per segnare il tempo, un gesto per non annoiarsi. Paolo giustificava così tutti quei caffè quando la sera gli chiedevo "mi sembri un po' nervoso, quanti caffè ti sei bevuto oggi?"
Io, invece, non ho mai apprezzato molto quel gusto forte, amaro e intenso. Mi è sempre parso uno shock troppo forte da sostenere presto la mattina.
E così al massimo mi prendevo un ginseng, rigorosamente in tazza grande.
Abbiamo iniziato il nostro girovagare con l'onnipresente 3 in 1 del Sud Est Asiatico. Una piccola bustina filiforme che conteneva caffè solubile, latte in polvere e zucchero. La percentuale di caffè spesso era in misura minore rispetto alle altre due, ma piano piano ci eravamo abituati anche a quel beverone colore caramello perfetto da sorseggiare o per inzuppare biscotti.
In india, il chai, il tè speziato, era diventato degno sostituto della caffeina e in quelle minuscole tazzine trovavamo tutta l'energia necessaria, ma soprattutto gli zuccheri, per iniziare pimpanti le giornate.
Poi ci sono stati i caffè XXL degli Usa a 1$.
Bicchieroni enormi di scuro caffè che usavamo come pretesto per scongelarsi la mattina dopo la nottata in macchina.
In Messico, poi, il caffè ce lo siamo preparati spesso "al pentulin", facendo bollire un po'di acqua e aggiungendo il caffè macinato.
Da quando siamo in Guatemala, però, il caffè è un'altra storia.
Mentre scrivo, ad esempio, siamo parcheggiati davanti a un edificio a due piani senza pareti dove stanno tostando il caffè.
Il profumo è forte e riesce a entrare in macchina nonostante le portiere chiuse.Il Guatemala è il Paese dove viene coltivato uno dei caffè più buoni del mondo.
Qui sul Lago Atitlan, in particolare, il caffè viene raccolto ancora manualmente in piantagioni sopra i 1500 metri di altezza.
È un caffè molto aromatico, forte ma senza il retrogusto di bruciato.
È piuttosto costoso se si pensa al costo della vita qui in Guatemala. Il prezzo per un kg di caffè di prima qualità è di circa 8/10 €.
Ma la maggior parte di questa miscela pregiata viene venduta all'estero mentre quella di seconda qualità resta nei mercati del Paese.
Il caffè è parte integrante della cultura
guatemalteca ed un vero e proprio rituale che si consuma due volte al giorno. La mattina per colazione e poi il pomeriggio alle 4, sempre accompagnato da un pan dulce.
E un artista guatemalteco, ispirandosi al lago e al caffè ha deciso di realizzare dei quadri proprio utilizzando la polvere del caffé al posto della pittura.
Ma tornando all'inizio dell'articolo, c'è un'altra costante che ci ha accompagnato nella maggior parte dei Paesi in cui siamo stati.
E per questo secondo elemento c'è una sorta di amore-odio.
Si tratta dei tuk tuk, o moto taxi come li chiamano qui.
Sono piccole motorette dotate di tendina che sfrecciano per le strade trafficate in molte zone del mondo.
In Asia il mezzo utilizzato era l'Ape Piaggio, qui in Guatemala si trovano invece sono i TVS, un marchio indiano.
La sostanza è la stessa.
Questi taxi vengono utilizzati per percorrere brevi distanze e hanno dei prezzi molto ridotti, soprattutto se si è bravi a contrattare.
Sono molto pittoreschi da vedere ma allo stesso tempo possono rivelarsi "fastidiosi".
La prima volta che io e Paolo siamo saliti su un tuk tuk è stata a Bangkok. Volevamo solo evitarci qualche km a piedi nel caldo afoso thailandese e ci siamo ritrovati a fare un tour delle sartorie del centro, ovviamente perché l'autista avrebbe preso una commissione su un eventuale nostro acquisto.
In India, invece, uscire da una qualunque stazione voleva dire ritrovarsi accerchiati da centinaia di autisti che tutti in coro urlavano "hello, tuk tuk". Una cantilena che dopo qualche mese neanche sentivamo più.
Anche in Guatemala, però, l'impatto con i tuk tuk non è stato dei migliori.
Una retromarcia, un rumore, un signore alquanto alterato che inveisce contro di noi perché abbiamo fatto un danno al suo tuk tuk.
Insomma, un piccolo incidente che poi si traduce in caos in mezzo a una stradina, la polizia, un meccanico che ci fa credere di dover riparare una Ferrari, 7€ per chiudere la faccenda.